LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17722/2015 proposto da:
Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Premuda n. 2, presso lo studio dell’avvocato Bombardieri Leandro, rappresentata e difesa dall’avvocato Mangiapane Mario, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Laboratorio di Analisi Cliniche Batteriologiche G.L.
& C. S.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Lo Giudice Davide, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1108/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 03/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 12/11/2020 dal Cons. Dott. MELONI MARINA.
FATTI DI CAUSA
Il Laboratorio di Analisi Cliniche Batteriologiche di G.L. & C. sas notificò decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Agrigento in data 8/4/2008 ad Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento chiedendo il pagamento della somma di Euro 22.451,42 oltre interessi a titolo di corrispettivo per esami clinici e prestazioni effettuate extra budget in regime di convenzionamento eseguite nel mese di *****.
La Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento propose opposizione al decreto ingiuntivo in quanto il credito non era liquido ed esigibile perchè le somme di cui all’ingiunzione superavano il budget assegnato al Laboratorio per l’anno 2007 per le fatturazioni della struttura privata erogante assistenza specialistica in regime di preaccreditamento per conto del Servizio Sanitario Nazionale. Infatti, secondo la ricorrente, la normativa di previsione del pagamento di prestazioni rese oltre il budget, attraverso una operazione di abbattimento considerata dall’appellato nella quantificazione del proprio credito, avrebbe richiesto che solo a fine anno potesse verificarsi – previo conteggio del totale delle prestazioni rese dalla singola struttura accreditata – di quale entità fosse lo “sforamento” del budget e quale dovesse esserne la riduzione.
Il Tribunale di Agrigento rigettò l’opposizione a decreto ingiuntivo e la Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento appellò la sentenza n. 27/2010 davanti alla Corte di Appello di Palermo la quale confermò la sentenza di primo grado.
La Corte territoriale ha motivato rilevando che l’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento non aveva mai contestato la sussistenza del credito, ma soltanto la sua liquidità ed esigibilità. L’Azienda, che nel frattempo aveva pagato la sorte capitale, non aveva richiesto l’accertamento negativo del credito, ma la revoca del decreto perchè emesso in difetto dei requisiti di legge.
Avverso la sentenza n. 1108 del 2014 della Corte di Appello di Palermo propone ricorso per cassazione la Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento affidato ad un motivo. Il Laboratorio di Analisi Cliniche Batteriologiche di G.L. & C. sas resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso la ricorrente Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento denuncia la violazione e falsa applicazione della normativa regolamentare di cui al Decreto Assessoriale 22 novembre 2007, n. 2594 e Decreto Assessoriale 21 aprile 2008, n. 912 e artt. 633 c.p.c. e segg., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado senza considerare che il credito del Laboratorio appellato, sulla base del Decreto Assessoriale 22 novembre 2007, n. 2594 e Decreto Assessoriale 21 aprile 2008, n. 912, non era liquido ed esigibile al momento della emissione del decreto ingiuntivo che pertanto non doveva essere emesso.
La determinazione del credito e la sua esigibilità era condizionata infatti dall’assegnazione del budget intervenuta solo con le note del 20.12.2007 e del 30.5.2008 rispettivamente di fissazione del budget provvisorio e definitivo.
Il giudice di appello, omettendo di verificare la fondatezza della pretesa creditoria attraverso l’esame della documentazione prodotta relativa all’iter di negoziazione-assegnazione del budget, avrebbe fondato il proprio accertamento su di un “calcolo temporale presunto” per un “infondato excursus fattuale e giuridico”.
Il ricorso proposto è inammissibile.
Occorre premettere che in tema di rimborsi per spese sanitarie, la L.R. Sicilia n. 3 del 1991, art. 2, comma 4, demanda a decreti assessoriali l’adozione di limiti di spesa anche per interventi urgenti che siano effettuati tramite l’assistenza indiretta, sicchè l’esistenza di tali limiti costituisce elemento strutturale della normativa.
La previsione di un budget di spesa assegnato alle strutture sanitarie è la risultante di un bilanciamento cui il legislatore ha inteso procedere tra l’esigenza di garantire egualmente a tutti i cittadini e salvaguardare sull’intero territorio nazionale il diritto fondamentale alla salute nella misura più ampia possibile e quella di rendere compatibile la spesa sanitaria con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che è possibile ad essa destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi da realizzare in questo campo.
In particolare nella fattispecie secondo la ricorrente il decreto del 22 novembre 2007 avrebbe previsto per le Aziende sanitarie il divieto di procedere alla liquidazione di fatturazione per prestazioni in extra budget, consentendo alle prime di rendere agli assistiti le prestazioni con tariffe sociali, con importi abbattuti del 60% ed onere per l’assistito che avesse scelto la struttura pari al 40% della tariffa. Il Decreto 21 aprile 2008, n. 912, avrebbe poi disposto che previo abbandono di tutti i contenziosi in corso potevano essere poste a disposizione delle aziende somme finalizzate alla retribuzione di una quota proporzionale delle prestazioni rese in eccedenza.
In forza dell’indicata normativa era stata quindi avviata la procedura di negoziazione del budget per l’anno 2007. Nel corso della procedura vi erano state due distinte determinazioni del budget della struttura, la prima in via provvisoria e la seconda definitiva che ne aveva ridotto l’ammontare ad Euro 139.261,85, entrambe rifiutate dalla struttura. Con nota n. prot. 4717 del 16 giugno 2008 in ragione delle determinazioni assessorili, all’esito di incontro tenuto il 30 maggio 2008, veniva assegnato al laboratorio, che non aveva accettato le condizioni proposte, il budget per l’anno 2007 di Euro 139.261,85 ed un importo per “risorse di sistema”.
la Corte territoriale ha correttamente osservato che il ricorso introduttivo del procedimento monitorio era stato depositato il 18 aprile 2008 ed il decreto era stato emesso in data 9 maggio 2008 e pertanto essendo trascorsi parecchi mesi dalla fine del 2007, a quella data l’Azienda era in possesso dei dati relativi alle prestazioni rese dal laboratorio e quindi avrebbe ben potuto applicare le percentuali di abbattimento finalizzate a quantificare l’extra budget; pertanto il credito doveva ritenersi già all’epoca liquido ed esigibile.
Conseguentemente il ricorso proposto difetta di interesse conformemente a Sez. 1, Ordinanza n. 15224 del 16/07/2020 che in caso analogo tra le stesse parti ha chiarito che: L”opposizione al decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione teso all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso – sicchè la sentenza che decide il giudizio deve accogliere la domanda del creditore istante, rigettando conseguentemente l’opposizione, quante volte abbia a riscontrare che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione. Ne consegue che l’opponente è privo di interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l’opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quando tale condizione, in realtà, sia maturata immediatamente dopo e comunque prima della definizione del giudizio di opposizione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione mediante il quale l’originario opponente si limitava a contestare la sussistenza dei caratteri della liquidità ed esigibilità del credito all’epoca della proposizione della domanda monitoria)”.
In considerazione di quanto sopra il ricorso proposto deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese di giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3000,00 per compensi oltre Euro 200,00 per esborsi e spese generali al 15%, da distrarsi in favore dell’avvocato dichiaratosi antistatario.
Ove dovuto, ricorrono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 12 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021