Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.511 del 14/01/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28009-2018 proposto da:

P.C.P., B.G.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANAPO 19, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO BORLE’ GIOPPI, che li rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

G.R., + ALTRI OMESSI, domiciliati in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato FULVIO RICCA, giusta procura in calce al controricorso.

– controricorrenti –

nonchè:

+ ALTRI OMESSI, CONDOMINIO *****, GENERALI ITALIA SPA, F.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3169/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 02/12/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dalle parti.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE La B&B S.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli il condominio in *****, nonchè i proprietari dell’immobile dalla stessa condotto in locazione al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dal bene in conseguenza di infiltrazioni provenienti dalla fecale e dalla fognatura condominiale, verificatesi nel febbraio e nel giugno del 2001.

All’esito dell’istruttoria, ed intervenuti i singoli condomini del fabbricato nonchè la compagnia di assicurazione del condominio, il Tribunale di Napoli con la sentenza n. 6143/2012 condannava il condominio al risarcimento dei danni subiti dalla società attrice, e l’Ina Assitalia a tenere indenne il condominio degli effetti della condanna, e dichiarava cessata la materia del contendere tra la società istante ed i proprietari dell’immobile locato, essendo nelle more intervenuta una transazione.

Avverso tale sentenza proponeva appello INA Assitalia che contestava la sussistenza della garanzia assicurativa, chiedendo il rigetto della domanda spiegata nei suoi confronti. Con separato atto di appello, P.C.P.M.T. e B.G.A., nella qualità di soci della società attrice, ormai cancellata dal registro delle imprese, chiedevano la riforma della sentenza in merito alla quantificazione del danno, assumendo che occorreva tenere conto anche della perdita del finanziamento statale già approvato e dei costi della locazione immobiliare e finanziaria. Nella resistenza dei singoli condomini, la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 3169 del 26 giugno 2018, accoglieva l’appello proposto dalla compagnia assicuratrice e rigettava l’appello proposto dai soci della società estinta.

Per l’effetto condannava i detti soci, il condominio ed i condomini intervenuti al rimborso in favore delle Generali Italia S.p.A. (subentrata ad Ina Assitalia) delle spese del doppio grado e condannava i soci alle spese del giudizio di appello in favore dei condomini appellati.

La Corte distrettuale, in primo luogo, dichiarava privi della titolarità attiva del rapporto dedotto in giudizio gli odierni ricorrenti, atteso che nel caso di cancellazione volontaria della società dal registro delle imprese, con la conseguente estinzione della società, deve reputarsi che sia intervenuta rinuncia alle mere pretese ancorchè azionate o azionabili ovvero ai diritti di credito ancora incerti o illiquidi, quale doveva ritenersi la pretesa fatta valere con l’atto di appello volta a conseguire un maggior danno rispetto a quanto liquidato in favore della società in primo grado.

Era invece accolto l’appello principale proposto dalle Generali, in quanto, una volta superate le eccezioni relative alla validità della procura alle liti sulla scorta della quale era stato avanzato appello ed alla effettiva integrità del contraddittorio, attesa la partecipazione al giudizio degli ex soci quali successori della società estinta, emergeva che, sulla scorta delle condizioni generali di contratto, il danno subito dalla società attrice non rientrava tra quelli garantiti dalla polizza.

Quanto alle spese di lite, tutte le parti che avevano resistito anche in appello al gravame proposto dalla compagnia, ivi inclusi i soci, erano tenute al rimborso delle spese del doppio grado in favore della chiamata in causa.

Inoltre, i ricorrenti dovevano rimborsare anche le spese del grado di appello in favore dei condomini intervenuti, non essendo necessario provvedere sulle spese nei confronti del condominio, che invece era rimasto contumace in appello.

Avverso tale sentenza P.C.P.M.T. ed B.G.A. propongono ricorso sulla base di due motivi.

+ ALTRI OMESSI resistono con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in merito alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del secondo grado di giudizio in favore sia della compagnia di assicurazione che degli interventori volontari.

Si deduce che alla luce dell’art. 92 c.p.c., quale modificato dalla L. n. 162 del 2014 di conversione del D.L. n. 132 del 2014, i casi di compensazione sono limitati, e tra questi rientrano anche quello della assoluta novità della questione trattata e del mutamento della giurisprudenza.

Nella fattispecie, l’appello era stato proposto nel luglio del 2013 allorquando erano passati solo pochi mesi dall’intervento delle Sezioni Unite in materia di effetti della cancellazione della società sui rapporti facenti capo alla stessa.

Dopo avere ripercorso l’evoluzione della giurisprudenza in merito alla posizione dei soci della società cancellata, si richiama la peculiare vicenda della società attrice, laddove la scelta del liquidatore di chiedere la cancellazione era stata oggetto di opposizione da parte dei ricorrenti, opposizione però rigettata, e si chiede pertanto di cassare la decisione gravata nella parte in cui ha escluso la compensazione delle spese del giudizio di appello.

Il motivo è inammissibile.

Ed, infatti, premesso che alla fattispecie non risulta applicabile la previsione di cui all’art. 92 c.p.c. nella formulazione introdotta dal legislatore nel 2014, occorrendo invece far riferimento alla originaria formulazione della norma che richiedeva la presenza di giusti motivi (e ciò alla luce della data di introduzione del giudizio in primo grado risalente al 24 luglio 2001), va ribadito il costante orientamento di questa Corte secondo cui (Cass. n. 11329/2019) la facoltà di disporre la compensazione delle spese tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (conf. Cass. S.U. n. 14989/2005; Cass. n. 7607/2006).

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 106 c.p.c., in merito alla condanna in solido dei ricorrenti alla refusione delle spese in favore della terza chiamata.

La Corte d’appello, infatti, nell’accogliere il gravame della compagnia, ha altresì escluso che la stessa fosse tenuta a manlevare il condominio dai danni cagionati alla società. Tuttavia, ha posto a carico dei ricorrenti anche le spese del giudizio di primo grado, omettendo di considerare che la sentenza di primo grado favorevole alla società, di cui i ricorrenti sono successori, è stata confermata quanto alla condanna del condominio.

Ne deriva che le spese di lite andavano invece poste a carico dei soccombenti (condominio e condomini intervenuti), posto che, essendo stata ritenuta fondata la domanda dell’attrice, le spese sostenute dalla terza chiamata dovevano gravare sulla parte che aveva provveduto alla chiamata stessa.

Il motivo è fondato.

Costituisce principio fermo nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui (cfr. Cass. n. 2492/2016) in tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo.

A tale regola fa eccezione la sola ipotesi in cui la chiamata in garanzia si palesi manifestamente infondata, posto che in tale ipotesi (cfr. Cass. n. 10070/2017) la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l’applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l’attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest’ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale (conf. Cass. n. 8363/2010; Cass. n. 12235/2003).

A diversa conclusione deve però pervenirsi nel caso in cui, pur rivelandosi infondata la domanda di garanzia, la domanda attorea in primo grado sia stata accolta, come appunto accaduto nella fattispecie, seppure in misura inferiore rispetto a quanto richiesto, dovendosi fare applicazione del diverso principio (Cass. n. 5262/2001) per cui le spese processuali sostenute dal chiamato in causa debbono essere rifuse (salva l’ipotesi di compensazione integrale) dalla parte soccombente, e quindi da quella che ha azionato una pretesa rivelatasi infondata, ovvero da quella che ha resistito ad una pretesa rivelatasi fondata. Ne consegue che l’attore, il quale abbia visto accolta la propria domanda contro almeno uno dei convenuti, non può essere condannato alla rifusione delle spese di lite sostenute dal terzo chiamato in causa, laddove venga rigettata la domanda di manleva formulata dal convenuto nei confronti del chiamato.

Il motivo di ricorso, specificamente volto a contestare la sola condanna dei soci alle spese anche del giudizio di primo grado, deve quindi essere accolto, e non palesandosi la necessità di accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito disponendosi che le spese del giudizio di primo grado, come liquidate nella sentenza impugnata in favore di Generali Italia S.p.A., siano poste in solido a carico del condominio in ***** e dei condomini intervenuti.

Atteso il parziale accoglimento del ricorso, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio, confermandosi la regolamentazione delle spese per i precedenti gradi, come operata dal giudice di appello, fatta eccezione di quanto conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

PQM

Accoglie il secondo motivo di ricorso, e dichiarato inammissibile il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito, pone le spese del giudizio di primo grado, come liquidate dal giudice di appello in favore di Generali Italia S.p.A., in solido a carico del Condominio in ***** e dei condomini intervenuti;

Compensa le spese del presente giudizio tra parte ricorrente e parte controricorrente e gli intimati, confermando per il resto la regolamentazione delle spese di lite come operata per le fasi di merito dalla sentenza impugnata, fatta eccezione di quanto disposto in conseguenza dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472