LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –
Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –
Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9885-2017 proposto da:
MEDIOCREDITO ITALIANO SPA ORA INCORPORATA IN INTESA SANPAOLO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE RUSSO;
– ricorrente –
contro
COMUNE SESTO AL REGHENA, elettivamente domiciliato in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO CHIARELLO;
– controricorrente-
avverso la sentenza n. 305/2016 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE, depositata il 12/10/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/10/2020 dal Consigliere Dott.ssa MELE MARIA ELENA.
RITENUTO
che:
La società Mediocredito italiano spa impugnava avanti alla Commissione tributaria provinciale di Pordenone il diniego, da parte del Comune di Sesto al Reghena, del rimborso dell’IMU dalla stessa società versata in relazione ad un immobile concesso in locazione finanziaria, relativamente al periodo di tempo intercorrente tra la risoluzione anticipata del contratto di locazione finanziaria e la restituzione del bene da parte del conduttore, avvenuta solo successivamente.
La CTP respingeva il ricorso con decisione impugnata dalla società avanti alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia-Giulia che rigettava l’appello.
Avverso tale sentenza la società Mediocredito ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo e assistito da memoria.
Il Comune si è costituito depositando controricorso.
CONSIDERATO
che:
Con l’unico motivo di ricorso la contribuente lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 8 e art. 9, comma 1 e della L. n. 147 del 2014, art. 1, comma 672, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la sentenza impugnata non avrebbe riconosciuto che la soggettività passiva IMU dell’utilizzatore dell’immobile concesso in locazione finanziaria perdura sino alla data di riconsegna dell’immobile alla società di leasing.
Il motivo è infondato.
La questione sottoposta all’esame di questa Corte attiene alla individuazione del soggetto passivo dell’IMU relativa ad un bene immobile concesso in locazione finanziaria nell’ipotesi di risoluzione del rapporto contrattuale cui non faccia seguito l’immediata materiale restituzione del bene. Si tratta di stabilire se, ai sensi del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, nel periodo di tempo intercorrente tra la cessazione di efficacia del contratto e la restituzione del bene, la titolarità passiva del rapporto fiscale sorga in capo al locatore, nella qualità di soggetto che ha il possesso del bene, ovvero all’utilizzatore che materialmente ne dispone.
Nella giurisprudenza di questa Corte può oramai ritenersi consolidato l’orientamento secondo il quale dalla data di risoluzione per inadempimento il contratto di leasing cessa, e quindi il locatario non è più da considerarsi soggetto passivo, con la conseguente traslazione dell’obbligo di corrispondere il tributo relativo all’immobile sul proprietario (società di leasing). Ciò che assume rilevanza ai fini dell’IMU, infatti, non è la detenzione materiale del bene, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata, conferendo essa la titolarità di diritti opponibili “erga omnes”, la quale permane fintantochè è in vita il rapporto giuridico, traducendosi invece in mera detenzione senza titolo in seguito al suo venir meno (Cass., Sez. 5, n. 29973 del 2019, Rv. 655919-01, la quale ha analizzato criticamente il diverso orientamento espresso da ultimo da Cass. n. 19166 del 2019, Rv. 654521-01; Sez. 6-5, n. 7227 del 2020; Sez. 6-5, n. 8957 del 2020; Sez. 5-6, n. 14906 del 2020; Sez. 6-5, n. 23914 del 2020).
In sostanza, questa Corte ha ritenuto che è il contratto a determinare la soggettività passiva del rapporto d’imposta in quanto è con esso che il locatario acquista i poteri e le responsabilità che connotano la sua posizione, e non già la disponibilità del bene, sicchè la cessazione dell’originario vincolo giuridico (per scadenza naturale o per risoluzione anticipata) determina il venir meno della soggettività passiva in capo al locatario.
Conferma di tale conclusione si rinviene – come correttamente osservato dal ricorrente – nel D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9 il quale stabilisce la titolarità passiva dell’imposta in capo al locatario anche nel caso di beni “non costruiti” o “in corso di costruzione” che, come tali, non possono essere detenuti. In tale ipotesi è la stipula del contratto, e non la materiale consegna del bene ad individuare il soggetto obbligato al pagamento dell’imposta.
Non ha valore in senso contrario la disciplina in tema di tributo per i servizi indivisibili (TASI) dettata dalla L. n. 147 del 2014, art. 1, comma 672, il quale stabilisce che tale tributo è dovuto dal locatario a decorrere dalla data di stipulazione e per tutta la durata del contratto, e che per durata del contratto di locazione finanziaria deve intendersi il periodo intercorrente dalla data della stipulazione alla data di riconsegna del bene. Tale disposizione, infatti, è applicabile limitatamente al suddetto tributo, non potendo essere analogicamente estesa anche all’IMU, in primo luogo perchè il comma 703 della citata legge precisa che l’istituzione dell’IUC (della quale la TASI è una componente) lascia salva la disciplina per l’applicazione dell’IMU, ed in secondo luogo in ragione della eterogeneità dei rispettivi presupposti applicativi delle imposte in esame.
La CTR si è attenuta al suddetto principio laddove ha affermato che, ai fini della individuazione del soggetto passivo dell’IMU, non ha rilievo la materiale detenzione senza titolo del bene, essendo invece decisiva la sussistenza di un legittimo titolo per la sua detenzione o possesso. Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato.
La novità delle questioni trattate sulle quali la Corte si è espressa di recente e dopo la proposizione del ricorso giustifica la compensazione delle spese del giudizio.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese dell’intero procedimento. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il 20 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021