Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.496 del 14/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. 20949/2018 R.G., proposto da:

G.P., con domicilio eletto in Roma, alla Via Circumvallazione Clodio n. 36/A;

– ricorrente –

contro

CUMA SUD S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Sergio Manfredonia, con domicilio in Cronte, alla Via dei Cappuccini n. 48, presso lo studio dell’avv. Daniele Fischetto;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, depositata in data 25.5.2018.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29.9.2020 dal Consigliere Giuseppe Fortunato;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Carmelo Sgroi, che ha concluso, chiedendo di rigettare il ricorso.

FATTI DI CAUSA

L’avv. G.P. ha adito il Tribunale di Catanzaro, chiedendo la condanna della Cuma s.r.l. al pagamento dei compensi, oggetto di una specifica convenzione tra le parti, per la difesa svolta dinanzi al Tribunale e alla Corte di appello di Napoli.

La società convenuta ha eccepito l’incompetenza del giudice adito e ha proposto riconvenzionale per il risarcimento del danno per il negligente espletamento del mandato difensivo.

Il Tribunale ha declinato la propria competenza in favore, rispettivamente, del tribunale e della Corte d’appello di Napoli in relazione alle attività svolte, rispettivamente, dinanzi ai suddetti uffici giudiziari, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14.

Avverso detto provvedimento l’avv. G.P. ha proposto regolamento di competenza in un unico motivo, illustrato con memoria.

La Cuma s.r.l. ha depositato controricorso.

Con ordinanza interlocutoria n. 28943/2019, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia delle Sezioni unite sulle questioni oggetto dell’ordinanza di rimessione n. 16212/2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce che il tribunale sarebbe incorso in un errore di qualificazione della domanda, avendo ritenuto che il difensore avesse chiesto anche la quantificazione dei compensi ma senza considerare che, con apposita convenzione, le parti avevano già determinato i criteri per quantificare il dovuto.

Secondo il ricorrente, essendo la richiesta di pagamento volta a dare esecuzione al contratto professionale, il processo era sottoposto al rito ordinario e la competenza territoriale andava regolata in base al luogo di residenza del creditore, trattandosi di credito liquido o agevolmente liquidabile con una mera operazione di calcolo, in applicazione dei criteri pattuiti.

Inoltre, la causa doveva essere definita dal giudice monocratico e non dal tribunale in composizione collegiale.

1.1. Come correttamente evidenziato nella pronuncia impugnata, al fine di regolare la competenza per la causa avente ad oggetto la domanda di liquidazione e pagamento delle spettanze del difensore era irrilevante che le parti avessero preventivamente concordato i criteri di quantificazione.

Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, si applica a tutte le liti in cui si controverte dei compensi spettanti ai difensori, anche ove la domanda non abbia esclusivamente una finalità liquidatoria.

Per quanto il tenore letterale della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29, e dello stesso D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, è sembrato evocasse la possibilità di ricorrere al procedimento speciale per la sola quantificazione (e non anche ove fosse in discussione l’an della pretesa o in caso di proposizione di una riconvenzionale di risarcimento), l’ambito del suddetto procedimento va definito, valorizzando l’esplicita riconduzione al rito speciale sia delle controversie ove si discuta del quantum della pretesa, sia delle opposizioni ex art. 645 c.p.c., contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali (con formula da cui è omesso qualsiasi riferimento alla sola liquidazione).

Secondo l’insegnamento delle Sezioni unite, “tale modus procedendi del legislatore, implicando che il “seguire” il procedimento di cui all’art. 633 e ss. c.p.c., di cui all’art. 28, sottenda la proposizione di una normale domanda monitoria evidenziante una pretesa creditoria sic et simpliciter e non di una domanda monitoria soltanto “liquidatoria”, costituisce la cartina di tornasole di una oggettiva voluntas legis sfavorevole all’approccio ermeneutico valorizzante il concetto di “liquidazione” (cfr., testualmente, Cass. s.u. 4485/2018, par. 12.2).

Da ciò la conseguenza che la domanda del difensore può esser proposta o nelle forme del procedimento speciale ex art. 14, o in quelle del ricorso monitorio, avendo entrambe a comune presupposto un credito professionale rimasto inadempiuto, anche se fondato su un accordo con cui le parti abbiano quantificato il compenso o stabilito preventivamente i criteri di calcolo per la liquidazione, restando preclusa la possibilità di introdurre un giudizio ordinario di cognizione o di instaurare un giudizio sommario di cognizione regolato dagli art. 702 bis e ss. c.p.c., anzichè dalle norme speciali di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011 (Cass. s.u. 4485/2018).

Ne discende inoltre che la decisione risulta correttamente assunta dal tribunale in composizione collegiale, conformemente al disposto decreto sulla semplificazione dei riti, art. 14, comma 2. Posta tale premessa, va – tuttavia – considerato che, proprio con riferimento all’ipotesi qui considerata, in cui la richiesta di pagamento riguarda compensi maturati in più gradi di causa, le sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 4247/2020, hanno stabilito che l’impianto complessivo della disciplina processuale contenuta nel D.Lgs. n. 150 del 2011, deve esser letto alla luce dei principi del giusto processo e dell’esigenza di assicurare un’effettiva e celere tutela del diritto di difesa, in coerenza con i principi ricavabili dal CEDU, art. 6, evitando il frazionamento di tutela processuale riconducibile alla medesima vicenda sostanziale.

Il difensore deve – perciò – obbligatoriamente proporre un’unica domanda dinanzi al giudice che abbia conosciuto per ultimo della causa in cui sia stato svolto il patrocinio, essendo tale giudice l’unico in grado di apprezzare complessivamente le prestazioni svolte e di riconoscere al difensore il giusto compenso.

La possibilità di proporre distinte domande davanti a ciascuno degli uffici di espletamento delle prestazioni professionali, senza far luogo al cumulo, è meramente residuale e resta percorribile soltanto se risulti in capo al creditore un interesse, oggettivamente valutabile, alla tutela processuale frazionata del credito (Cass. s.u. 4247/2020), interesse che, nella specie, non può ritenersi sussistente, dato che l’avv. G. aveva inizialmente adito il tribunale di Catanzaro, concentrando la domanda dinanzi ad un unico ufficio giudiziario.

Deve quindi dichiararsi la competenza della Corte d’appello di Napoli dinanzi alla quale vanno rimesse le parti, anche per la regolazione delle spese del presente regolamento, con concessione del termine di riassunzione di gg. 60 dalla comunicazione della presente decisione.

P.Q.M.

Pronunciando sul ricorso, cassa il provvedimento impugnato e dichiara la competenza della Corte d’appello di Napoli, dinanzi alla quale rimette le parti, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità, con concessione di gg. 60 per la riassunzione, decorrenti dalla comunicazione della presente ordinanza.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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