Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.548 del 14/01/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11618/2016 proposto da:

W.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 7, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE SPATA, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SERINOVA S.N.C. DI G.P. & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIRGILIO, 8, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MUSTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO PASSERINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 323/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 06/11/2015 R.G.N. 121/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 29/09/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza n. 323 depositata il 6.11.2015, la Corte di appello di Brescia, respingendo il gravame di W.A.M., dichiarava la legittimità dei due contratti di somministrazione a cui aveva fatto ricorso, ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, la società Serinova s.n.c. di G.P. & c.. per i periodi 28 agosto – 29 settembre 2007 e 7 – 30 gennaio 2009;

2. la Corte territoriale riteneva, con riguardo al primo contratto, l’effettiva sussistenza della causale apposta (“ragioni di carattere organizzativo motivate da: riorganizzazione officina meccanica”) a fronte delle risultanze istruttorie che dimostravano la temporanea riorganizzazione dell’officina funzionale all’aumento di produzione richiesto da un ingente ordine di materiali provenienti da una società con sede in Egitto; con riguardo al secondo contratto di somministrazione, stipulato per la sostituzione di personale assente per ferie, la Corte rilevava, in via generale, che la causale del contratto commerciale poteva ritenersi sufficientemente specifica ogni volta che, calata nel contesto concreto della somministrazione, consentiva “di risalire comunque all’individuazione dei lavoratori da sostituire e quindi di verificare la ricorrenza effettiva della causale” e, conseguentemente, rilevava che nel caso di specie il requisito era ricorrente in quanto erano state indicate la ragione dell’assenza (ferie), il reparto cui il somministrato sarebbe stato assegnato (l’officina meccanica), il numero di lavoratori assenti per ferie (due lavoratori); applicava, infine, per la regolazione delle spese di lite, il criterio della soccombenza, rilevando che non si poteva ritenere sussistere “gravi ed eccezionali ragioni” per la compensazione, visto che i due contratti di somministrazione erano ben lungi dall’essere di per sè sintomatici di un utilizzo ingiustificato o illegittimo della somministrazione;

3. per la cassazione della sentenza il lavoratore ha fatto ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria;

3. la società ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

CONSIDERATO

Che:

4. con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20, 21, 22 e art. 12 disp. att. c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per aver trascurato, la Corte territoriale, che la causale apposta al primo contratto di somministrazione era illegittima in quanto carente del requisito della temporaneità;

5. con il secondo ed il terzo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20, 21, 22 e art. 12 disp. att. c.c., nonchè nullità della sentenza (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) per avere, la Corte territoriale, ritenuto irrilevante l’indicazione, nel secondo contratto di somministrazione, del nominativo dei lavoratori da sostituire, nonostante si trattasse di azienda di piccole dimensioni e per essere caduta in grave contraddizione ove affermava che solamente in realtà aziendali complesse era legittimo omettere i nominativi dei lavoratori sostituiti;

6. con il quarto è denunziata violazione dell’art. 92 c.p.c. e art. 24 Cost. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere, la Corte territoriale, posto le spese di lite a carico del lavoratore soccombente pur a fronte dell’assenza del datore di lavoro al tentativo stragiudiziale di conciliazione, occasione che avrebbe potuto orientare la determinazione circa la proposizione del procedimento giudiziale;

7. il primo motivo di ricorso contiene una doglianza del tutto nuova e, perciò, inammissibile, non essendo stata la questione (della legittimità dell’apposizione ad un contratto di somministrazione di una causale priva del requisito della temporaneità) specificamente trattata nella decisione impugnata (che si occupa, con riguardo al primo contratto di somministrazione, della diversa questione inerente alla ricorrenza effettiva dell’esigenza aziendale esplicitata nel contratto di somministrazione), nè avendo indicato parte ricorrente i tempi e i modi della loro tempestiva introduzione nel giudizio di primo grado e, quindi, della loro devoluzione al Giudice del gravame (Cass. n. 23073 del 2015, Cass. n. 23675 del 2013);

8. il secondo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto riguardano il medesimo contratto di somministrazione (il secondo contratto, del gennaio 2009), sono – rispettivamente – infondato e inammissibile;

9. quanto al rilievo di genericità della causale indicata come “sostituzione personale assente per ferie”, occorre considerare che, secondo l’orientamento di questa Corte in materia di contratti a termine, l’indicazione delle ragioni giustificative, per quanto concerne le esigenze sostitutive in realtà economiche complesse, non deve includere anche il nominativo dei lavoratori da sostituire ma piuttosto la funzione produttiva specifica occasionalmente scoperta (ex multis, Cass. n. 15601 del 2019; Cass. n. 3463 del 2019; Cass. n. 1246 del 2016; n. 10068 del 2013; Cass. n. 1576 del 2010);

10. invero, qualora l’esigenza sostitutiva risulti comunque identificata attraverso altri e diversi elementi – indicati in maniera esemplificativa e di certo non tassativa dalla Corte di legittimità nelle citate sentenze -, tali da consentire il controllo della effettiva ricorrenza di una reale esigenza aziendale della temporanea assunzione, funzionale ad una specifica finalità, l’apposizione del termine risulta legittima;

11. la finalità dell’onere di specificazione della ragione sostitutiva “è quella di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto” (Corte Cost. n. 214 del 2009); “il criterio di identificazione nominativa del personale sostituito da ritenere certamente il più semplice e idoneo a soddisfare l’esigenza di una nitida individuazione della ragione sostitutiva, ma non l’unico”, non potendosi escludere, infatti, la legittimità di criteri alternativi di specificazione sempre che essi siano rigorosamente adeguati allo stesso fine e saldamente ancorati a dati di fatto oggettivo (Corte Cost. n. 107 del 2013);

12. la Corte di Giustizia Europea ha escluso la necessità di interpretare del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, nel senso della pretesa necessità di indicazione del nominativo del lavoratore sostituito, affermando che la clausola 8 dell’accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato (in allegato alla direttiva 1999/70/CE) non osta ad una normativa nazionale che ha eliminato l’obbligo, per il datore di lavoro, di indicare nei contratti a tempo determinato conclusi per sostituire lavoratori assenti il nome di tali lavoratori e i motivi della loro sostituzione purchè dette nuove condizioni siano compensate dall’adozione di altre garanzie o misure di tutela (Corte Giustizia Ue 22.6.2011, CAUSA c-161/11);

13. va, infine, rammentato che il lavoro tramite agenzia di somministrazione trova disciplina in una direttiva diversa da quella del contratto a termine (nella specie direttiva 2008/104/CE), direttiva che considera il lavoro interinale come una forma di occupazione meritevole di una tutela speciale in quanto risponde non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata la vita professionale dei lavoratori dipendenti, contribuendo pertanto “alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tale mercato” (considerando n. 11); le restrizioni o i divieti imposti al ricorso al lavoro tramite agenzia interinale possono essere giustificati soltanto da ragioni di interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro e la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi (considerando n. 18);

14. ebbene, nel caso di specie, la Corte territoriale, in osservanza degli enunciati principi di diritto (di cui ha fatto un’ampia ricognizione, comprensiva altresì dell’evoluzione normativa della disciplina del contratto a termine, passato da un sistema analitico e tassativo di causali di cui alla L. n. 230 del 1962, ad un assetto flessibile), ha rilevato che “sia che si tratti di realtà aziendali complesse, sia che si tratti di realtà aziendali modeste, ciò che conta è che la causale, pur non indicando il nominativo del lavoratore o dei lavoratori da sostituire, fornisca elementi diversi che, calati nelle singole situazioni di fatto, consentono di risalire comunque l’individuazione dei lavoratori da sostituire quindi verificare la ricorrenza effettiva della causale”;

15. la Corte, del tutto coerentemente, ha aggiunto che l’indicazione della causale della sostituzione risultava sufficientemente specifica, una volta calata nel contesto concreto del contratto di somministrazione, in quanto il contratto indicava espressamente la ragione dell’assenza (cioè le ferie), il reparto cui il lavoratore somministrato doveva essere assegnato (l’officina meccanica), nonchè il numero dei lavoratori assenti (n. 2), e l’attività istruttoria espletata aveva consentito di verificare che effettivamente il lavoratore somministrato aveva sostituito il dipendente Ibrahima, assente per ferie a gennaio 2009, per circa un mese o un mese mezzo;

16. non è, quindi, ravvisabile – nella sentenza impugnata – alcuna lacuna o contraddizione motivazionale secondo il parametro del c.d. minimo costituzionale attualmente imposto dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e conseguentemente il terzo motivo di ricorso è inammissibile;

17 il quarto motivo di ricorso è inammissibile, alla luce dell’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. n. 11329 del 2019; Cass. nn. 24502 e 8421 del 2017);

18. la Corte territoriale, con apprezzabile sforzo di trasparenza della decisione, ha espressamente escluso la ricorrenza di “gravi ed eccezionali ragioni” ai fini della compensazione delle spese di lite, apparendo i contratti di somministrazione – prima facie – forniti di causali legittime, essendosi trattato di due soli contratti di brevissima durata, conclusi a distanza di più di un anno l’uno dall’altro, con un’indicazione molto puntuale della causale del termine riguardanti una realtà produttiva modesta, ove sarebbe stato facile reperire tutte le informazioni riguardanti detta causale;

19. in conclusione, il ricorso va rigettato; le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;

15. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472