LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. VARRONE Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20837/2019 proposto da:
B.M., rappresentato e difeso, giusta delega in calce al ricorso, dall’avvocato GIUSEPPE BRIGANTI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. 6988/2019 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 28/05/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIMO ORICCHIO.
RILEVATO
che:
è stato impugnato da B.M. il Decreto n. 6988 del 2019, del Tribunale di Ancona con ricorso fondato su cinque motivi e non resistito con controricorso dalla parte intimata.
Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla competente Commissione Territoriale il riconoscimento della protezione internazionale.
La domanda veniva rigettata.
La decisione della detta Commissione veniva impugnata con successivo ricorso, rigettato col succitato e gravato provvedimento del Tribunale.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
Parte ricorrente ha depositato memoria termine.
CONSIDERATO
che:
1.- Col primo motivo del ricorso viene dedotta la nullità dell’impugnato decreto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
Parte ricorrente si rifà alla nota decisione di Cass. S.U. n. 8053/2014.
Ebbene, proprio a tenore di detta sentenza della Sezioni Unite di questa Corte, il motivo proposto non può che essere respinto.
Con la suddetta decisione delle S.U. – giova qui ribadire – è stato affermato il principio che, a seguito della novella legislativa dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è annullabile solo la sentenza che, “esclusa qualunque rilevanza di semplice difetto di motivazione,….(sostanzi) una anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” ovvero consistente in mancanza assoluta di motivi, contrasto irriducibile e inconciliabilità di affermazioni, perplessità ed incomprensibilità”.
Nulla di tutto ciò è, invece, rinvenibile nella motivazione della decisione oggetto di ricorso.
La gravata denunzia risulta, difatti, correttamente ed ampiamente motivata.
Essa non si espone a censura alcuna di mera apparenza o inesistenza o irriducibile contrasto della sua parte motiva.
Il motivo è, dunque, inammissibile.
2.- Con il secondo motivo viene prospettato, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione.
Si lamenta la mancata valutazione della “situazione socio economica del paese in rapporti specifico alla vicenda del richiedente”.
Il motivo è inammissibile per le medesime ragioni già esposte sub 1.
Nè questa Corte può sostituire una propria valutazione di merito autonoma ed ulteriore rispetto a quella già svolta dal Giudice del fatto nell’ambito delle prerogative dalla legge attribuite ad esso.
3.- Il terzo motivo prospetta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di norme di diritto.
La deduzione, strumentalmente effettuata col motivo qui in esame, di violazione di legge è inammissibile poichè non si confronta con la ratio della decisione gravata che poggia su una valutazione di merito (non più riesaminabile in questa sede) di irrilevanza dei fatti narrati dal ricorrente e di sostanziale non credibilità della di lui narrazione.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
4.- Con il quarto motivo di deduce la violazione o falsa applicazione delle norme della Convenzione EDU, nonchè dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea e dell’art. 46 della Direttiva Europea n. 2013/32.
Motivo, apertamente dichiarato come “connesso sia sotto il profilo logico che giuridico con il precedente”, va dichiarato anch’esso inammissibile, oltre che per le ragioni innanzi già esposte per le seguenti ulteriori considerazioni.
Il motivo qui in esame non coglie, comunque, la ratio del provvedimento per cui è ricorso per cassazione.
La decisione impugnata ha – con specifiche, argomentate ed esaustive motivazioni – dato conto dell’insussistenza dei requisiti per il riconoscimento di quanto chiesto dal ricorrente.
Tanto affrontando ogni aspetto della questione e, quindi, l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, della protezione sussidiaria o del soggiorno per motivi umanitari.
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
5.- Con il quinto motivo si eccepisce la nullità del decreto impugnato per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, nonchè in subordine omesso esame e violazione di norme di diritto.
Parte ricorrente, dopo unga lunga serie di “rilevato” e “ritenuto” con considerazioni varie nella parte illustrativa del motivo qui in esame, svolge – in sostanza – la seguente doglianza.
Il gravato provvedimento – secondo parte ricorrente – avrebbe omesso la propria dovuta motivazione in ordine “al lungo percorso migratorio iniziato dal minore (ricorrente), al periodo di permanenza del medesimo in altri stati” e, quindi, “alla configurabilità, nel caso di specie, di effettivo radicamento” in altro stato.
Tuttavia, tanto esposto, parte ricorrente – non senza intrinseca contraddizione del suo prospettare – ipotizza di “poter ritenere sussistere la motivazione”, ma poi conclude comunque per la configurabilità, nella fattispecie, del vizio di “violazione e/o falsa applicazione delle norme di legge” invocate.
Il motivo tuttavia non è ammissibile.
Tanto in quanto parte ricorrente, in mancanza di ossequio all’onere di allegazione in dipendenza del noto principio di autosufficienza (ex plurimis: Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008, n. 28547), nulla dice ed adduce al fine impedire la configurazione dell’odierna doglianza come questione nuova e non affrontata in precedenza nel giudizio.
In ogni caso la censura è inammissibile poichè, prospettando una propria individuale ricostruzione della fattispecie, evita accuratamente di confrontarsi con le specifiche argomentazioni cui ha fatto ricorso il Tribunale al fine di respingere le istanze di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione internazionale e del permesso per motivi umanitari.
E tutto ciò, in particolare, con riferimento alla specifica affermazione di cui nella motivazione del provvedimento gravato ove si dice che “restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata e di giustizia comune” i paventati pericoli addotti dal ricorrente, con “insussistenza di una situazione di pericolo direttamente riferibile alla situazione generale del paese”.
Va, pertanto, ritenuta l’inammissibilità del motivo.
5.- Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato, nel suo complesso, inammissibile.
6.- Nulla va statuito per le spese, non risultando la rituale costituzione della parte intimata.
7.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
PQM
La Corte;
dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021