LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA PER CORREZIONE ERRORE MATERIALE sul ricorso 34135-2019 proposto da:
NATIONAL BANK OF EGYPT, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA DUSE 35, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO GOMMELLINI, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
POSTE ITALIANE SPA *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE 10, presso lo studio dell’avvocato LUCIO GHIA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLO FELICE GIAMPAOLINO, ARISTIDE POLICE;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 23330/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 19/09/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA PAOLO.
CONSIDERATO
che:
la National Bank of Egypt ha proposto ricorso per la correzione dell’errore materiale indicato come presente nell’ordinanza di questa Corte n. 23330 del 2019;
resiste con controricorso Poste Italiane, s.p.a., che ha depositato altresì, memoria;
RILEVATO
che:
deduceva la ricorrente che l’ordinanza in questione avrebbe disposto, per refuso, decidendo nel merito, la condanna al pagamento di alcuni importi di denaro, oggetto di azione di rivendica, invece che alla specifica restituzione di determinate somme, come sarebbe desumibile dalla parte motiva del provvedimento;
aggiungeva che avrebbe interesse alla correzione poichè l’istituto bancario Unicredit s.p.a., in ragione della menzionata ordinanza di questa Corte aveva negato alla deducente di poter disporre dei fondi giacenti sul proprio conto corrente, a loro volta oggetto di pignoramento presso terzi, da parte di Poste Italiane, estinto dal giudice dell’esecuzione per inidoneità della sentenza della Corte di appello, scrutinata dalla citata ordinanza n. 2333 del 2019, a costituire idoneo titolo esecutivo, con provvedimento opposto dalla pignorante, mediante ricorso a norma dell’art. 617, c.p.c., a seguito del quale il giudice dell’opposizione aveva statuito che la banca continuasse a custodire le somme già staggite, fino a successiva decisione;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che:
il ricorso è inammissibile;
la ricorrente chiede non una correzione di errore materiale ma una modifica dispositiva volta a supportare una particolare interpretazione dell’ordinanza di questa Corte;
è opportuno osservare che, come evidenziato da Poste Italiane, questa Corte, nel provvedimento in parola, ha indicato come una volta ammessa la rivendica di cose fungibili quale il denaro, il giudice di appello aveva errato mancando di trarne le conclusioni e, quindi, di disporre la condanna al pagamento dell’importo presente nel conto corrente al tempo della domanda, non limitandolo alle somme rimaste in giacenza (pagg. 8-9 dell’ordinanza), come confermato dal ripetuto riferimento al “tantundem” inteso come comprensivo dei frutti o proventi nel frattempo maturati (v. pagine seguenti, fino alla pag. 13);
ciò premesso, va ribadito che l’interpretazione del titolo – come in questo caso – esecutivo, spetta al giudice dell’esecuzione, ovvero – in ipotesi – a quello dell’opposizione esecutiva (Cass., 13/06/2018, n. 15538);
ne deriva l’anticipata inammissibilità;
si sottolinea, infine, che nel procedimento di correzione degli errori materiali non è ammessa una pronuncia sulle spese processuali, in quanto la natura ordinatoria e sostanzialmente amministrativa del provvedimento che accoglie o rigetta l’istanza di correzione non consente di riconoscere la presenza dei presupposti richiesti dall’art. 91, c.p.c., che si riferiscono ad un procedimento contenzioso idoneo a determinare una posizione di soccombenza (Cass., 06/11/2019, n. 28610);
dal che deriva anche l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021