Accordi conclusi in vista del divorzio, disciplina della modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento, validità

Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.5065 del 24/02/2021

Pubblicato il
Accordi conclusi in vista del divorzio, disciplina della modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento, validità

In tema di accordi conclusi in vista del divorzio, è valido il patto stipulato tra i coniugi per la disciplina della modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento, che preveda il versamento da parte del genitore obbligato direttamente al figlio di una quota del contributo complessivo di cui risulta beneficiario l'altro genitore.

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1555/2017 proposto da:

S.M.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Massimiliano Mineo, giusta procura a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di LECCE, sezione distaccata di TARANTO, n. 324/2016 depositata il 21 giugno 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 gennaio 2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 21 giugno 2016, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha rigettato l’appello proposto da S.M.L. avverso la sentenza del Tribunale di Taranto n. 1306/2011, che aveva accolto l’opposizione a precetto notificato a P.M. per il pagamento della somma di Euro 6.856,08, per arretrati dovuti per le mensilità da ***** ad ***** in relazione ad accordi di divorzio, perchè con patti omologati dal Tribunale i coniugi avevano stabilito che il P. versasse la somma di Euro 200,00 mensili direttamente al figlio G.; che tali accordi non erano stati modificati, nè i coniugi vi avevano rinunciato, come era stato confermato dal teste P.G. e come era desumibile dal comportamento delle parti successivo alla sentenza di divorzio; che l’accordo non alterava l’assetto delle determinazioni riguardanti il divorzio ed integrava delegazione di pagamento, in virtù della quale la S. aveva delegato il P. al pagamento in favore del delegatario dell’assegno di mantenimento, con conseguente estinzione del debito verso la moglie; che non vi era alcuna violazione dell’art. 2722 c.c. stante che il capitolo di prova verteva sulla perpetuazione dell’efficacia dell’accordo anche dopo la sentenza divorzile e che il teste non era portatore di un interesse che lo legittimava a partecipare al giudizio che aveva come oggetto l’opposizione a precetto; che le spese processuali erano state liquidate nei limiti del valore della causa ed erano rispettose dei parametri all’uopo previsti.

2. S.M.L. ha proposto appello deducendo che la sentenza del Tribunale di Taranto era nulla perchè la data di pubblicazione era anteriore alla data della pronuncia e che l’accordo dei coniugi non poteva rivestire alcuna efficacia dopo la pubblicazione della sentenza di divorzio; che la prova testimoniale era inammissibile ex art. 2722 c.c. e che il teste era incapace a testimoniare ai sensi dell’art. 246 c.p.c.; che il tribunale indebitamente aveva assimilato la disciplina del divorzio a quella della separazione in ordine alla configurabilità di accordi in deroga o integrativi e che le spese processuali liquidate erano eccessive.

3. La Corte di appello di Lecce, a sostegno della decisione impugnata, ha ritenuto che l’indicazione della data di pubblicazione anteriore alla data della pronuncia era frutto di un evidente errore che non comportava alcuna nullità e che successivamente alla sentenza di divorzio non risultava che le parti avessero redatto un diverso accordo e che, comunque, nei fatti, avessero inteso uniformarsi alle statuizioni della sentenza divorzile, constando anzi che per circa tre anni dopo la sentenza avessero continuato ad attenersi all’accordo precedente.

4. S.M.L. ricorre per la cassazione della sentenza impugnata con atto affidato ad un unico motivo.

5. P.M. non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 1325 e 1343 c.c. e della L. n. 898 del 1970, art. 5 non avendo la Corte di appello ritenuto nullo l’accordo dei coniugi in vista del futuro divorzio per illiceità della causa perchè idoneo a comprimere la libertà di difesa del coniuge economicamente più debole nel giudizio di divorzio e stante il carattere assistenziale e, quindi, indisponibile, dell’assegno divorzile. La ricorrente si duole, inoltre, che la Corte non abbia considerato che la scrittura privata posta a fondamento dell’opposizione risaliva al ***** ed era precedente di ben due anni rispetto all’udienza del *****, udienza nella quale erano stati raggiunti diversi accordi, poi recepiti in sentenza, che aveva natura precettiva e che costituiva l’esclusiva fonte di obbligazione relativa al pagamento dell’assegno divorzile e il titolo in base al quale era stato intimato il precetto di pagamento, pagamento che il P. aveva riconosciuto di non avere effettuato.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 Questa Corte ha più volte affermato che, nell’accordo tra le parti, in sede di separazione e di divorzio, si ravvisa un contenuto necessario (attinente all’affidamento dei figli, al regime di visita dei genitori, ai modi di contributo al mantenimento dei figli, all’assegnazione della casa coniugale, alla misura e al modo di mantenimento, ovvero alla determinazione di un assegno divorziale per il coniuge economicamente più debole) ed uno eventuale (la regolamentazione di ogni altra questione patrimoniale o personale tra i coniugi stessi) (Cass., 19 agosto 2015, n. 16909).

1.3 Se tradizionalmente gli accordi “negoziali” in materia familiare, erano ritenuti del tutto estranei alla materia e alla logica contrattuale, (affermandosi che si perseguiva un interesse della famiglia trascendente quello delle parti) e si evidenziava che l’elemento patrimoniale, ancorchè presente, era strettamente collegato e subordinato a quello personale; più di recente, escludendosi in genere che l’interesse della famiglia sia superiore e trascendente rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti, si ammette sempre più frequentemente un’ampia autonomia negoziale, e si afferma con maggior convinzione la logica contrattuale, seppur con qualche cautela, là dove essa non contrasti con l’esigenza di protezione dei minori o comunque dei soggetti più deboli (Cass., 3 dicembre 2015, 24621).

1.4 In proposito, valorizzando in tal senso anche la prassi, si sono ipotizzati accordi anteriori, contemporanei o magari successivi alla separazione o al divorzio, nella forma della scrittura privata o dell’atto pubblico e la giurisprudenza di questa Corte è variamente intervenuta, con particolare riferimento agli accordi extragiudiziali, in occasione della separazione, ma ciò vale anche per gli accordi che intervengono con riferimento al divorzio, avallando una complessa evoluzione verso una più ampia autonomia negoziale dei coniugi.

Come già detto, in tema di separazioni, dapprima si è stabilito che tutti i patti intercorsi tra i coniugi, in vista della separazione, anteriori, coevi o successivi, indipendentemente dal loro contenuto, dovessero essere sottoposti al controllo del giudice che, con il suo decreto di omologa, conferiva ad essi valore ed efficacia giuridica.

Successivamente, si è cominciato ad operare una distinzione tra un contenuto necessario che riguarda i rapporti tra i genitori e figli, riservato al controllo del giudice, e un contenuto relativo ai coniugi, che, almeno tendenzialmente, rimane nell’ambito della loro determinazione discrezionale ed autonoma, in base alla valutazione delle rispettive convenienze, fino ad arrivare a sostenere l’autonomia negoziale dei genitori, anche nel rapporto con i figli, purchè si pervenga ad un miglioramento degli assetti concordati davanti al giudice (Cass., 22 gennaio 1994, n. 657; Cass., 8 novembre 2006, n. 23801; Cass., 24 ottobre 2007, n. 22329; Cass., 12 gennaio 2016, n. 298).

Pure in tema di divorzio, la giurisprudenza ha sostenuto che tali accordi, di natura sicuramente negoziale, non sarebbero di per sè contrari all’ordine pubblico, dando vita, a volte, a veri e propri contratti (Cass., 20 agosto 2014, n. 18066; Cass., 21 agosto 2013, n. 19304) E che, inoltre, anche se essi non si configurano come contratti, a tali accordi sarebbero sicuramente applicabili alcuni principi generali dell’ordinamento come quelli attinenti alla nullità dell’atto o alla capacità delle parti, ma pure alcuni più specifici, quali ad esempio quelli relativi ai vizi di volontà (Cass., 3 dicembre 2015, 24621, citata).

1.5 Deve, quindi, ritenersi superato, pertanto, il principio, pure sostenuto da questa Corte e richiamato dalla ricorrente, secondo cui gli accordi assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, in vista del futuro divorzio, sono sempre nulli per illiceità della causa, perchè in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (Cass., 4 giugno 1992, n. 6857; Cass., 20 marzo 1998, n. 2955).

E’ ragionevole, infatti, ritenere che tali accordi non producano effetti vincolanti tra le parti solo laddove contengano clausole chiaramente lesive degli interessi dei beneficiari dell’assegno di mantenimento oppure condizioni contrarie all’ordine pubblico: in mancanza di tali circostanze, l’accordo transattivo produce effetti obbligatori per le parti, e ciò anche se il suo contenuto non venga recepito in un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

1.6 Ciò posto, questa Corte ha anche affermato che le modificazioni degli accordi, convenuti tra i coniugi, successive all’omologazione della separazione ovvero alla pronuncia presidenziale di cui all’art. 708 c.p.c., trovando legittimo fondamento nel disposto dell’art. 1322 c.c., devono ritenersi valide ed efficaci, a prescindere dall’intervento del giudice ex art. 710 c.p.c., qualora non superino il limite di derogabilità consentito dall’art. 160 c.c. e, in particolare, quando non interferiscano con l’accordo omologato, ma ne specifichino il contenuto con disposizioni maggiormente rispondenti, all’evidenza, con gli interessi ivi tutelati (Cass., 12 gennaio 2016, n. 298).

I criteri, quindi, che devono essere seguiti dal giudice nell’interpretazione di detti accordi sono due: la non interferenza rispetto all’accordo omologato o assunto in sede di divorzio; la specificazione del contenuto dell’accordo e la posizione di maggior rispondenza rispetto all’interesse tutelato.

E’ pure pacifico il principio secondo cui in tema di divorzio, nel caso di conclusione di una transazione in corso di causa, spetta comunque al giudice di merito il potere di delibare e di interpretare secondo equità l’accordo, laddove taluni aspetti non siano stati esplicitamente disciplinati dalle parti. (Cass., 18 novembre 2016, n. 23566).

1.7 La Corte territoriale, facendo corretta applicazione dei principi sopra richiamati, ha ritenuto che l’accordo stipulato dalle parti prima della sentenza di divorzio esplicasse ancora i suoi effetti, soprattutto avuto riguardo a una duplice circostanza:

– che successivamente alla sentenza di divorzio non risultava che le parti avessero redatto un diverso accordo;

– che, comunque, nei fatti, avessero inteso uniformarsi alle statuizioni della sentenza divorzile, dato che, per circa tre anni, dopo la sentenza, avevano continuato ad attenersi all’accordo precedente.

L’accordo, peraltro, regolamentava, come si legge nel provvedimento impugnato, soltanto le modalità di corresponsione dell’assegno di mantenimento, da versarsi direttamente al figlio G., quale contributo della stessa S. al mantenimento del figlio.

La Corte di appello, quindi, correttamente ha ritenuto valida ed efficacia la pattuizione intervenuta tra i coniugi precedentemente alla sentenza di divorzio, trovando essa fondamento nell’art. 1322 c.c. e nel principio di autonomia negoziale ivi stabilito e non costituendo detto accordo una deroga ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio, ma piuttosto una puntualizzazione e una ridefinizione in senso migliorativo di quanto stabilito in precedenza in sede di separazione e successivamente con la sentenza di divorzio.

D’altra parte, la ricorrente, pur richiamando l’esistenza di diversi accordi, poi recepiti in sentenza, nemmeno in questa sede, riferisce il contenuto degli stessi, ciò in violazione del principio di autosufficienza, per cassazione, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in osservanza del quale il ricorrente ha l’onere di operare una chiara esposizione funzionale alla piena valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, la cui testuale riproduzione, in tutto o in parte, è invece richiesta quando la sentenza è censurata per non averne tenuto conto (Cass., 4 ottobre 2018, n. 24340).

2. Il ricorso va, conseguentemente, rigettato, in applicazione del seguente principio di diritto: “in tema di accordi stipulati in vista del divorzio, è valido quello stipulato tra i coniugi per la disciplina della modalità di corresponsione dell’assegno di mantenimento, da versarsi direttamente al figlio, quale contributo della stessa madre, beneficiaria del contributo dell’a4ro coniuge, al mantenimento del figlio (nella specie nella misura concordata di una frazione del contributo complessivo)”. Nulla per le spese, perchè il controricorrente non ha svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472