LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19336/2019 proposto da:
B.M., rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTINA PEROZZI, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 3231/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 10/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
RILEVATO
che:
è stato impugnato da B.M. il provvedimento (decreto) n. 3231/2019 del Tribunale di Ancona, con ricorso fondato su tre motivi e resistito con controricorso dalla parte intimata.
Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla Commissione Territoriale di Ancona il riconoscimento della protezione internazionale.
La domanda veniva respinta dalla detta Commissione con atto notificato in data 14/8/2018.
Impugnata la decisione della Commissione di Ancona con successivo ricorso, quest’ultimo veniva rigettato col provvedimento del Tribunale di Ancona oggetto del ricorso in esame.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
CONSIDERATO
che:
1.- Con il motivo del ricorso si censura la “violazione dell’art. 112 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4”, nonchè difetto di motivazione.
La censura relativa al preteso “difetto di motivazione” non è ammissibile.
Tanto in quanto “il controllo di legittimità sulla motivazione (a seguito della modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012) è possibile nei limiti in cui è denunciabile soltanto l’omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo – alla stregua della detta novella legislativa – esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014).
In relazione alla censura relativa alla mancata traduzione della decisione della Commissione territoriale va osservato quanto segue.
Parte ricorrente non dice, nè specifica e neppure indica dove e quando ha svolto – nel precedente corso del giudizio – la doglianza oggi riportata innanzi a questa Corte.
Nemmeno viene indicato dalla parte ricorrente il (rilevante) dato concernente la dichiarazione di conoscenza della lingua da parte del richiedente svolta innanzi alla Commissione.
Il motivo è, quindi, del tutto inammissibile.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., ed il difetto di motivazione in ordine alla protezione sussidiaria.
Il motivo è contrassegnato da totale assenza del riferimento al parametro normativo processuale alla cui stregua viene svolta la doglianza.
Si lamenta, inoltre ed inammissibilmente, una pretesa “omessa ed insufficiente motivazione”, con formulazione della censura in ordine alla quale non può che richiamarsi il principio giurisprudenziale innanzi già riportato sub 1.
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
3.- Con il terzo motivo la violazione dell’art. 353 c.p.c. e art. 112 c.p.c., in relazione alla mancata concessione della protezione umanitaria.
Il motivo non si raffronta (ed, anzi, elude il confronto) con la esplicita ratio – in punto – del provvedimento gravato.
Quest’ultimo – con motivazione non omessa, nè carente – dà ampiamente conto della impossibilità del riconoscimento della protezione umanitaria.
Dopo aver ripercorso (pp. 7 ss.) le vicende giurisprudenziali susseguenti all’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, L. n. 132 del 2018 e fatto corretta applicazione del dirimente principio di cui all’arresto giurisprudenziale di Cass., Sez. Prima, Sent. 19.2.2019, n. 4890 (“la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina del permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e delle altre disposizioni consequenziali, sostituendola con la previsione di casi speciali di permessi di soggiorno, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della nuova legge. Tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tale ipotesi, all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, farà seguito il rilascio da parte del Questore di un permesso di soggiorno contrassegnato con la dicitura “casi speciali”, soggetto alla disciplina e all’efficacia temporale prevista dall’art. 1, comma 9, di detto D.L.”), ha svolto una specifica disamina relativa al tipo di protezione di cui alla doglianza qui in esame.
Ha, quindi, osservato specificamente, con propria adeguata valutazione (non colta dal motivo), la totale insussistenza di “un giudizio prognostico negativo di elevata vulnerabilità all’esito del rimpatrio”.
Il motivo è, dunque, inammissibile.
4.- Il ricorso è, quindi e nel suo complesso, inammissibile.
5.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo.
6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
PQM
La Corte;
dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione controricorrente della spese del giudizio determinate in e 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021