Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.692 del 18/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1639/2015 proposto da:

B.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AGRIGENTO 17, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICOLO’, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBERICO II 13, presso lo studio dell’avvocato MARIA CECILIA FELSANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ISIDE STORACE;

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

*****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato FILIPPO MANGIAPANE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 128/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 08/11/2014 R.G.N. 537/2014.

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Catanzaro, ritenuto il decreto emesso dal Tribunale di Paola all’esito del rito camerale, avente la natura di sentenza, ha confermato la decisione del primo giudice che, in relazione alla domanda volta ad ottenere l’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità proposta da F.M., coniuge divorziato di Fr.Fa. deceduto e coniugato in seconde nozze con B.P., aveva determinato nella misura del 60% la quota spettante alla F. e la restante parte alla B.. La Corte, in accoglimento del ricorso incidentale, ha poi condannato l’Inps a corrispondere i ratei arretrati alla F. a far data dal mese successivo al decesso del Fr..

La Corte, richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 419/1999 e ritenuto che i criteri equitativi avevano carattere integrativo e che rentità dell’assegno divorzile non rappresentava comunque un limite legale della quota spettante all’ex coniuge, ha osservato che la F. era stata sposata circa 39 anni e la B. 12 anni restando modesta una breve convivenza more uxorio; che la F. era quasi ottantenne e la B. più giovane di 12 anni; che la F. godeva di una situazione patrimoniale migliore (titolare di due appartamenti e di un reddito autonomo modesto e la B. proprietaria di un immobile ed accollatasi un mutuo).

Secondo la Corte valutati tali elementi e la durata dei matrimoni, ha ritenuto congrua la ripartizione stabilita dal Tribunale.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso B.P.. Resistono l’Inps e la F..

RITENUTO IN DIRITTO

3. La ricorrente censura la sentenza (per omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, violazione ed errata applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., nn. 2, 3, 4, 5) in quanto la Corte non aveva tenuto conto dell’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso essendo stato seguito dal Tribunale il rito camerale conclusosi con decreto e non, invece, il rito ordinario da concludersi con sentenza, nè la Corte aveva rilevato che competente era il giudice del lavoro.

Censura, inoltre la sentenza per aver riconosciuto valore di sentenza al decreto del Tribunale con violazione del diritto di difesa.

4. Il motivo è infondato. E’ ben vero che la decisione giudiziale riguardante la ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato e il coniuge superstite al momento del decesso deve essere resa, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, nel testo vigente, con sentenza” il provvedimento assunto dal giudice, come avvenuto nella fattispecie, con decreto conserva, tuttavia, la natura e il valore di sentenza. In tal senso va, richiamato quanto affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 8734/2009) secondo cui “La decisione giudiziale riguardante la ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato e il coniuge superstite al momento del decesso deve essere resa, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, nel testo vigente, con sentenza. Ne consegue che il provvedimento assunto dal giudice di secondo grado con decreto conserva la natura e il valore di sentenza, e può essere impugnato con ricorso per cassazione per vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40).

Non è, dunque, censurabile la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto aver. natura sostanziale di sentenza il provvedimento adottato dal Tribunale di Paola in forma di decreto.

5. Va, altresì, rilevato che nessuna concreta limitazione del diritto di difesa risulta, inoltre, individuata dalla B. o l’esistenza di ragioni che non aveva potuto far valere, e dunque, anche sotto tale profilo il ricorso è infondato. La ricorrente si è limitata a denunciare solo una generica ed ipotetica lesione derivante dalla circostanza che il decreto non richiede una motivazione analitica e dettagliata e che i termini per l’impugnazione del decreto sono diversi, senza tuttavia indicare in concreto quali lesioni abbia subito.

6. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare, a favore di ciascuno dei controricorrenti, le spese processuali liquidate come in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate a favore di ciascuno dei controricorrenti in Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali e accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

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