LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 32242-2018 proposti) da:
BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VAL GARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, rappresentata e difesa dagli avvocati FERNANDO PES, FRANCESCA PES;
– ricorrente –
contro
S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato FABIO ORLANDI, rappresentato e difeso dagli avvocati ANDREA SORGENTONE, STEFANO CARBONI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 348/2018 della CORTI? D’APPELLO di CAGLIARI SEZIONE, DISTACCATA di SASSARI, depositata il 26/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA TRICOMI.
RITENUTO
che:
La Banca Nazionale del Lavoro SPA propone ricorso per cassazione con tre mezzi nei confronti di S.S., avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari, in epigrafe indicata, che ha respinto l’appello principale proposto dalla banca ed accolto parzialmente l’appello incidentale proposto da S..
S. ha replicato con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
L’originaria controversia era stata introdotta da S., che aveva agito nei confronti della banca per ottenere l’accertamento della nullità e/o dell’assenza di titolo di alcune poste contabilizzate in dare nei conti intrattenuti (alcuni ancora aperti), con riferimento ai quali aveva formulato domanda di ripetizione dell’indebito. La banca aveva proposto domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna del titolare al pagamento dei crediti derivanti dal conto anticipi n. ***** e del conto insoluti n. *****, sia per capitale che per interessi, relativi a somme anticipate al cliente in ragione di aperture di credito, sia per la voce di capitale che per gli interessi.
Entrambe le domande erano state respinte in primo grado.
In sede di gravame, la Corte territoriale ha rigettato l’appello proposto dalla banca ed ha accolto invece parzialmente l’appello di S..
Quanto all’appello della banca, la Corte di appello ha affermato che questa non aveva assolto l’onere probatorio a suo carico. Segnatamente ha ritenuto non sufficiente la produzione degli estratti conto, in assenza della prova del necessario collegamento tra il contratto di conto corrente (scritto) di cui non vi era prova – dal quale desumere l’indicazione specifica delle condizioni economiche regolanti anche l’apertura di credito – e le aperture di credito asseritamente concesse, rispetto alla quale la domanda di pagamento era stata avanzata e che non risultavano assistite dalla forma scritta.
Quanto all’appello del cliente, innanzi tutto la Corte di appello ha respinto la domanda di ripetizione dell’indebito formulata da S. perchè, pur essendo fondata sulla contestazione delle voci passive contabilizzate negli estratti conto, era priva di qualsiasi allegazione probatoria – di cui questi era onerato nella qualità di attore – circa le condizioni la natura del tasso debitore/creditore da conteggiare (legale, convenzionale, sostitutivo ex art. 117 TUB) nonchè delle competenze e spese afferenti i diversi rapporti bancari concretamente gravitanti sul conto corrente. Ha ritenuto tuttavia di poter attribuire autonoma rilevanza alla domanda di accertamento dell’illegittimità di alcune poste passive e, segnatamente, ha dichiarato la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale per il contrasto con il divieto di anatocismo e la nullità della commissione di massimo scoperto applicate dalla banca ai conti correnti nn. *****, la cui concreta applicazione era evincibile dall’esame degli estratti conto prodotti.
CONSIDERATO
che:
1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 127, e dell’art. 2697 c.c.; la nullità del procedimento; la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.; in subordine, la violazione anche dell’art. 101 c.p.c., comma 2.
La ricorrente sostiene che la Corte territoriale avrebbe respinto l’appello proposto dalla banca sul presupposto della nullità totale dei contratti, mai allegata dal S. legittimato all’eccezione, che aveva denunciato la mancanza di condizioni valide per il governo dei rapporti in essere e, quindi, nullità parziali ex art. 1419 c.c.. Sostiene, quindi che tale nullità dei contratti D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 127, n. 3 – ratione temporis – non poteva essere rilevata d’ufficio, trattandosi di nullità relativa, poichè solo dal 1/1/2011, a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. n. 141 del 2010, è stato consentito il rilievo d’ufficio della nullità assurta a “nullità di protezione” estesa a tutti i rapporti bancari (e non solo a quelli riguardanti i consumatori).
1.2. Con il secondo motivo si denuncia la nullità del procedimento; la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; la violazione degli artt. 2697 e 2702 c.c.
La ricorrente individua due rationes decidendi poste a fondamento del rigetto e le contesta.
La prima – riferita alla mancanza delle informazioni economiche che governavano il rapporto – è criticata sulla considerazione che le somme erogate sul conto principale a seguito dell’apertura di credito ed annotate a debito sul conto tecnico, costituivano capitale, di guisa che dette informazioni non risultavano decisive ed il rigetto avrebbe potuto e dovuto riguardare solo eventualmente la contestuale richiesta avanzata dalla banca in merito gli accessori, e non quella riferita al capitale.
La seconda è conseguenziale al ravvisato difetto di prova circa il collegamento tra il contratto di conto corrente e le aperture di credito.
1.3. Con il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell’art. 2967 c.c., in relazione all’accoglimento parziale dell’appello incidentale proposto da S..
A parere della ricorrente la Corte di appello avrebbe pronunciato la illegittimità delle clausole di capitalizzazione trimestrale e di commissione di massimo scoperto per motivi diversi da quelli allegati dalla parte in violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la parte contestato la mancata sottoscrizione delle clausole ovvero la loro indeterminatezza, ma non la mancanza di causa; la Corte territoriale avrebbe, inoltre, violato l’art. 115 c.p.c. e l’art. 2967 c.c. per avere dichiarato la nullità di dette clausole contrattuali senza ottenere prova del loro contenuto, in ragione dell’omessa produzione dei contratti da parte dell’attore S..
2. La Corte, visto l’art. 380 bis c.p.c., u.c., ritenendo che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1) e 5), rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.
P.Q.M.
La Corte, visto l’art. 380 bis c.p.c., u.c., rimette la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione civile.
Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021