LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28163/2017 proposto da:
SYNDIAL SERVIZI AMBIENTALI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 11, presso lo studio dell’avvocato MANLIO ABATI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
P.G., F.A., F.N., F.C., F.R., FR.AL., FR.CL., ENI S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 682/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 19/05/2017 R.G.N. 391/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 27/10/2020 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH.
RILEVATO
Che:
1. Con sentenza n. 682 depositata il 19.5.2017 la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Crotone, ha accolto la domanda proposta da P.G., F.A., F.N., F.C., F.R., Fr.Al., Fr.Cl., eredi di Fr.An., nei confronti di Syndial Servizi Ambientali s.p.a., società incorporante (dopo Singea s.p.a., Enichem s.p.a.) l’originario datore di lavoro del de cuius (Pertusola s.p.a.), per il risarcimento del danno biologico derivante dall’esposizione ad amianto ed ad altre sostanze morbigene sul luogo di lavoro;
2. la Corte territoriale, per quel che rileva, ritenuta legittimata passiva la società Syndial, in qualità di successore a titolo universale (a seguito di incorporazione) della società datrice di lavoro di Fr.An., ha rilevato, che non poteva ritenersi decorso il termine di prescrizione per l’azione, iure hereditatis, di risarcimento del danno posto che il carcinoma polmonare che aveva dato causa al decesso e che aveva rappresentato una nuova patologia (e non un mero aggravamento delle malattie, broncopneumopatia e rinofaringite, già contratte), era stato scoperto dopo specifici accertamenti, solamente nel ***** (ossia circa 3 anni prima della proposizione dell’azione giudiziaria); ha aggiunto che l’esposizione qualificata all’amianto del de cuius era stata appurata a mezzo delle testimonianze acquisite e della documentazione esibita, nonchè a seguito di pronuncia, passata in giudicato, concernente il riconoscimento dei benefici pensionistici di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, a fronte della quale non erano condivisibili le conclusioni della perizia del consulente tecnico d’ufficio in ordine alla mancata diretta esposizione del Fr. all’amianto;
3. avverso la detta sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, illustrati da memoria, e gli eredi e la società Eni s.p.a. sono rimasti intimati.
CONSIDERATO
Che:
1. con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 459 e 476 c.c., artt. 81 e 414 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, non avendo provato, gli originari ricorrenti, la qualità di eredi legittimi del de cuius, essendo all’uopo irrilevante la produzione del certificato di morte di Fr.An. e lo stato di famiglia;
2. con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. e del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo pacifico che la Syndial s.p.a. non ha mai gestito il rapporto di lavoro del de cuius (dipendente della Pertusola Sud s.p.a.) e dovendosi ritenere, l’obbligazione del rispetto delle norme di sicurezza sul lavoro e di salvaguardia della salute dei lavoratori, fonte di responsabilità esclusivamente personale, dunque concernente esclusivamente il datore di lavoro che ha materialmente commesso il fatto e che era tenuto a vigilare, attraverso i suoi preposti e addetti, affinchè lo stesso non si producesse; la Syndial s.p.a. non è mai stata datrice di lavoro di Fr.An., non ha acquisito direttamente il ramo d’azienda dove lo stesso lavorato, subentrando alla Singea s.p.a. che aveva acquisito in precedenza la Pertusola Sud s.p.a..
3. con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1230 e segg., artt. 1362,2113 c.c., in relazione al verbale di conciliazione del 21.12.993, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, il de cuius, rinunziato, con atto sottoscritto al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ad ogni diritto o azione inerente, connesso e/o derivante dall’intercorso rapporto di lavoro, in forza, dunque, di una transazione avente carattere novativo, non impugnata nemmeno nel termine di decadenza di sei mesi;
4. con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 2935,2946 e 2948 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte territoriale, trascurato che le patologie che hanno provocato il decesso di Fr.An. erano state già “accertate e diagnosticate nel *****” come risulta dalla denuncia di malattia professionale depositata con conseguente tardività – per superamento del termine di prescrizione – della proposizione della domanda giudiziale di risarcimento del danno;
5. con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 3, art. 2087 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, essendo stato ampiamente provato che la società ha sempre svolto controlli e tenuto monitorata la concentrazione di acide di polveri di amianto all’interno dell’ambiente e che, comunque, Fr.An. non ha mai svolto mansioni a diretto contatto con acide polveri, come emerso dalle deposizioni testimoniali e come accertato nella relazione medico-legale del consulente tecnico d’ufficio, che ha precisato come il de cuius, nell’espletamento delle mansioni di “strappatore” presso l’impianto di elettrolisi è stato esposto a livelli aereo dispersi di acido solforico del tutto contenuti e scevri da qualsiasi possibilità di cagionare l’insorgenza di una neoplasia polmonare, essendo, invece, un forte fumatore ed avendo tale circostanza sufficientè, valenza causale/concausale nel determinismo della patologia;
6. quanto al primo motivo, la censura presenta profili di inammissibilità in quanto, da una parte, costituisce questione nuova, non risultando sollevata detta eccezione al momento dell’integrazione del contraddittorio nei confronti anche degli altri eredi (nel corso del giudizio di primo grado, come lo stesso ricorrente espone) e, dall’altra parte, difetta di decisività perchè è dedotta (in termini meramente assertivi) l’incidenza della mancata produzione della denuncia di successione di Fr.An. laddove la Corte d’appello ha comunque tenuto conto dell’eccezione di carenza di legittimazione attiva (sollevato con esclusivo riferimento alla ricorrente originale, P.G.) rilevandone l’irrilevanza a fronte della configurazione in termini di accettazione implicita dell’eredità della proposizione dell’azione giudiziaria;
7. la sentenza, in ogni caso, è conforme ai principi enunciati da questa Corte, in base ai quali il figlio che aziona in giudizio un diritto del genitore, del quale afferma essere erede “ab intestato”, ove non sia stato contestato il rapporto di discendenza con il “de cuius”, non deve ulteriormente dimostrare, al fine di dare prova della sua legittimazione ad, agire, l’esistenza di tale rapporto producendo l’atto dello stato civile, attestante la filiazione, ma è sufficiente, in quanto chiamato all’eredità a titolo di successione legittima, che abbia accettato, anche tacitamente, l’eredità, di cui costituisce atto idoneo l’esercizio stesso dell’azione (Cass. n. 22223 del 2014, Cass. n. 6745 del 2018);
8. il secondo motivo di ricorso, che presenta anch’esso profili di inammissibilità non confrontandosi in alcun modo con la motivazione della sentenza impugnata, è – in ogni caso – infondato; questa Corte ha già chiarito che la fusione di società mediante incorporazione, avvenuta – come nel caso di specie – prima della riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003 e dell’introduzione dell’art. 2504 bis c.c., realizza una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale e produce gli effetti, tra loro indipendenti, dell’estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, la quale assume la medesima posizione processuale della società estinta, con tutte le limitazioni e i divieti ad essa inerenti (Cass., Sez. U. n. 27183 del 2007; Cass. n. 5473 del 2012, ove, fra l’altro, la Syndial s.p.a. risulta parte in causa; cfr. inoltre, con riguardo al principio per cui la fusione di una società mediante incorporazione determina automaticamente l’estinzione della società incorporata ed il subingresso, per successione a titolo universale, della società incorporante nei rapporti sostanziali e processuali a quella relativi, nel regime precedente l’art. 2504 bis c.c., Cass. n. 21553 del 2019, Cass. n. 16675 del 2017, Cass. n. 27905 del 2011);
9. la Corte territoriale ha correttamente ritenuto la Syndial legittimata passivamente verso i ricorrenti quale successore universale della società incorporata (la Pertusola s.p.a. venne incorporata nella Singea s.p.a. nel 1998 e successivamente nella Enichem s.p.a. il 31.1.2002, divenuta poi Sybndial s.p.a.), vieppiù’ trattandosi nel caso di specie di una obbligazione contrattuale e non extracontrattuale, e ciò anche a prescindere dalla conoscenza o conoscibiità del debiti contratti dalla soc. incorporata, ricorrendo, per l’appunto, una fattispecie di successione a titolo universale;
10. il terzo motivo non è fondato avendo, la Corte territoriale, correttamente rilevato (e la statuizione non è stata oggetto di specifica censura) che il diritto al risarcimento del danno non poteva essere oggetto di transazione giacchè al momento della stipula del negozio non era ancora insorto, con ciò conformandosi al consolidato orientamento di questa Corte (ex multis, Cass. n. 11536 del 2006, n. 18321 del 2016, Cass. n. 25 del 2019) secondo cui una dichiarazione di rinuncia riferita in termini generici ad una serie di titoli di pretese in astratto ipotizzabili in relazione alla prestazione di lavoro subordinato e alla conclusione del relativo rapporto può assumere il valore di rinuncia o di transazione alla condizione che risulti accertato, sulla base dell’interpretazione del documento o per il concorso di altre specifiche circostanze desumibili aliunde, che essa sia stata rilasciata con la consapevolezza di diritti determinati od obiettivamente determinabili e con il cosciente intento di abdicarvi o di transigere sui medesimi, posto che enunciazioni di tal genere sono assimilabili alle clausole di stile e non sono sufficienti di per sè a comprovare l’effettiva sussistenza di una volontà dispositiva dell’interessato.
11. gli ultimi due motivi di ricorso appaiono inammissibili in quanto – lungi dal denunciare l’illegittima estensione dell’efficacia del giudicato rispetto ai terzi rimasti estranei al giudizio – si sostanziano, anche laddove denunciano la violazione di norme di diritto, in un vizio di motivazione formulato in modo non coerente allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame;
12. come più volte precisato da questa Corte, il vizio di violazione di legge coincide con l’errore interpretativo, cioè con l’erronea individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta; al contrario, l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 26272 del 2017; Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; n. 26307 del 2014); solo quest’ultima censura è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa;
13. nel caso di specie, le censure investono tutte la valutazione delle prove come operata dalla Corte di merito, e si sostanziano, attraverso il richiamo al contenuto dei documenti prodotti e della consulenza tecnica d’ufficio, in una richiesta di rivisitazione del materiale istruttorio (quanto alla insorgenza della malattia del carcinoma polmonare, rispetto alle pregresse patologie della broncopneumopatia e della rinofaringite) non consentita in questa sede di legittimità, a maggior ragione in virtù del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
18. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il principio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;
19. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.250,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 27 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021
Codice Civile > Articolo 2087 - Tutela delle condizioni di lavoro | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2935 - Decorrenza della prescrizione | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2946 - Prescrizione ordinaria | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 2948 - Prescrizione di cinque anni | Codice Civile