LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3141/2018 proposto da:
Z.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA N. 27, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DAVIDE PIPERNO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANGELO NIGRETTI;
– ricorrenti –
contro
Ministero dell’Interno e Prefettura di Bari, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ex lege;
– controricorrenti –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, GIA’ EQUITALIA SUD S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1357/2017 del TRIBUNALE di TRANI, depositata il 12/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/07/2020 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
viste le conclusioni scritte depositate dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
RILEVATO
che:
1. Z.N. propone ricorso per cassazione articolato in due motivi contro la sentenza n. 1357 del 2017 depositata il 12.6.2017, non notificata, emessa dal Tribunale di Trani all’esito del giudizio di opposizione a cartella esattoriale introdotto dal ricorrente nei confronti di Agenzia delle Entrate Riscossione e del Prefetto di Bari.
2. – Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno anche per la Prefettura di Bari (il quale costituendosi con tempestivo controricorso ha sanato, per sua stessa dichiarazione, il vizio di notifica del ricorso principale notificato all’Avvocatura distrettuale anzichè all’Avvocatura generale dello Stato).
3. – Il ricorrente assume che:
– nel 2013 proponeva ricorso al Prefetto ex art. 203 C.d.S., avverso una sanzione amministrativa irrogata per violazione del codice stradale, notificando il ricorso alla Prefettura;
– pendente il procedimento amministrativo, Equitalia gli notificava una cartella di pagamento, relativa a quella stessa sanzione, con la quale la concessionaria esigeva per conto della Prefettura di Bari il pagamento di oltre 2000 Euro;
– il sig. Z. proponeva opposizione all’esecuzione, deducendo che la cartella esattoriale non avrebbe potuto essere legittimamente emessa, in quanto non esisteva ancora il titolo per il pagamento, avendo egli proposto tempestivo ricorso dinanzi al prefetto, con definitiva caducazione del verbale quale titolo provvisoriamente dotato di esecutorietà, destinato ad essere sostituito, nel caso del rigetto del ricorso, dalla ordinanza ingiunzione, che la maggiorazione non era dovuta e che la notifica, effettuata a mezzo del servizio postale, fosse invalida;
– il giudice di pace di Trani accoglieva solo in parte l’opposizione, ritenendo non dovuta la maggiorazione irrogata ai sensi della L. n. 689 del 1091, art. 27;
– l’intimato proponeva appello, la Prefettura proponeva appello incidentale e il tribunale, in accoglimento parziale del solo appello incidentale della Prefettura, riformava la sentenza di primo grado, n. 178 del 2015, nella parte in cui aveva dichiarato non dovute le maggiorazioni della L. n. 689 del 1981, ex art. 27, rigettando l’appello principale.
4. Il tribunale riteneva:
– inammissibile nel caso di specie la proposizione della opposizione all’esecuzione, non essendo contestata la mancanza di un titolo che legittimi l’esecuzione quanto l’avvenuta regolare formazione del titolo medesimo;
– che l’opposizione a sanzione amministrativa avrebbe quindi dovuto essere proposta ai sensi della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23 e avrebbe potuto in astratto essere accolta, perchè in pendenza del ricorso al Prefetto non può essere intrapresa alcuna esecuzione;
– che lo Z. non avesse dato comunque la prova di aver effettivamente proposto ricorso al Prefetto.
Accoglieva l’appello incidentale dell’Amministrazione, ripristinando la maggiorazione.
5. La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale non partecipata.
6. Il Procuratore generale ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte, nel senso dell’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
RITENUTO
che:
– con il primo motivo di ricorso lo Z. censura la sentenza per violazione dell’art. 2697 c.c., per aver escluso il tribunale che il ricorrente avesse dato prova della proposizione del ricorso amministrativo al Prefetto, ed afferma che il doc. n. 3 del fascicolo di primo grado era, per l’appunto, il ricorso al Prefetto, depositato unitamente alla prova dell’invio e della ricezione, atti a sospendere l’esecutività del titolo provvisoriamente costituito dal verbale di accertamento della circolazione, in attesa della emissione, eventuale, in caso di rigetto della opposizione, della ordinanza ingiunzione.
Il motivo di ricorso è inammissibile, perchè denuncia la presenza di un vizio revocatorio, ex art. 395 c.p.c., n. 4, in quanto assume che il giudice di primo grado abbia detto inesistente un documento prodotto in giudizio – il ricorso al Prefetto pacificamente esistente nel fascicolo di primo grado e la cui materiale esistenza, ove considerata, avrebbe potuto cambiare gli esiti del giudizio. In effetti, la sentenza impugnata a pag. 3 afferma che “In ogni caso l’opponente non ha dimostrato la proposizione del ricorso al Prefetto, non essendo in atti la prova del deposito del medesimo mediante attestazione della ricezione dell’invio postale effettuato”: quindi non si limita ad affermare genericamente che il ricorrente non abbia provato l’avvenuta proposizione di una tempestiva opposizione a sanzione amministrativa, ma che il documento sul quale si fonda l’allegazione e la prova della avvenuta proposizione (il ricorso amministrativo notificato a mezzo del servizio postale, con allegata la attestazione della ricezione di esso da parte della Prefettura), che il ricorrente sostiene di aver depositato a sostegno della sua opposizione, invece non è presente in atti: l’affermazione integra quindi,non una valutazione sulla mancanza di prova, ma una svista materiale sulla non esistenza di un fatto (l’avvenuto deposito del ricorso al Prefetto), dalla quale trae la conclusione che l’allegazione del ricorrente sulla avvenuta proposizione del ricorso al Prefetto, idonea se suffragata da prove ad escludere la legittimità dell’esecuzione intrapresa dal concessionario (in quanto il verbale di accertamento, opposto, era al momento della emissione della cartella esattoriale privo della necessaria esecutività), è rimasta priva di prove per la materiale mancanza in atti di un documento.
Per questo motivo il mezzo di impugnazione da proporre sarebbe stata la revocazione, da proporsi dinanzi allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (conformemente alla nozione di errore revocatorio recepita da Cass. n. 9637 del 2013: L’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, consistendo in una falsa percezione della realtà, deve sostanziarsi in un’affermazione, positiva o negativa, di un fatto, in contrasto con le evidenze di causa; pertanto, ove il giudice abbia semplicemente ignorato un fatto, omettendo di esaminarne la prova, può configurarsi un vizio di motivazione e non il vizio revocatorio; Cass. n. 26890 del 2019: L’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purchè non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali).
Si aggiunga che, quandanche non si fossero ritenuti sussistenti i presupposti di configurabilità dell’errore revocatorio, il motivo di ricorso sarebbe comunque inammissibile, così come prospettato, perchè esso contesta l’affermazione in fatto sulla consistenza della prova e inoltre, pretende di contestarla affermando che fosse stato prodotto un documento nel corso del giudizio di primo grado, in mancanza di alcuna prova che il fascicolo di parte di primo grado fosse poi stato prodotto anche in grado di appello e che il giudice del provvedimento impugnato abbia in tal modo potuto avere contezza di quella produzione documentale.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 615 c.p.c., comma 1, perchè, in pendenza del ricorso al prefetto la cartella esattoriale deve essere impugnata con l’opposizione all’esecuzione, e non con il ricorso L. n. 689 del 1981, ex artt. 22 e 23, come erroneamente affermato dalla sentenza impugnata, richiamando l’esistenza di un cospicuo orientamento giurisprudenziale anche di legittimità in questo senso.
Essendo il primo motivo inammissibile, il secondo rimane assorbito perchè presuppone l’esistenza di un presupposto in fatto (l’avvenuta proposizione del ricorso amministrativo) la cui esistenza è stata esclusa dalla sentenza impugnata.
Il ricorso deve complessivamente essere rigettato. Attesa la particolarità della fattispecie le spese di giudizio sono compensate.
Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e il ricorrente risulta soccombente, pertanto egli è gravato dall’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 13 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021