LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23899-2019 proposto da:
C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ERNESTO FIORILLO;
– ricorrente –
contro
ARCA ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PADRE PERILLI 54, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA DE JULIO, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE GENTILE ALLETTO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 682/2019 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 28/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 03/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRI GENTI.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente, C.M., ha eseguito un intervento chirurgico alla cataratta in regime di rimborso assicurativo, avendo stipulato con Arca Assicurazioni spa una polizza a copertura di spese da malattia e relative cure.
A seguito dell’intervento ha fatto valere gli obblighi dell’assicuratore che però ha opposto diniego al rimborso, costringendo la ricorrente ad agire in giudizio e ad ottenere sentenza in primo grado del Giudice di pace con cui è stato riconosciuto il diritto dell’assicurata al pagamento dell’indennizzo.
Arca Assicurazioni ha interposto appello, che è stato accolto dal Tribunale, il quale ha ritenuto che la ricorrente non avesse adempiuto alle condizioni di polizza, omettendo di comunicare tutta la documentazione necessaria.
Ricorre la C. con un solo motivo. V’è controricorso della Arca Assicurazioni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
p..- La ratio della decisione impugnata.
Il Tribunale, interpretato il contratto di assicurazione, osserva che è onere dell’assicurato comunicare (e dunque produrre in giudizio) non solo la certificazione dell’intervento, ossia la cartella clinica, ma anche la documentazione che serve a verificare se la patologia che la ha resa necessaria sia insorta prima o dopo la stipula, non essendovi copertura dei fatti anteriori alla conclusione del contratto. Ritiene il Tribunale che a fornire la prova di tale situazione è sufficiente l’allegazione della prescrizione o diagnosi medica, che, secondo il Tribunale, la ricorrente non aveva prodotto in giudizio.
p..- L’unico motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..
La ricorrente ritiene infatti che la diagnosi del medico, di cataratta all’occhio sinistro, era allegata agli atti e si trovava all’interno della cartella clinica, il che significa che il Tribunale ha omesso di considerare un documento che era chiaramente agli atti ed era dirimente.
Il motivo è inammissibile.
Risulta invero chiaramente che la corte di merito ha escluso che il documento, necessario al rimborso, fosse allegato.
A fronte di tale accertamento, se ritenuto dalla parte erroneo, il rimedio da esperire avrebbe dovuto essere quello revocatorio.
Invero, l’errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purchè non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali (Cass. 26890/2019).
La tesi della ricorrente secondo cui il giudizio della corte di merito integra un errore di fatto, non essendosi la corte avveduta della esistenza del documento, che invece era in atti, denuncia quindi un errore la cui soluzione è nel procedimento di revocazione della sentenza impugnata.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 1100,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021