LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28780/2019 R.G., proposto da:
I.P., rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzi Annibale Larocca, con domicilio eletto in Roma, Via Ruffini 2/A;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DI VICENZA, in persona del Prefetto p.t.;
– intimata –
avverso La sentenza del tribunale di Vicenza n. 576/2019, depositata in data 11.3.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 4.11.2020 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. I.P. ha proposto opposizione dinanzi al Giudice di pace di Vicenza avverso 23 verbali di accertamento, con cui gli è stata contestata la violazione della L. n. 727 del 1978, art. 19, e del C.d.S., art. 174, in materia di riposo dei trasportatori di merci e persone su strada. Ha dedotto la tardività della notifica della violazione e la mancata applicazione del beneficio della continuazione.
L’opposizione è stata respinta sia in primo grado che in appello.
Il giudice di secondo grado ha evidenziato che l’attività ispettiva aveva avuto inizio con l’accesso del ***** presso la sede della Trasporti Internazionali N.O. s.r.l.. In quella data la società non aveva – tuttavia – fornito tutta la documentazione necessaria per valutare la sussistenza degli illeciti, per cui era stato necessario differire le verifiche al febbraio 2012.
In data ***** gli organi ispettivi, dopo aver esaminato i fogli di registrazione degli apparecchi cronotachigrafi, avevano sollecitato la società a depositare altra documentazione e solo in data ***** erano stati prodotti ulteriori 93 fogli di registrazione.
Secondo il tribunale, la particolare complessità degli accertamenti, che avevano riguardato un rilevante numero di autisti, l’ingente mole degli atti esaminati, l’indisponibilità della documentazione ed il ritardo con cui quest’ultima era stata messa a disposizione, rendevano del tutto congrua la durata delle attività ispettive.
La piena conoscenza della condotta illecita doveva ritenersi acquisita solo il *****, per cui la successiva notifica della contestazione, in data *****, era stata tempestiva.
Il giudice ha negato il beneficio della continuazione ed ha ritenuto insussistente il concorso formale tra le diverse violazioni, commesse con azioni autonome, in giorni e ad orari diversi.
La cassazione della sentenza è chiesta da B.M. con ricorso in due motivi.
La Prefettura di Vicenza resiste con controricorso.
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente infondato, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
2. Il primo motivo denuncia la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che il tribunale abbia ritenuto tempestiva la contestazione, mentre al ricorrente erano state addebitate solo sei violazioni per fatti avvenuti nove mesi prima e, in ogni caso, le ispezioni erano state svolte presso l’impresa senza alcuna interlocuzione con l’interessato, attraverso una verifica a tavolino esauritasi il *****, sicchè il termine per la notifica della contestazione poteva decorrere solo da tale data o, al più tardi, dal *****, allorquando erano stati acquisiti tutti gli elementi per formulare la contestazione, non essendovi alcuna prova che la documentazione trasmessa il ***** fosse necessaria per ultimare gli accertamenti.
Il secondo motivo denuncia la violazione della L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza escluso che la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento avesse determinato la nullità della sanzione, sebbene le norme che garantiscono la partecipazione dell’interessato siano espressione dei principi di uguaglianza e di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, dovendo trovare applicazione anche ai procedimenti sanzionatori.
3. Il primo motivo è inammissibile.
La sentenza si è conformata al principio, assolutamente pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, il momento dell’accertamento – in relazione al quale collocare il “dies a quo” del termine previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2, per la notifica degli estremi di tale violazione – non coincide con quello in cui viene acquisito il “fatto” nella sua materialità da parte dell’autorità cui è stato trasmesso il rapporto, ma va individuato nel momento in cui detta autorità abbia acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza della violazione segnalata, ovvero in quello in cui il tempo decorso non risulti ulteriormente giustificato dalla necessità di tale acquisizione e valutazione.
Il compito di individuare, secondo le caratteristiche e la complessità della situazione concreta, il momento in cui ragionevolmente la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento e da cui deve farsi decorrere il termine per la contestazione spetta al giudice del merito, la cui valutazione non è sindacabile nel giudizio di legittimità, ove congruamente motivata (Cass. 27702/2019; Cass. 18574/2014; Cass. 8687/2016).
Le censura dell’appellante, volte a dimostrare che già con la verifica a tavolino del ***** o con la produzione documentale del *****, l’amministrazione aveva acquisito tutti gli elementi per formulare la contestazione ed aveva esaurito gli accertamenti, si traduce – quindi – in un diverso apprezzamento della rilevanza e dell’utilità dei singoli atti istruttori svolti nel corso dell’ispezione su profili rimessi alle valutazioni rimesse al giudice di merito, che, peraltro, con argomentazioni del tutto logiche, ha precisato che la verifica tavolino del gennaio 2012 non si era completata per l’esigenza di acquisire ulteriore documentazione e che solo in data ***** erano stati acquisiti ulteriori fogli di registrazione, sì da ultimare le verifiche, caratterizzate da una particolare complessità per il numero di posizioni esaminate, per la notevole mole di atti depositati e, non da ultimo, per il ritardo con cui la società datrice di lavoro aveva provveduto a mettere a disposizione la documentazione relativa i trasporti.
Quanto poi al fatto che la documentazione acquisita da ultimo in data *****, si fosse rivelata inutile, la censura finisce per formulare un giudizio di irrilevanza degli elementi presi in esame durante le verifiche mediante una valutazione compiuta ex post, laddove, come già precisato da questa Corte, l’utilità di detti elementi va valutata “ex ante”, con riferimento al momento in cui ne sia stata disposta l’acquisizione (Cass. 21171/2019; Cass. 9254/2018).
4. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Nella motivazione della sentenza non vi alcun accenno alla violazione delle disposizioni in tema di comunicazione dell’avvio del procedimento, nè il ricorso consente di stabilire se la questione sia stata formalmente e tempestivamente dedotta nei gradi di merito. In ogni caso, questa Corte ha più volte stabilito che nei procedimenti per la irrogazione di sanzioni amministrative, disciplinati dalla L. n. 689 del 1981, non trovano applicazione le disposizioni di cui alla L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8, le quali configurano una normativa generale su cui prevale la legge speciale, in quanto idonea ad assicurare garanzie di partecipazione non inferiori al minimum prescritto dalle norme sul procedimento amministrativo (Cass. 4670/2003; Cass. 11115/2007; Cass. 14104/2010; Cass. 4363/2015; Cass. 17088/2019; si legga pure Cass. s.u. 9591/2006) e, peraltro, stante il carattere vincolato dell’attività sanzionatoria, la violazione delle garanzie procedimentali restava irrilevante ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, comma 2.
In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Nulla per le spese, non avendo il Ministero svolto difese.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021