Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.715 del 18/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16774 – 2019 R.G. proposto da:

D.D.A., – c.f. ***** -;

C.M., – c.f. ***** -;

R.G., – c.f. ***** -;

B.F.G., – c.f. ***** -;

CA.AN., – c.f. ***** -;

RA.AN., – c.f. ***** -;

N.P., – c.f. ***** -;

D.S.M., – c.f. ***** -;

G.N., – c.f. ***** -;

V.S., – c.f. ***** -;

CI.EG., – c.f. ***** -;

D.L.V., – c.f. ***** -;

RU.VI.; – c.f. ***** -;

S.D.; – c.f. ***** -;

SO.RA.; – c.f. ***** -;

M.G.; – c.f. ***** -;

D’.NI., – c.f. ***** -;

NI.AN.; – c.f. ***** -;

RU.AL.; – c.f. ***** -;

I.S.; – c.f. ***** -;

D.C.P. – c.f. ***** -;

MA.VI.; – c.f. ***** -;

elettivamente domiciliati, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Napoli, al Centro Direzionale, Ed. Gl, via G. Porzio, presso lo studio dell’avvocato Maria Ferrante che li rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.

– ricorrenti –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA, – c.f. *****, – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.

– controricorrente –

avverso il decreto dei 25.6/29.11.2018 della Corte d’Appello di Perugia;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 ottobre 2020 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex L. n. 89 del 2001, alla Corte d’Appello di Perugia D.D.A., C.M., R.G., B.F.G., Ca.An., Ra.An., N.P., D.S.M., G.N., V.S., Ci.Eg., D.L.V., Ru.Vi., S.D., So.Ra., M.G., D’.Ni., Ni.An., Ru.Al., I.S., D.C.P. e Ma.Vi. si dolevano per l’eccessiva durata dei giudizi, del pari ex lege “Pinto”, da essi intrapresi dinanzi alla Corte d’Appello di Perugia e definiti, previa riunione, dalla corte umbra con decreto di accoglimento del 12.7.2017.

Chiedevano che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponder loro equo indennizzo.

2. Con decreto dei 27/29.3.2018 il consigliere designato ingiungeva al Ministero della Giustizia di pagare a ciascun ricorrente la somma di Euro 1.416,00, oltre interessi; ingiungeva altresì al Ministero della Giustizia di pagare all’avvocato anticipatario dei ricorrenti le spese di lite, liquidate in Euro 390,00, oltre rimborso forfetario, i.v.a. e cassa.

3. I ricorrenti suindicati proponevano opposizione.

Resisteva il Ministero della Giustizia.

4. Con decreto dei 25.6/29.11.2018 la Corte d’Appello di Perugia rigettava l’opposizione e condannava in solido i ricorrenti a pagare al Ministero le spese del giudizio di opposizione.

Esplicitava la corte, in ordine al motivo di opposizione con cui era stata censurata la liquidazione delle spese della fase monitoria, che doveva reputarsi corretta la determinazione delle competenze sulla scorta delle indicazioni, da applicare analogicamente, riguardanti i procedimenti monitori; che pur la quantificazione dei compensi doveva reputarsi adeguata in considerazione della particolare semplicità dell’opera professionale prestata e delle questioni giuridiche trattate; che si giustificava l’aumento del 20% in considerazione della pluralità dei ricorrenti.

5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso i ricorrenti indicati in epigrafe; ne hanno chiesto sulla scorta di cinque motivi, variamente articolati, la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese.

Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese del giudizio di legittimità.

6. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di parziale manifesta fondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. I ricorrenti hanno depositato memoria.

8. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Deducono che la Corte di Perugia, in merito alla liquidazione delle spese della fase monitoria, ha statuito unicamente in ordine al secondo motivo di opposizione, con cui era stata censurata l’applicazione della tabella relativa ai procedimenti monitori e prefigurata viceversa l’applicabilità della tabella relativa ai procedimenti in camera di consiglio.

9. Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

10. Non sussiste il vizio di omessa pronuncia.

Invero la Corte di Perugia, per un verso, ha opinato per l’applicabilità in via analogica della tabella n. 8 – “procedimenti monitori” – allegata al D.M. n. 55 del 2014; per altro verso, ha espressamente escluso l’applicabilità dei parametri – invocati dagli opponenti – riferibili al giudizio ordinario dinanzi alla corte d’appello; per altro verso ancora, ha ritenuto adeguata, ovvero non inferiore ai “minimi”, la quantificazione del compenso operata dal consigliere designato per la fase “monocratica”.

In tal guisa la corte di merito ha – quanto meno implicitamente – respinto ogni ulteriore motivo di opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter.

Ovviamente soccorre l’insegnamento di questa Corte secondo cui non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (cfr. Cass. (ord.) 13.8.2018, n. 20718; Cass. (ord.) 6.12.2017, n. 29191).

11. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti; la motivazione apparente, tautologica ed apodittica.

Deducono che la corte distrettuale ne ha dato conto delle ragioni per cui ha reputato applicabile la tabella relativa ai procedimenti monitori nè ha esplicitato i criteri sulla cui scorta si giustifica la quantificazione del compenso in Euro 390,00.

Deducono che, alla stregua della tabella per i procedimenti ordinari dinanzi alla corte d’appello ed in rapporto allo scaglione di riferimento (Euro 52.000,01 – Euro 260.000,00), il compenso minimo, per la fase monitoria, sarebbe stato pari ad Euro 7.642,00, da aumentare ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2.

12. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione di legge; invocano l’applicabilità della tabella relativa ai procedimenti ordinari innanzi alla corte d’appello ai fini della liquidazione delle spese della fase monitoria.

Deducono che il giudizio ex lege “Pinto” è un procedimento contenzioso azionato con le forme del rito camerale.

Deducono quindi che il giudizio ex lege “Pinto” a vario titolo non è equiparabile ad un procedimento monitorio, sicchè non è applicabile la tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014, per i procedimenti monitori.

13. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4; la violazione dei minimi tariffari.

Deducono che la corte territoriale, alla luce della tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014, per i procedimenti ordinari dinanzi alla corte d’appello ed in rapporto allo scaglione di riferimento (Euro 52.000,01 – Euro 260.000,00), ha liquidato i compensi della fase monitoria in misura inferiore ai minimi.

14. Con il quinto motivo – esperito in via subordinata – i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., e del D.M. n. 55 del 2014, art. 4; la violazione dei minimi tariffari pur in ipotesi di applicazione della tabella relativa ai procedimenti monitori.

Deducono che, pur a tener conto della tabella relativa ai procedimenti monitori, alla stregua dello scaglione di riferimento (Euro 52.000,01 – Euro 260.000,00), il compenso minimo, comprensivo del rimborso forfetario, per la fase monitoria sarebbe stato pari ad Euro 1.228,20, da aumentare ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2.

15. La sostanziale identità o quanto meno la pregnante correlazione delle argomentazioni e dei rilievi che la delibazione del secondo, del terzo, del quarto e del quinto motivo di ricorso postula e sollecita, ne giustifica senz’altro la disamina contestuale.

In ogni caso il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono destituiti di fondamento e vanno respinti; il quinto motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento nei termini che seguono.

16. L’affermata applicabilità in via analogica delle indicazioni riguardanti i procedimenti per decreto ingiuntivo ed, in sostanza, l’applicazione della tabella n. 8 – “procedimenti monitori” – allegata al D.M. n. 55 del 2014, limitatamente alla fase monitoria innanzi al consigliere designato, sono ineccepibili.

Tanto, ben vero, alla luce dell’insegnamento più recente di questa Corte, che, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., è sufficiente reiterare in questa sede, insegnamento che, evidentemente, corrobora il sintetico rilievo motivazionale espresso sul punto dalla Corte d’Appello di Perugia.

Difatti questa Corte ha di recente esplicitato che, in tema di giudizio di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la liquidazione delle spese della fase destinata a svolgersi dinanzi al consigliere designato deve avvenire sulla base della tabella n. 8, rubricata “procedimenti monitori”, allegata al D.M. n. 55 del 2014, per quanto si sia al cospetto di un procedimento monitorio destinato a celebrarsi dinanzi alla corte d’appello, con caratteri di “atipicità” rispetto a quello di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., rilevando, ai fini dell’applicazione di tale tabella, oltre che l’identica veste formale – decreto – del provvedimento conclusivo della prima fase di entrambi i procedimenti, anche l’iniziale assenza di contraddittorio e la differita operatività della regola cardine “audiatur et altera pars”, che appieno accomunano il primo sviluppo del procedimento ex lege “Pinto” e l’ordinario procedimento d’ingiunzione (cfr. Cass. 31.7.2020, n. 16512).

17. Ai fini della determinazione del valore della fase “monocratica” definita con decreto dei 27/29.3.2018 del consigliere designato della Corte di Perugia e dunque ai fini dell’individuazione dello scaglione tariffario di riferimento va ribadito l’insegnamento di questa Corte.

Ovvero l’insegnamento a tenor del quale in ipotesi di litisconsorzio facoltativo (art. 103 c.p.c.), caratterizzato da domande di più soggetti contro uno stesso convenuto in base a titoli autonomì anche se della stessa natura – è esattamente il caso di specie – non è applicabile l’art. 10 c.p.c., comma 2, (che è richiamato soltanto dall’art. 104 del cit. codice, relativo al cumulo oggettivo) (cfr. Cass. sez. lav. 7.1.2009, n. 50; Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15638).

Cosicchè non possono ricevere seguito gli assunti dei ricorrenti – specificamente veicolati dal quarto e dal quinto motivo di ricorso – secondo cui si è al cospetto “di posizioni soggettive diverse ed autonome” (così ricorso, pagg. 34 e 36).

18. Negli enunciati termini, in considerazione del quantum (Euro 1.416,00) dell’indennizzo accordato dal consigliere designato della corte perugina a ciascuno dei ricorrenti in questa sede, il valore della fase “monocratica” rimane ricompreso nello scaglione tariffario da Euro 0,01 ad Euro 5.200,00 della tabella n. 8 allegata al D.M. n. 55 del 2014, contemplante l’unica voce “fase di studio, istruttoria, conclusiva”.

Cosicchè il compenso medio tabellare è pari ad Euro 450,00 ed il compenso minimo, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, è pari ad Euro 225,00.

Evidentemente il compenso – Euro 390,00 – liquidato dal consigliere designato della Corte di Perugia con il decreto dei 27/29.3.2018 è superiore al minimo – Euro 225,00 – tariffario.

19. Ovviamente soccorre l’insegnamento a tenor del quale, in tema di liquidazione delle spese processuali che la parte soccombente deve rimborsare a quella vittoriosa, la determinazione degli onorari di avvocato e degli onorari e diritti di procuratore costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice che, qualora sia contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una specifica motivazione e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità (cfr. Cass. 9.10.2015, n. 20289; Cass. 4.7.2011, n. 14542, secondo cui la liquidazione delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, potendo essere denunziate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali, con obbligo, in tal caso, di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini).

20. Ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, “quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 5 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di venti. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione (…)” (si evidenzia che il decreto del consigliere designato è stato depositato il 29.3.2018 e che il D.M. n. 37 del 2018, il cui art. 1, comma 1, lett. c), ha modificato il D.M. n. 44 del 2014, art. 4, comma 2, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2018, n. 96, ed è entrato in vigore il giorno successivo).

21. A fronte del disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 2, la motivazione, a tal riguardo, di cui al decreto “collegiale” della Corte d’Appello di Perugia è del tutto “apparente” (il vizio di motivazione “apparente” ricorre quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16762; Cass. 24.2.1995, n. 2114).

22. Più esattamente, se va qui confermato il principio che il riconoscimento della maggiorazione per l’assistenza di una pluralità di soggetti è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice della lite, essendo prevista dalla legge come possibile ma non necessaria (ex multis, Cass. 15.12.2017, n. 3590), va tuttavia considerato che, nel presente giudizio, tale maggiorazione è stata in concreto riconosciuta dalla stessa Corte d’appello di Perugia già nel decreto emesso in composizione monocratica. Operato tale riconoscimento, è rimasto tuttavia del tutto inesplicato, nel decreto collegiale qui impugnato, l’iter logico alla cui stregua il complessivo importo di Euro 390,00, liquidato dal consigliere designato in sede monocratica, valesse ad assicurare la quota di aumento di cui al D.M. n. 55 del 2014, in ragione del cospicuo numero di soggetti aventi la posizione di parte ricorrente.

Va appieno condiviso perciò il rilievo dei ricorrenti – in verità veicolato, a riscontro dell'”apparenza” della motivazione, dal secondo motivo di ricorso – in virtù del quale la corte umbra sì è limitata a dedurre che “le spese sono state correttamente (…) aumentate del 20% per pluralità delle parti” (così ricorso, pag. 29).

23. In accoglimento – nei termini di cui in precedenza – del quinto motivo di ricorso il decreto dei 25.6/29.11.2018 della Corte d’Appello di Perugia va cassato con rinvio alla stessa corte in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

24. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile – al di là del parziale buon esito del ricorso – il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, il quinto motivo di ricorso, cassa, nei termini di cui in motivazione, il decreto dei 25.6/29.11.2018 della Corte d’Appello di Perugia e rinvia alla stessa corte in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità; rigetta il primo motivo, il secondo motivo, il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

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