Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.61 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 20498-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.M., M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OVIDIO N. 32, presso lo studio dell’avvocato BRUNO CHIARANTANO, rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE RIJLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4722/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA, depositata il 31/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA CAPRIOLI.

Con sentenza n. 4722/2018 la CTR della Calabria, sez. distaccata di Reggio Calabria, rigettava l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Reggio Calabria con cui era stato accolto il ricorso di M.G. e di M.M. relativo al diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione per i versamenti effettuati con plurime dichiarazioni di successioni ed accoglieva l’appello incidentale dei contribuenti in punto spese.

Il Giudice di appello condivideva il ragionamento seguito dal giudice di primo grado relativamente al momento di decorrenza del diritto alla restituzione individuato nella data di presentazione delle dichiarazioni successive sicchè l’istanza di rimborso doveva ritenersi tempestiva in quanto presentata nei tre anni prescritti dal D.Lgs. n. n. 546 del 1990, art. 42.

Osservava comunque che il diritto alla restituzione di una imposta non dovuta per effetto della natura indebita della prestazione oggetto della domanda andava assoggettata al termine di prescrizione decennale e non già a quello di decadenza prevista dal predetto art. 42.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resistono con controricorso i contribuenti eccependo l’inammissibilità del ricorso.

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1990, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta in particolare che la CTR sarebbe incorsa in un grave errore facendo decorrere il termine perentorio di decadenza non già dal pagamento ma dalla dichiarazione di rettifica effettuata nel 2009 in relazione alla precedente dichiarazione risalente all’anno 2000.

Osserva che il termine triennale sarebbe stato fissato dal legislatore a tutela del pubblico interesse della stabilità dei rapporti.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1990, art. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto un diverso profilo.

L’amministrazione finanziaria critica la decisione nella parte in cui ha ritenuto applicabile la normativa in tema di indebito oggettivo in luogo della normativa speciale stabilita dal D.Lgs. n. 546 del 1990, art. 42.

Nel merito la controversia riguarda la domanda di restituzione di imposte indebitamente versate (successione, registro ed altri tributi minori) in sede di dichiarazione di successione sull’errato presupposto dell’appartenenza al de cuius del 100% dei beni caduti in successione in luogo del 50%.

La richiesta traeva origine da dichiarazioni di rettifica rispetto a quella originaria risalente all’anno 2000, che erano state presentate dal 2001 al 2009.

L’amministrazione rimborsava le somme versate dai contribuenti limitatamente ai tre anni precedenti l’istanza di rimborso (dall’anno 2008 all’anno 2011) non ritenendo che il resto si potesse configurare un evento sopravvenuto in grado di riaprire i termini decadenziali ormai decorsi ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1990, art. 42.

Ritiene il Collegio che relativamente alla problematica introdotta dalla presente causa non vi sia un precedente che abbia affrontato la questione funditus e che pertanto appare opportuno rimettere il procedimento alla sezione V della Corte.

P.Q.M.

rimette la causa alla sezione V della Corte.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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