LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BLASUTTO Daniela – Presidente –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7797/2017 proposto da:
A.C., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati LUCA VERGA, MARCO MAINETTI.
– ricorrente –
contro
AZIENDA MULTISERVIZI COMUNALI A.M.S.C. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati MARCO MONTE, LUCA BAROLI, ROBERTO AVENTI.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1012/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 16/09/2016 R.G.N. 460/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/09/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
CHE 1. Il Tribunale di Busto Arsizio, con la pronuncia n. 403 del 2013, ha dichiarato la sussistenza, tra A.C. e la Azienda Multiservizi Comunale AMSC spa, di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, avente decorrenza dall’1.4.2006, data della stipula, tra la AMSC spa e la A&Emme Software di A.C., del primo contratto di collaborazione per consulenza continuativa in materia di gestione informatica. Il medesimo Tribunale ha, altresì, ordinato la riammissione in servizio del lavoratore con inquadramento nel 7 livello CCNL Acqua e Gas e, conseguentemente, ha condannato la società al pagamento delle retribuzioni e dei contributi – al minimo del CCNL – a far data dall’1.1.2012 (data di interruzione del rapporto) fino alla riammissione in servizio.
2. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 1012 del 2016, in riforma della gravata decisione, ha rigettato la originaria domanda proposta da A.C., condannando quest’ultimo alla restituzione delle somme già percepite e al pagamento delle spese di lite.
3. I giudici di seconde cure, in sintesi e per quello che interessa in questa sede, hanno ritenuto che le emergenze processuali non fossero idonee ai fini del riconoscimento di un rapporto di lavoro di natura subordinata intercorso tra le parti.
4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione A.C. affidato a quattro motivi, illustrati con memoria, cui ha resistito con controricorso l’Azienda Multiservizi Comunali AMCS spa.
5. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.
CONSIDERATO
Che:
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alle seguenti circostanze: a) la sua sottoposizione al potere disciplinare del datore di lavoro, come espressamente previsto all’atto della consegna all’ A. del personale computer aziendale, nonchè in sede di accesso alle postazioni hardware e software aziendali; b) lo stabile inserimento del lavoratore nella organizzazione aziendale di AMSC, come risultava dall’organigramma aziendale che specificava la natura interna del Servizio Informativo cui era a capo esso ricorrente e dalla espressa affermazione resa in tali sensi dalla società nei propri atti processuali, nonchè dal fatto di essere subentrato al dipendente S.L. nello svolgimento della medesima attività; c) la sottoposizione dell’ A. a direttive aventi ad oggetto l’invio del ricorrente a corsi di aggiornamento professionale; d) il fatto che l’azienda, a differenza di altri incarichi e servizi qualificati come esterni, aveva indicato espressamente come interno il Servizio Informativo, cui egli era preposto, con assegnazione di un ufficio personale identificato da targa “Rag. A.C. Capo Servizio Informativo”; e) il fatto che esso ricorrente era subentrato nelle medesime mansioni precedentemente dispiegate da altro lavoratore dipendente.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione ai fatti storici risultanti dagli atti del processo, indicativi di elementi sussidiari per la qualificazione del rapporto in termini di lavoro subordinato, da valutare congiuntamente in una visione di sintesi, anche in unione con i fatti esposti come oggetto del primo motivo. Essi sono: l’espressa qualificazione del Servizio informativo aziendale quale servizio interno ad AMSC, ove non considerato rilevante come fatto di eterodirezione; l’attribuzione all’ A. di ogni bene strumentale relativo all’esercizio dell’attività lavorativa; la percezione di una retribuzione mensile costante, anche in relazione ai periodi in cui l’ A. godeva di giornate di ferie; l’invio dell’ A. a corsi di aggiornamento professionale, ove non fosse ritenuto elemento di per sè dimostrativo di direttiva aziendale rilevante ai sensi del primo motivo di impugnazione; l’inserimento dell’ A. nell’organizzazione aziendale, per come emergeva dal fatto che gli acquisti relativi a beni di consumo e componenti materiche e strumentali utilizzate nell’attività svolta dal Servizio Informativo aziendale di AMSC venivano decisi dall’ A., che provvedeva altresì a gestire i rapporti con i fornitori di AMSC; l’inserimento dell’ A. nell’organizzazione aziendale, per come emergeva dalla sua partecipazione ad ogni riunione di AMSC in cui venivano prese decisioni che coinvolgevano il Servizio Informativo aziendale; la designazione dell’ A. come referente aziendale del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti SISTRI.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla proposta di rinnovo contrattuale rivolta all’ A. dall’azienda per l’anno 2012, con espressa previsione di rinuncia alla garanzia prevista dall’art. 2113 c.c..
5. Con il quarto motivo si sostiene la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2094 c.c., per avere il giudice di merito ritenuto la naturale incompatibilità di un rapporto di lavoro subordinato con lo svolgimento di attività lavorativa ulteriore, sotto il profilo della reiterazione di un orario costante, così violando le disposizioni in tema di rapporto di lavoro di natura subordinata che non richiedono la esclusività della prestazione.
6. I primi tre motivi, che per la loro interferenza possono essere esaminati congiuntamente, non sono fondati.
7. I vizi denunciati, ad essi sottesi, sono quelli previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
8. E’ opportuno precisare che il sindacato ai sensi di tale disposizione, nella sua nuova formulazione applicabile ratione temporis per la pubblicazione della sentenza impugnata in data posteriore (16.9.2014) al trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, di conversione del decreto n. 83 del 2012 (12.9.2012) secondo la previsione dell’art. 54 comma 3 del D.L. citato, coinvolge l’esame di un vizio specifico, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, qualora esaminato, sia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (per tutte Cass. n. 8053 del 2014).
9. Esula dal perimetro di operatività dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’attività valutativa delle prove, che si sostanzia in un accertamento di fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6288 del 2011).
10. Inoltre, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 19881 del 2014).
11. Orbene, osserva il Collegio che le doglianze di cui ai motivi scrutinati non meritano accoglimento sia perchè intese alla sollecitazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, con riferimento per esempio, a circostanze apprezzate e ritenute irrilevanti, quali la concertazione delle ferie, il coordinamento di lavoratori ritenuto occasionale, la targa apposta sulla porta dell’ufficio assegnato all’ A., sia perchè, con riferimento agli altri elementi specificati, essi non si rivelano decisivi nei sensi sopra indicati.
12. Infatti, la ratio decidendi della gravata sentenza è fondata, essenzialmente, sul rilevato difetto di prova della eterodirezione, consistente nell’indefettibile assoggettamento al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, con conseguente limitazione dell’autonomia del lavoratore.
13. Nell’analisi compiuta a tal fine, con particolare riguardo al potere disciplinare, va sottolineato che la Corte di merito correttamente ha avuto riguardo all’aspetto funzionale del rapporto e non a quello genetico, risultante dal dato letterale del contratto.
14. Invero, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro, la prolungata esecuzione ed il nomen iuris, pur essendo elementi necessari di valutazione, non costituiscono fattori assorbenti, occorrendo dare prevalenza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro (Cass. n. 4884 del 2018).
15. La eterodirezione è stata, quindi, ritenuta assente nell’articolazione effettiva e concreta del rapporto lavorativo instaurato tra le parti, il quale è stato considerato una collaborazione paritaria senza vincolo di subordinazione: sotto questo profilo è stata evidenziata, dalla Corte Territoriale, proprio per avvalorare tale assunto, la mancanza di richieste di permessi o di ferie ovvero l’assegnazione di un badge.
16. Le circostanze denunciate nei motivi come non esaminate, quindi, comunque non possono incidere sull’esito della decisione basata su un accertamento, di esclusiva spettanza del giudice di merito, di altre risultanze che non hanno consentito, a parere dei giudici di seconde cure, di intercettare in capo al datore di lavoro alcuna manifestazione del potere direttivo e di ingerenza nella esecuzione della prestazione dell’ A..
17. Anche il quarto motivo è infondato.
18. La Corte territoriale non ha ritenuto, come sostiene invece il ricorrente, che la non esclusività del rapporto lavorativo tra l’ A. e la AMSC spa fosse incompatibile con la natura subordinata di un rapporto di lavoro, ma ha reputato tale elemento, unitamente a quello formale relativo alla sigla del contratto stipulato da parte della A&Emme Software e agli altri considerati neutri, un indice sintomatico di una prestazione incompatibile, nella fattispecie in esame, con il vincolo della subordinazione.
19. Non vi è, pertanto, alcun contrasto con i principi secondo cui la natura subordinata può ravvisarsi anche in presenza di prestazioni discontinue e non esclusive, ma vi è stata una valutazione di elementi di fatto che, nello specifico, hanno avvalorato il contesto probatorio ritenuto insufficiente ai fini di dimostrare il presupposto della eterodirezione.
20. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
21. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
22. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.250,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 17 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021