Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.564 del 14/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4833-2019 proposto da:

A.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO BARONE;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato il 29/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Napoli, A.O., cittadino della Nigeria, chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla competente Commissione territoriale. Con decreto n. 660/2019, depositato il 29 gennaio 2019, l’adito Tribunale rigettava il ricorso.

2. Il giudice adito escludeva la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento al medesimo della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, reputando non credibili le dichiarazioni del richiedente, circa le ragioni che l’avevano indotto ad abbandonare il suo Paese, ritenendo non sussistente, nella zona di provenienza dell’istante, una situazione di violenza indiscriminata, derivante da conflitto armato interno o internazionale, e rilevando che non erano state allegate dal medesima specifiche ragioni di vulnerabilità, ai fini della protezione umanitaria.

3. Per la cassazione di tale provvedimento ha, quindi, proposto ricorso A.O. nei confronti del Ministero, affidato a quattro motivi. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione dell’intimato Ministero dell’interno, tardivamente effettuata con un atto denominato “atto di costituzione”, non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella mera dichiarazione di costituirsi in giudizio “con il presente atto al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”. Risulta, infatti, in tal modo, violato il combinato disposto di cui all’art. 370 c.p.c., e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, in base ai quali il controricorso deve, a pena di inammissibilità, contenere l’esposizione dei motivi di diritto su cui si fonda, costituendone requisito essenziale. (cfr. Cass., 18/04/2019, n. 10813; Cass., 25/09/2012, n. 16261; Cass., 09/03/2011, n. 5586; Cass., 07/07/2017, n. 16921).

2. Con il primo e secondo motivo di ricorso, A.O. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5, 7,8, e 11, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante lamenta che il Tribunale abbia ritenuto – ai fini della concessione dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), – non attendibile la narrazione dei fatti che lo avrebbe determinato a lasciare il Paese di origine, consistiti nel timore di essere ucciso dal padre della sua fidanzata, in seguito al decesso della ragazza dopo avere praticato un’interruzione di gravidanza in ospedale, senza peraltro compiere alcun atto istruttorio d’ufficio.

2.2. Le censure sono inammissibili.

2.2.1. Ai fini della concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b), è invero indispensabile, anche ai fini dei necessari approfondimenti istruttori, la credibilità e l’attendibilità della narrazione dei fatti effettuata dal richiedente. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito e censurabile solo nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, – il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), costituente un parametro di attendibilità della narrazione (Cass. 05/02/2019, n. 3340).

In mancanza di credibilità dell’istante deve, di conseguenza, escludersi la necessità e la possibilità stessa per il giudice di merito – laddove non vengano dedotti fatti attendibili e concreti, idonei a consentire un approfondimento ufficioso – di operare ulteriori accertamenti, del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8.

2.2.2. Nel caso di specie, il giudice adito ha adeguatamente motivato circa le ragioni per le quali ha ritenuto non attendibili le dichiarazioni del richiedente, per la loro lacunosità ed incongruenza, non avendo, fra l’altro, l’istante neppure affermato di essere stato in alcun modo minacciato dal padre della fidanzata, talchè i timori di una possibile vendetta – che, peraltro, attengono ad una vicenda privata risolvibile mediante il ricorso alla giustizia ordinaria – si palesano, a giudizio del Tribunale, “del tutto soggettivi e meramente supposti”. A fronte di tali motivate argomentazioni, le censure in esame si traducono, in concreto, in una – peraltro del tutto generica – richiesta di rivisitazione del merito della vicenda, improponibile in questa sede (Cass., 04/04/2017, n. 8758). Va, pertanto, esclusa in radice – attesa la non attendibilità dello straniero – la concessione al medesimo dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

3. Con il terzo e quarto motivo di ricorso, A.O. denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Il ricorrente si duole del fatto che il giudice di merito non abbia concesso al medesimo neanche la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), senza tenere adeguatamente conto, sulla base di dati attinti da fonti internazionali aggiornate, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, della situazione socio-politica del Paese di origine, e neppure la protezione umanitaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, sebbene ricorressero evidenti ragioni di vulnerabilità del richiedente.

3.2. Orbene, per quanto concerne la protezione sussidiaria del decreto succitato, ex art. 14, lett. c), la Corte d’appello ha accertato – con ricorso a fonti internazionali citate nel provvedimento – che nella zona di origine dell’istante non sussiste una situazione di violenza indiscriminata, derivante da un conflitto interno o internazionale. A fronte di tali motivati accertamenti in fatto, il motivo di ricorso si sostanzia, per contro, in generiche deduzioni circa il regime giuridico della forma di protezione in esame, nonchè nell’allegazione di circostanze fattuali e di valutazioni di merito.

3.3. Quanto alla misura del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie temporalmente applicabile, nel testo precedente il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, alla fattispecie concreta (Cass. Sez. U., 13/11/2019, nn. 29459, 29460, 29461) – va rilevato che il giudice territoriale ha motivato il diniego di protezione umanitaria, in considerazione del fatto che la narrazione delle vicende che avrebbero determinato l’abbandono del Paese di origine da parte del richiedente non evidenzia situazione alcuna di vulnerabilità personale. Del resto l’accertata non attendibilità della narrazione dei fatti operata dal medesimo, ed il mancato rilievo di una generale situazione socio-politica negativa, nella zona di provenienza, correttamente hanno indotto il Tribunale a denegare la misura in esame (cfr. Cass., 23/02/2018, n. 4455).

Nè l’istante – al di là di generiche dissertazioni relative ai principi giuridici in materia, ed alla riproposizione dei temi di indagine già sottoposti al giudice di merito – ha dedotto di avere allegato, nel giudizio di primo e secondo grado, ulteriori, specifiche, situazioni di vulnerabilità.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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