Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.589 del 15/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7097/2014 R.G. proposto da:

F.L., rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppa Micieli, elettivamente domiciliato in Roma, via G. Vitelleschi, n. 26, presso lo studio dell’avv. Marika Miceli.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale, sezione di Palermo, collegio n. 02, n. 49/2013, pronunciata il 05/10/2009, depositata il 22/01/2013;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 ottobre 2020 dal Consigliere Riccardo Guida.

RILEVATO

che:

con ricorso alla Commissione tributaria di primo grado di Ragusa, F.L. impugnò due cartelle esattoriali emesse dall’ufficio dell’imposte dirette, in seguito dell’iscrizione a ruolo dell’ILOR dovuta dal contribuente, per gli anni 1980-1981, sui redditi derivanti dall’attività di collaboratore dell’impresa familiare del padre F.V. (rappresentante di commercio), assumendo che l’imposta non fosse dovuta in quanto il collaboratore familiare è un lavoratore autonomo, il cui reddito è escluso dalla base imponibile dell’ILOR;

il primo giudice rigettò il ricorso, con decisione riformata dal giudice di secondo grado, che accolse l’appello del contribuente e dichiarò non dovuta l’ILOR iscritta a ruolo per il 1980-1981;

è poi intervenuta la CTC che, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il gravame dell’ufficio, sul presupposto che l’art. 115 t.u.i.r., richiamato dal contribuente a sostegno dell’esenzione d’imposta, non trovasse applicazione nel caso all’esame;

il contribuente ricorre per la cassazione, con tre motivi, illustrati con una memoria, mentre l’Agenzia da depositato atto di costituzione.

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso (“1. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., con riferimento agli artt. 360 c.p.c., n. 4, e art. 360 bis c.p.c., nn. 1 e 2 – inammissibilità dell’impugnazione proposta dall’Ufficio II.DD. avanti alla Commissione Tributaria Centrale”), il ricorrente censura la sentenza impugnata che avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il gravame dell’ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Ragusa (n. 451/02/1989), per difetto d’interesse ad impugnare la stessa decisione, in quanto l’ufficio aveva dichiarato, nel corso del giudizio di secondo grado, “di non resistere all’appello riconoscendo la fondatezza dell’appello del contribuente”, del che aveva dato atto anche il giudice di secondo grado, rilevando (testualmente) che “la controversia si è svuotata di qualsiasi significato.”;

2. con il secondo motivo (“2. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 25, comma 4, e dell’art. 24 Cost., con riferimento all’art. 360, n. 4 – in relazione alla mancata notifica al contribuente dell’impugnazione proposta dall’Ufficio II.DD. avanti alla Commissione Tributaria Centrale”), si censura la sentenza impugnata per non avere rilevato che il gravame dell’ufficio era improcedibile per omessa notifica al contribuente del ricorso alla CTC;

3. con il terzo motivo (“3. Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 115, e del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 36, con riferimento all’art. 360, n. 4 – in relazione all’applicabilità dell’ILOR ai familiari collaboratori che non sono contitolari dell’impresa familiare”), il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere erroneamente negato che il reddito a lui imputabile, quale collaboratore dell’impresa familiare paterna, fosse esente dall’ILOR, ai sensi dell’art. 115 t.u.i.r., come riconosciuto da unanime giurisprudenza di legittimità;

4. il primo motivo è infondato;

4.1. va richiamato l’indirizzo di legittimità (Cass. 29/05/2018, n. 13395), per il quale: “l’interesse ad impugnare, che costituisce una species dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione (Cass. 04/05/2012, n. 6770; Cass. 20/10/2016, n. 21304), e va apprezzato in relazione all’utilità giuridica che può derivare al proponente il gravame dall’eventuale suo accoglimento (Cass.12/04/2013, n. 8934; Cass. 11/07/2014, n. 16016; Cass. 11/09/2015, n. 17969).”;

nella fattispecie, ricorrono i predetti presupposti dell’interesse ad impugnare: primo, perchè l’A.F. era totalmente soccombente nel giudizio d’appello; secondo, perchè l’accoglimento del gravame, da parte della CTC, ha arrecato un’utilità giuridica all’ufficio, che ha visto riconosciuta la propria pretesa fiscale nei confronti del contribuente;

5. il terzo motivo, il cui esame è prioritario rispetto al secondo motivo, è fondato;

5.1. la CTC non si è attenuta all’indirizzo della Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui: “In tema d’imposta locale sui redditi (ILOR), i familiari collaboratori non sono contitolari dell’impresa familiare ed i redditi loro imputati sono redditi di puro lavoro, non assimilabili a quelli d’impresa, con la conseguenza che indipendentemente dalla natura del lavoro stesso, sia esso dipendente, autonomo o equiparato – devono essere esclusi dall’assoggettamento ad ILOR, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 1, comma 2, lett. a), come emendato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 42 del 1980. Pertanto, il T.U., art. 115, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che espressamente prevede detta esclusione, ha valore meramente ricognitivo di una disposizione già emergente dal sistema, col corollario che la sua applicabilità prescinde dalle disposizioni di diritto intertemporale dettate dal D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42, art. 36, con riguardo alle sole disposizioni innovative del citato testo unico.” (Cass. 2/12/2008, n. 28558; in senso conforme: Cass. 30/12/2010, n. 26388; 06/02/2019, n. 3454);

6. il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del terzo;

7. alla stregua di queste considerazioni, accolto il terzo motivo, assorbito il secondo e rigettato il primo, la sentenza è cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento del ricorso introduttivo;

8. si compensano, tra le parti, le spese processuali del merito, comprese quelle del giudizio dinanzi alla CTC, in ragione degli esiti alterni delle pronunce di ciascun grado, mentre quelle del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo;

compensa, tra le parti, le spese processuali dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle entrate a corrispondere al ricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00, a titolo di compenso, Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15% del compenso, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

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