LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –
Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22325-2016 proposto da:
SARA IMMOBILIARE S.r.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio dell’Avvocato DOMENICO SICILIANO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RISCOSSIONE SICILIA S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato PIETRO PATTI giusta procura speciale allegata al controricorso e AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 963/16/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 14/3/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 6/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.
RILEVATO
che:
Sara Immobiliare S.r.L. propone ricorso, illustrato da memoria, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva accolto l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 55/2013 della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente nei confronti dell’agente della riscossione avverso cartella di pagamento relativa a imposta registro 2004-2005;
il Concessionario e l’Agenzia delle entrate resistono con controricorso.
CONSIDERATO
che:
1.1. con unico mezzo si lamenta nullità della sentenza per violazione degli artt. 334 e 327 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., dell’art. 324 c.p.c., avendo la Commissione erroneamente accolto l’appello incidentale tardivamente proposto dall’Agenzia delle entrate, chiamata in giudizio solo in grado di appello dal Concessionario, non costituitosi in primo grado;
1.2. la censura è inammissibile per difetto di interesse;
1.3. la CTR, con la pronuncia impugnata, ha accolto sia l’appello principale del Concessionario, che l’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate ritenendo provata la notifica dell’atto prodromico della cartella impugnata sulla scorta della documentazione prodotta dall’Agenzia delle entrate in secondo grado;
1.4. la ricorrente, nella presente sede, lamenta, tuttavia, unicamente che la CTR abbia dichiarato ammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate, argomentando esclusivamente circa la mancata tempestività della suddetta impugnazione e chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata, sia dichiarata di entrambe le impugnazioni al fine della definitività della sentenza di primo grado;
1.5. nel caso in esame, pertanto, anche laddove sì pervenga a dichiarare inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, rimarrebbe ferma la statuizione circa l’accoglimento dell’appello principale del Concessionario, che non è stato specificamente attinto da alcuna specifica censura con riguardo alla raggiunta prova della notifica del prodromico avviso di accertamento, atteso che su tale circostanza erano basate le difese proposte avverso la cartella impugnata;
1.6. la proposizione di una siffatta domanda da parte della ricorrente in sede di legittimità finisce allora con l’essere diretta ad una pronuncia priva di rilievo pratico perchè in ogni caso la pronuncia di primo grado, che aveva accolto l’impugnazione della cartella esattoriale, non potrebbe essere rimossa stante la definitività dell’accoglimento dell’appello principale, non investito specificamente da alcuna censura nella presente sede;
1.7. di qui, appunto, l’inammissibilità della censura, in applicazione del principio secondo cui l’interesse ad agire, necessario anche ai fini dell’impugnazione del provvedimento giudiziale, va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi pratici sulla decisione adottata (cfr. Cass. nn. 5656/2012, 15353/2010, 13373/2008);
2. l’inammissibilità del motivo preclude l’esame di ogni altra questione;
3. le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle controricorrenti, liquidate, in favore di ciascuna di esse, in misura pari ad Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito in favore dell’Agenzia delle entrate, ed alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti, in favore di Riscossione Sicilia S.p.A.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 6 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021
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