Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.567 del 14/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30687-2018 proposto da:

SORRISO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMPIERO SECCIA;

– ricorrente –

contro

BANCO BPM SPA, già BANCO POPOLARE SOCIETA’ COOPERATIVA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERENGARIO 10, presso lo studio dell’avvocato PAOLA CECCITETTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MATTEO NOBILI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2445/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 17/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURI TRICOMI.

FATTI DI CAUSA

Sorriso SRL propone ricorso per cassazione con due mezzi avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna in epigrafe indicata. Banco BPM SPA (già Banco Popolare Soc. Coop.) replica con controricorso.

La società, nell’introdurre nel luglio 2008 la controversia in primo grado aveva premesso di aver intrattenuto per anni con il Banco Popolare Soc. Coop. un rapporto di conto corrente; che nel corso del rapporto erano stati applicati interessi, competenze, remunerazioni e costi non concordanti e comunque non dovuti, in particolare interessi superiori al tasso legale e/o ex art. 117 TUB, commissione di massimo scoperto ed altri oneri non validamente pattuiti, capitalizzazione trimestrale degli oneri passivi. Aveva quindi chiesto la condanna della banca alla restituzione delle somme indebitamente addebitate e/o riscosse. La Banca aveva chiesto il rigetto della domanda, sostenendo la legittimità della regolamentazione del rapporto.

Il Tribunale aveva accolto la domanda, previo espletamento di CTU, ed aveva condannato la banca alla restituzione di Euro 81.259,67, oltre interessi dalla domanda.

La Corte felsinea ha respinto i motivi di appello proposti in via principale dalla banca. In particolare, per quanto interessa il presente giudizio, ha disatteso il secondo motivo di appello con il quale la Banca si era doluta che il Tribunale, dopo avere ritenuto nulla la pattuizione del tasso debitore per effetto della relatio ai c.d. usi piazza, aveva proceduto al ricalcolo delle poste in dare e avere del rapporto applicando il tasso legale, invece del tasso di interesse contrattualmente pattuito dalle parti (T.U.S. + cinque punti)-; in particolare, ha confermato la correttezza della decisione impugnata sul punto (fol. 5 della sent. imp.) sulla considerazione che all’esito della CTU era emerso che la banca aveva applicato sempre tassi inferiori a quelli indicati nel contratto, di guisa che si doveva ritenere implicita una rinuncia della banca all’applicazione del tasso debitore contrattualmente pattuito o, quanto meno, una modifica unilaterale del contratto.

A fronte di tale statuizione e della argomentata motivazione, tuttavia il dispositivo reca la condanna della banca a pagare alla società la (minor) somma di Euro 52.131,03= con gli accessori di legge e la condanna della società alla restituzione delle somme già corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado eccedenti tale valore, con gli interessi dalla domanda al saldo.

CONSIDERATO

CHE:

1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di nullità della notificazione del ricorso per cassazione, sollevata dalla controricorrente.

Questa, sulla premessa che il ricorso è stato notificato telematicamente, ha denunciato che la relazione di notifica della L. n. 53 del 1994, ex art. 3 bis, non contiene, in violazione del cit. art. 3 bis, comma 2, nè l’attestazione di conformità della procura – che nella fattispecie era copia di un documento informatico – nè una breve descrizione del file informatico contenente tale procura – disattendendo le modalità previste dal D.M. Giustizia 28 dicembre 2015, art. 1, comma 3.

L’eccezione è infondata in quanto il caso in esame ricade sotto l’applicazione della L. n. 53 del 1994, art. 3, comma 1, e del D.M. Giustizia 16 aprile 2014, art. 19 bis, che concerne la notificazione proprio documenti informatici e non già la “copia informatica di un documento non informatico”, e la notificazione risulta conforme a quanto ivi previsto.

2.1. Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e per violazione e falsa o mancata applicazione dell’art. 161 c.p.c., e art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c., anche in relazione all’art. 115 c.p.c..

La ricorrente lamenta il contrasto tra la parte motiva della sentenza, concernente i criteri di calcolo degli interessi applicati al ricalcolo del rapporto di conto corrente, ed il dispositivo. Evidenzia che la Corte territoriale, nel mentre ha respinto l’appello della banca e confermato la correttezza della decisione di primo grado in merito all’applicazione degli interessi al tasso legale in luogo dell’applicazione del tasso debitore minimo concordato (TUS + cinque punti) sollecitata dalla banca per il ricalcolo dell’indebito, di contro ha poi condannato la società alla restituzione di parte delle somme attribuitele in primo grado, sostanzialmente ricalcolando l’indebito in applicazione del tasso debitore concordato: sostiene, quindi, che non è possibile identificare il procedimento logico posto a base della decisone.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e la violazione degli artt. 117 e 118 TUB, nonchè degli artt. 1284,1346,1418 e 1419 c.c..

La ricorrente si duole che la Corte territoriale, nel dispositivo, abbia erroneamente applicato a tutte le operazioni passive registrate in c/corr. un tasso (TUS +5%) mai addebitato dalla banca nel corso degli anni.

3.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato.

3.2 Va infatti osservato che secondo il costante insegnamento di questa Corte il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione è causa di nullità della sentenza, “quando il provvedimento risulti inidoneo a consentire l’individuazione del concreto comando giudiziale e, conseguentemente, del diritto o bene riconosciuto” (Cass. n. 15990 del 11/07/2014; Cass. n. 26077 del 30/12/2015; Cass. n. 16014 del 27/06/2017).

Nella specie è perciò inoppugnabile la sussistenza del denunciato vizio posto che, mentre la motivazione rigetta l’appello proposto dalla banca in merito al criterio di determinazione dell’interesse passivo da applicare in sede di ricalcolo dell’indebito, il dispositivo implicitamente lo recepisce laddove le somme attribuite alla società a titolo di indebito vengono ridotte, proprio nella misura che sarebbe conseguita all’applicazione del criterio del tasso debitore concordato.

3.3. Il secondo motivo è assorbito a seguito dell’accoglimento del primo.

4. Il ricorso va accolto e, previa cassazione dell’impugnata sentenza, la causa va rinviata avanti al giudice a quo in diversa composizione per il riesane e la statuizione sulle spese.

PQM

– Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito l’altro; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione per il riesame e per le spese.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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