LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6632/2012 R.G. proposto da:
Equitalia Centro s.p.a., subentrata in tutti i diritti, attribuzioni e situazioni giuridiche già facenti capo ad Equitalia Sardegna s.p.a., a seguito di fusione mediante incorporazione, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maurizio Cimetti e dall’Avv. Sante Riccio, giusta procura speciale a margine del ricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo, in Roma, via delle Quattro Fontane n. 161;
– ricorrente –
contro
Consorzio Garanzia Fidi fra le piccole e medie imprese della Sardegna
– Confidi – soc. coop. s.p.a. (di seguito Confidi), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Italo Doglio, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Daniele Manca Bitti, in Roma, Via Luciani n. 1, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna, n. 120/5/2011 depositata il 6 dicembre 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 novembre 2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Dott. Roberto Mucci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. Valerio Moretti, per delega dell’Avv. Maurizio Cimetti, per Equitalia Centro s.p.a..
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria regionale della Sardegna rigettava l’appello proposto da Equitalia Sardegna s.p.a. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cagliari (n. 190/04/2005), che aveva accolto il ricorso presentato dal Consorzio Confidi Sardegna s.c.p.a. contro la cartella emessa nei suoi confronti dalla concessionaria Bipiesse Riscossioni s.p.a. relativa a “contributo ai sensi della L. n. 59 del 1992, ex art. 11, comma 6”, n. *****, per l’importo di Euro 56.086,34. Il giudice di prime cure aveva rigettato la richiesta della concessionaria di autorizzazione a chiamare in giudizio l’ente impositore (la Direzione provinciale del lavoro), in quanto erano stati contestati vizi propri della cartella, evidenziando che la cartella non era stata preceduta dalla notifica di atti prodromici, sicchè la descrizione contenuta nella stessa era del tutto insufficiente a fornirne la motivazione, mentre era fondata anche l’eccezione di prescrizione. In particolare, il giudice di appello, riteneva inammissibile il gravame proposto da Equitalia Sardegna s.p.a., in quanto nell’intestazione era indicata quale legittimata la Sardegna Riscossione s.p.a. “olim” Bipiesse Riscossioni s.p.a.”, senza alcuna spiegazione in ordine all’effettiva “parte” in giudizio. Inoltre, ad abundantiam, si evidenziava che la cartella era priva dei requisiti di legge, ma conteneva solo il riferimento alla norma di legge invocata, in assenza di un qualsiasi atto prodromico, sicchè non poteva ipotizzarsi la chiamata in causa dell’ente impositore. Inoltre, il motivo di impugnazione relativo alla prescrizione, ritenuta maturata dalla CTP, era inammissibile perchè nuovo.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Equitalia Centro s.p.a..
3. Resiste con controricorso il Consorzio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Anzitutto, si rileva che il ricorso per cassazione è stato proposto da Equitalia Centro s.p.a. “subentrata in tutti i diritti attribuzioni e situazioni giuridiche già facenti capo ad Equitalia Sardegna s.p.a., a seguito di fusione mediante incorporazione”.
La ricorrente ha prodotto la visura camerale da cui risulta l’avvenuta fusione per incorporazione.
1.1. Con il primo motivo di impugnazione Equitalia Centro s.p.a. deduce la “nullità della sentenza della CTR di Cagliari n. 120/5/11 per contrasto insanabile tra motivazione e dispositivo ex art. 360, comma 1, n. 4”, in quanto, nel suo incipit, il giudice di appello rileva l’inammissibilità del gravame, non essendo possibile comprendere se l’impugnazione era stata proposta dallo stesso soggetto di diritto che aveva partecipato al giudizio di primo grado. Infatti, l’appello era stato presentato dalla Sardegna Riscossione s.p.a. “olim Bipiesse Riscossioni s.p.a.”, mentre nel giudizio di primo grado aveva partecipato appunto la Bipiesse Riscossioni s.p.a. Dopo tale premessa, però, il giudice di appello ha affrontato il merito del ricorso rigettandolo nel merito. In ciò si palesa una evidente contraddittorietà. Non sarebbe, dunque, possibile individuare la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella sentenza.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “nullità della sentenza della CTR di Cagliari n. 120/5/11 – Omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 e dell’art. 110 e ss. c.p.c.”, in quanto il giudice di appello, nel ritenere che non era stata fornita la prova della legittimazione ad impugnare della Sardegna Riscossione s.p.a., non ha tenuto conto della documentazione prodotta dalla concessionaria nella memoria depositata in sede di appello, in data 19-6-2009, venti giorni prima dell’udienza di discussione.
3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la “nullità della sentenza della CTR di Cagliari n. 120/5/11 – Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e/o erronea interpretazione delle disposizioni del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, e dei relativi decreti di attuazione (D.M. 28 giugno 1999 e D.M. 11 settembre 2000) in base ai quali la cartella di pagamento deve essere redatta secondo il modello ministeriale”, in quanto, secondo il giudice di appello, la cartella conteneva solo il riferimento alla norma da cui sarebbe derivata l’obbligazione tributaria, trattandosi, quindi, di una cartella priva dei requisiti minimi per la sua validità, sì da non potersi neppure ipotizzare la chiamata in causa dell’ente impositore. In realtà, secondo la ricorrente i dati riportati nella cartella era i medesimi che l’Agente della riscossione aveva rivenuto nell’estratto di ruolo consegnato dall’ente impositore. La società di riscossione si è limitata a redigere materialmente l’atto esattoriale, inserendo nello stesso solo i dati elencati nel ruolo formato dagli enti impositori, secondo quanto prescritto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e dagli appositi decreti ministeriali. La cartella, infatti, deve contenere, oltre alle prescrizione di cui al modello ministeriale, solo l’intimazione ad adempiere l’obbligo “risultante dal ruolo”. La L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, si riferisce, quanto alla motivazione, solo agli avvisi di accertamento emessi dalla Amministrazione finanziaria, mentre i concessionari della riscossione sono tenuti solo agli adempimenti di cui all’art. 7 cit., comma 2. Inoltre, il contributo di cui alla L. 31 gennaio 1992, n. 59, art. 11, comma 6, è dovuto dalle società cooperative o dai loro consorzi non aderenti alle associazioni nazionali riconosciute ed è costituito da una quota fissa, pari al 3 %, degli utili annuali che, per disposizione di legge, è destinata alla promozione e allo sviluppo della cooperazione. Il calcolo della somma è effettuato direttamente dai contribuenti. L’iscrizione a ruolo, allora, può trarre origine, nel caso in esame, solo dal mancato o insufficiente versamento dei contributi. Il Consorzio, quindi, non potrebbe lamentare un difetto di motivazione dell’atto impositivo, in quanto sarebbe in grado di sapere, per l’annualità in questione, se ha provveduto o meno a versare il contributo richiesto e, in caso affermativo, avrebbe la possibilità di verificare se l’importo versato è corretto, dato l’elementare calcolo cui lo stesso è chiamato sulla base delle risultanze del proprio bilancio di esercizio. Nella specie, la cartella contiene l’indicazione della natura del contributo recuperato e del periodo di imposta.
4.Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “nullità della sentenza della CTR Cagliari n. 120/5/11 – Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”, in quanto il contribuente Consorzio con il ricorso di primo grado ha eccepito l’intervenuta prescrizione della pretesa contenuta nella cartella notificata. La Commissione provinciale ha accolto il motivo di doglianza, in quanto il riferimento del tributo è il 1992, mentre l’atto è stato notificato il 20-1-2005, oltre 12 anni dal sorgere del credito, sicchè la cartella è stata notificata oltre il termine decennale di cui all’art. 2946 c.c. Nell’atto di appello la concessionaria Sardegna Riscossione s.p.a. ha tentato di contrastare la decisione di prime cure, evidenziando, quanto alla prescrizione, ritenuta maturata dal giudice, che solo a decorrere dal 1998 il contributo poteva essere riscosso mediante ruolo, per cui difficilmente, fino al 1999, era stato possibile effettuare iscrizioni a ruolo. L’ente impositore però avrebbe potuto esperire anche tentativi di recupero. La Commissione regionale ha ritenuto che il motivo di impugnazione relativo alla prescrizione era inammissibile “poichè non una parola era stata spesa sul punto dal Concessionario del giudizio di primo grado”, sicchè si trattava di “eccezione e deduzioni del tutto nuove”, quindi inammissibili ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57. Del resto, l’appellante, già in primo grado, aveva preso posizione sulla eccezione di prescrizione sollevata dal Consorzio contribuente.
5.Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente deduce la “nullità della sentenza della CTR di Cagliari n. 120/5/11 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, punto 5): per non aver ravvisato il difetto di legittimazione passiva di Equitalia Centro s.p.a. rispetto al contenuto del ruolo riprodotto nella cartella esattoriale e all’attività precedente la consegna del ruolo all’agente della riscossione e nel non aver disposto al chiamata in causa dell’Ente impositore previa rimessione al giudice di primo grado”. Per la ricorrente il vizio di motivazione della cartella attiene al procedimento di formazione del ruolo, di spettanza dell’ente impositore. Allo stesso modo la questione in ordine alla prescrizione riguarda l’esistenza della pretesa tributaria e, quindi, è riferibile sempre all’ente impositore. Pertanto, la concessionaria, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, ha chiesto l’autorizzazione alla chiamata in causa dell’ente impositore, ma sia il giudice di prime cure che quello di appello hanno rigettato tale richiesta.
6.1. I primi due motivi, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati nei termini di seguito indicati.
6.2. Invero, il giudice di appello dopo aver dichiarato inammissibile l’appello, in per difetto di legittimazione attiva della appellante, ritenuta soggetto giuridico diverso da quello che aveva partecipato al primo grado di giudizio, ha preso in esame “ad abundantiam” anche il merito del ricorso, affermandone la “totale infondatezza”, ritenendo la cartella priva dei requisiti minimi, rigettando la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa dell’ente impositore (Direzione provinciale del lavoro) e ritenendo maturata la prescrizione del credito dell’Amministrazione.
6.3. Invero, è pacifico che la concessionaria abbia depositato in appello, venti giorni prima dell’udienza, una memoria contenente due verbali societari: il verbale del 3-8-2006 della Bipiesse Riscossioni s.p.a. con cui era stata deliberata la modifica della denominazione sociale in Sardegna Riscossione s.p.a.; il verbale del 16-4-2007 della Sardegna Riscossione s.p.a., con cui era stata nuovamente modificata la denominazione sociale in Equitalia Sardegna s.p.a..
I documenti sono stati prodotti tempestivamente, nei venti giorni precedenti l’udienza di discussone, nel rispetto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32.
Il giudice di appello, invece, con motivazione carente, ha ritenuto che il mero riferimento all’avverbio “olim” (“un tempo”) non le aveva consentito di comprendere “come la diversa denominazione sociale” fosse “riferibile allo stesso soggetto di diritto”.
Sussiste, il vizio dedotto nel motivo, anche perchè la sentenza di appello è stata depositata il 6-12-2011, quando il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5" era modulato senza tenere conto delle modifiche di cui al D.L. n. 83 del 2012, applicabili alle sentenze depositate a decorrere dal 11 settembre 2012. Peraltro, si rileva che anche per la nuova formulazione del vizio di motivazione, v’è stato comunque l’omesso esame di fatti decisivi e controversi nel giudizio, costituiti dai due verbali di assemblea dei soci.
7. La palese fondatezza delle prime due censure implica l’inammissibilità di quelle ulteriori, dovendosi applicare il principio di diritto per cui, qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (…), con la quale si è spogliato della “potestas ludicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata (Cass., sez. un., n. 3840 del 20 febbraio 2007; Cass., sez.un., n. 15122 del 17 giugno 2013; Cass., sez. 3, n. 17004 del 20 agosto 2015; Cass., n. 30393, del 19 dicembre 2017; Cass., n. 1214 del 21 gennaio 2020; Cass., n. 13549 del 30 maggio 2018).
8. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i motivi primo e secondo di ricorso; dichiara inammissibili i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sardegna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 3 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021.