Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.57 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16284/2019 R.G. proposto da:

F.lli B. S.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Adami;

– ricorrente –

contro

Gascom S.r.l. in liquidazione e concordato preventivo, rappresentata e difesa dall’Avv. Andrea Minozzi, con domicilio eletto in Roma, Piazza di Pietra, n. 26, presso lo studio dell’Avv. Daniela Jouvenal Long (studio legale Nunziante Magrone);

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza, n. 783/2018, depositata il 20 marzo 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre 2020 dal Consigliere Emilio Iannello.

RILEVATO IN FATTO

1. Il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’opposizione proposta dalla F.lli B. S.r.l. avverso il decreto ingiuntivo ad essa notificato, su ricorso della Gascom S.r.l., per il pagamento dell’importo di Euro 16.603,28, preteso quale corrispettivo per la fornitura di gas ed energia elettrica.

2. Con ordinanza del 18/3/2019, comunicata in data 27/3/2019, la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., l’appello interposto dalla soccombente.

3. Questa propone quindi ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., con unico mezzo.

Gascom S.r.l. in liquidazione e concordato preventivo resiste con controricorso.

4. Il ricorso è stato avviato alla camera di consiglio non partecipata della sesta sezione civile a seguito di proposta d’inammissibilità del relatore, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’unico motivo di ricorso è così testualmente descritto nella intestazione: “Omessa motivazione circa punti decisivi della controversia: il Giudice di primo grado: 1) non ha dato risposta alle contestazioni di inosservanza delle norme del Codice Civile o del Codice di Rete per la distribuzione del gas, che GASCOM S.r.l. avrebbe dovuto rispettare nella fase di redazione del contratto nonchè di esecuzione del contratto; 2) non ha indicato le norme che la F.lli B. S.r.l. avrebbe dovuto rispettare e che invece avrebbe violato, in merito alla procedura di lettura contatori – autolettura – nonchè comunicazione dati e reclamo, tali da incorrere in decadenza”.

2. Il ricorso si espone a un preliminare e assorbente rilievo di inammissibilità, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto non indica nell’esposizione del fatto il motivo o i motivi dell’appello.

Occorre al riguardo rammentare che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, “il ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 4, ha natura di ricorso ordinario, regolato dall’art. 366 c.p.c. quanto ai requisiti di contenuto-forma, e deve contenere, in relazione al detta norma, n. 3, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, da intendersi come fatti sostanziali e processuali relativi sia al giudizio di primo grado che a quello di appello; ne consegue che nel ricorso la parte è tenuta ad esporre, oltre agli elementi che evidenzino la tempestività dell’appello e ai motivi su cui esso era fondato, le domande e le eccezioni proposte innanzi al giudice di prime cure e non accolte, o rimaste assorbite, trovando applicazione, rispetto al giudizio per cassazione instaurato ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., le previsioni di cui agli artt. 329 e 346 cod. cit., nella misura in cui esse avevano inciso sull’oggetto della devoluzione al giudice di appello” (Cass. 17/04/2014, nn. 8940-8943; cui adde conff. e pluribus Cass. Sez. U. 27/05/2015, n. 10876; 23/12/2016, n. 26936; n. 18623 del 2016; n. 2784 del 2015; n. 26928 del 2018).

In sostanza, la necessità di una compiuta identificazione dell’ambito del giudicato interno derivante dai limiti dell’impugnativa mediante l’appello continua ad esigere, stando alla giurisprudenza su richiamata ed avallata dalle Sezioni Unite di questa Corte, la puntuale indicazione dei motivi di appello, se non pure della motivazione dell’ordinanza di secondo grado, quale contenuto essenziale del ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado (al quale non possono certo considerarsi equipollenti la mera allegazione dell’atto di appello nel fascicolo di parte e il suo richiamo in ricorso tra i documenti allegati).

L’esigenza di una tale riproduzione non è un inutile formalismo, tale da inficiare il diritto di difesa delle parti, o quello al giusto processo, tutelati dagli artt. 24 e 111 Cost., ovvero dall’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata – in uno al protocollo aggiuntivo firmato a Parigi il 20 marzo 1952 – con L. 4 agosto 1955, n. 848, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24 settembre 1955 ed entrata in vigore il 10 ottobre 1955).

Sotto questo profilo, in particolare, giova ribadire che l’onere di indicare i motivi di appello e la motivazione dell’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c. è imposto in modo chiaro e prevedibile (risultando da un indirizzo giurisprudenziale di legittimità ormai consolidato), non è eccessivo per il ricorrente e risulta funzionale al ruolo nomofilattico della Suprema Corte, essendo volto alla verifica in ordine alla mancata formazione di un giudicato interno (Cass. 23/12/2016, n. 26936; 21/11/2017, n. 27550).

Mette conto altresì ancora una volta rammentare che la Corte Europea, con la sua sentenza 15 settembre 2016, in causa Trevisanato c/ Italia, ha riaffermato – perfino riconoscendo l’astratta ammissibilità del pure abrogato sistema del c.d. “filtro a quesiti” per l’accesso in Cassazione – il basilare principio della piena legittimità di un sistema anche rigoroso di requisiti formali per l’accesso in Cassazione e per la redazione dei ricorsi introduttivi: il quale non solo non viola l’art. 6 della Convenzione Europea sui diritti dell’Uomo, ma anzi è funzionale alla tutela del ruolo nomofilattico della Corte di legittimità e quindi al conseguimento dei valori fondamentali, benchè non espressamente codificati nella Convenzione, della certezza del diritto e della buona amministrazione della giustizia; e, solo, dovendo la compresente esigenza di tutela del diritto del singolo trovare un contemperamento, così che ogni soluzione possa superare il consueto vaglio di proporzionalità tra fine perseguito e mezzi impiegati (così, in motivazione, Cass. n. 26936 del 2016, cit.).

Nel caso di specie la società ricorrente omette del tutto di indicare i motivi di gravame.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, rendendosi ultroneo l’esame del motivo che ne è dedotto a fondamento.

Se ne può comunque incidentalmente rilevare, ad abundantiam, la genericità e la direzione meramente fattuale, del tutto eccentrica rispetto al paradigma censorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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