LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3977-2019 proposto da:
A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO ZUMMO;
– ricorrente –
Contro
MO.GI., M.P., MO.GI.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1131/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa GRAZIOSI CHIARA.
RILEVATO
che:
Con atto di citazione notificato il 5 luglio 2004 M.G. si opponeva a decreto del Tribunale di Palermo che gli ingiungeva di pagare ad A.A. la somma di Euro 119.918, oltre a Euro 54.949,85 per interessi maturati, nonchè interessi maturandi e spese, in riferimento ad un assegno di 232 milioni di lire che il M. avrebbe emesso a garanzia di un prestito di 280 milioni di lire, di cui avrebbe poi restituito solo 48 milioni. L’opponente adduceva di aver emesso un assegno firmato in bianco, e quindi nullo; inoltre il riempimento dell’assegno sarebbe stato illegittimo perchè compiuto tre anni dopo la emissione. Comunque l’ A. avrebbe dovuto provare il patto di riempimento. L’opponente ricostruiva l’intera vicenda, per concludere escludendo ogni sua debenza.
L’ A. si costituiva, insistendo nella sua domanda monitoriamente introdotta. M.G. decedeva durante il giudizio, per cui gli subentravano gli eredi M.P., Mo.Gi. e Mo.Gi..
Il Tribunale, con sentenza del 2 febbraio 2012, accogliendo l’opposizione revocava il decreto ingiuntivo.
L’ A. proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Palermo rigettava con sentenza del 28 maggio 2018.
L’ A. ha presentato ricorso, da cui gli intimati non si sono difesi.
RITENUTO
che:
Il ricorso si basa su due motivi.
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c. e art. 111 Cost. “in relazione all’art. 360 c.p.c.”, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, cioè in relazione alla validità dell’assegno e alla sussistenza del credito del ricorrente.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. in combinato disposto con gli artt. 1987 e 1988 c.c. “in relazione all’art. 360 c.p.c.” nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla piena validità dell’assegno quale promessa di pagamento.
Entrambe le doglianze, valutabili congiuntamente, introducono ictu oculi censure direttamente fattuali, all’evidente scopo di effettuare una valutazione alternativa del merito, e dunque travalicando i limiti del paradigma disegnato dall’art. 360 c.p.c..
Il ricorso pertanto è inammissibile, non essendovi luogo a pronuncia in ordine alle spese del grado dal momento che gli intimati non si sono difesi.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021
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