Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.720 del 18/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31983/2019 proposto da:

O.C., rappresentato e difeso dall’avv.to Luigi Migliaccio, con studio in Napoli, piazza Cavour 139, (luigimigliaccio.avvocatinapoli.legalmail.it) ed elettivamente domiciliato presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione, in Roma, piazza Cavour;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 654/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 28/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

RILEVATO

che:

1. O.C., proveniente dalla *****, ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che, a definizione del giudizio rescissorio conseguente alla cassazione della pronuncia n. 1142/2015 della medesima Corte territoriale, aveva solo parzialmente accolto l’impugnazione, riconoscendo in suo favore la protezione umanitaria ma rigettando le domande riguardanti lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria.

1.1. Per ciò che qui interessa, la ricorrente aveva narrato di essere fuggita dal proprio paese per sottrarsi ad un matrimonio forzato al quale il padre intendeva costringerla: a fronte di un primo rigetto in entrambi i gradi di merito, la Corte di Cassazione accolse il suo ricorso in ordine alla mancata indagine sulla pratica del matrimonio forzato nel paese di provenienza, espressamente ritenuto una violazione della dignità e, quindi, come un danno grave idoneo al riconoscimento della protezione sussidiaria anche perchè non era stato considerato che gli agenti della condotta violenta e dannosa, potevano essere anche privati cittadini ove lo Stato non fosse stato in grado di fornire adeguata tutela, circostanza sulla quale non erano state acquisite informazioni attraverso fonti informative ufficiali attendibili ed aggiornate.

1.2. La Corte di rinvio ha riesaminato la vicenda per intero, partendo dalla credibilità della richiedente che è stata esclusa, con rigetto delle protezioni “maggiori” invocate ed accoglimento della protezione umanitaria in relazione alla sua vulnerabilità, dimostrata dalla circostanza che ella si trovava, al momento della decisione, in stato di gravidanza e che ciò rendeva necessario tutelare anche il nascituro per il primo anno di vita.

2. La parte intimata non si è difesa.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo, secondo e terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per la stretta connessione logica, la ricorrente deduce:

a. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 324 c.p.c., art. 384 c.p.c., comma 2 e art. 2909 c.c..

Lamenta, al riguardo, che la Corte territoriale aveva rivalutato la credibilità del racconto che non era mai stata messa in discussione e che costituiva il presupposto della decisione di legittimità: la questione, pertanto, doveva ritenersi coperta da “giudicato interno” in quanto l’accoglimento del primo ricorso per cassazione si fondava sulla omessa riconduzione della vicenda ai presupposti legittimanti la protezione sussidiaria, senza che la sua attendibilità fosse mai stata messa in dubbio (primo motivo).

b. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi per il riconoscimento di protezione e relativi alla condizione delle donne in Nigeria. Assume che la Corte di rinvio non si era attenuta al principio di diritto enunciato secondo il quale dovevano essere acquisite informazioni aggiornate sul trattamento riservato alle donne rispetto alla pratica del matrimonio forzato ed alla effettiva tutela fornita dalle autorità pubbliche a chi avesse subito tale grave violazione (secondo motivo).

c. ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 3, 37 e 60 della Convenzione di Istanbul, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, artt. 4, 5, art. 6, comma 2 e art. 14, lett. b); D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. H-b e art. 8, comma 3, per omessa osservanza del dovere di cooperazione istruttoria.

Assume che la Corte territoriale aveva disatteso il principio di diritto pronunciato nella ordinanza di rinvio (Corte Cass. 25463/2016) con la quale era stato prescritto il riesame della controversia in quanto la Corte non aveva verificato se nel paese di origine l’autorità statuale fornisse ai cittadini un’effettiva tutela e protezione rispetto a vicende private foriere di gravi danni in quanto consistenti in aggressione alla dignità personale: fra esse era stata ricompresa anche la consuetudine del matrimonio forzato, considerato espressamente una grave violazione dei diritti fondamentali della donna e, quindi, un trattamento degradante idoneo a configurare il presupposto della protezione sussidiaria.

2. Il primo motivo è fondato.

2.1. In primo luogo, si osserva che la Corte territoriale ha completamente rivalutato la credibilità della ricorrente in relazione al il fatto storico narrato, omettendo di considerare che la questione era stata ritenuta pacifica in sede di legittimità dove il percorso argomentativo che aveva portato alla cassazione della sentenza impugnata si fondava proprio sul presupposto che il racconto fosse attendibile: la decisione, infatti, prende le mosse dalla veridicità della narrazione ed afferma testualmente che “il ricorso è fondato in quanto la decisione della Corte di appello non ha valutato se la pratica del matrimonio forzato costituisca una realtà sociale accettata nel paese di provenienza della ricorrente nè ha valutato comunque che, in tema di protezione sussidiaria, la costrizione ad un matrimonio non voluto costituisce grave violazione della dignità e, dunque, trattamento degradante che integra un danno grave, la cui minaccia, ai fini del riconoscimento di tale misura, può provenire anche da soggetti diversi soggetti diversi dallo Stato, allorchè le autorità pubbliche o le organizzazioni che controllano lo Stato o una sua parte consistente non possano o non vogliano fornire protezione adeguata (cfr. Cass. Civ. sez. VI-1 n. 25873 del 18 novembre 2103). Nè infine ha tenuto in considerazione la giurisprudenza di legittimità secondo cui il diritto alla protezione sussidiaria non può essere escluso dalla circostanza che agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel Paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela, con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Cass. civ. n. 15192 del 20 luglio 2015)” (cfr pag. 4 e 5 dell’ordinanza di rinvio, Cass. 25463/2016, doc. 1 fasc. appello prodotto).

2.2. Nè dai motivi di ricorso risulta che la credibilità della ricorrente fosse stata oggetto di impugnazione nel precedente giudizio di merito (cfr. pagg. 2 e 3 dell’ordinanza di rinvio): pertanto, da una parte ricorre il principio secondo il quale in mancanza di espressa impugnazione) l’esame della questione doveva rimanere preclusa anche nel precedente giudizio di legittimità (cfr. Cass. 5133/2019), e dall’altra deve applicarsi quello, pienamente condiviso dal Collegio secondo il quale “in ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di Cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità” (cfr. Cass. 20198/2015; Cass. 17353/2010 e Cass. 30852/2018).

2.3. Conseguentemente, posto che la credibilità della ricorrente costituiva il presupposto logico del percorso argomentativo dell’ordinanza di rinvio, averla rivalutata in sede rescissoria negandola – si traduce, in limine, in una violazione del giudicato implicito interno, con conseguente nullità della sentenza.

2.4. Ciò assorbe le altre censure, rispetto alle quali vale comunque la pena di rilevare che la decisione ha omesso di attenersi ai principi pronunciati da questa Corte secondo cui dovevano essere acquisite C.O.I. attendibili ed aggiornate sulle condizioni del paese in relazione alla vicenda narrata: tali non possono ritenersi notizie tratte da fonti informative risalenti nel tempo (alcune del 2015, rispetto alla decisione del 2019), non tutte attendibili secondo le prescrizioni del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e, soprattutto, estranee alle specifiche ragioni della fuga e della protezione invocata, consistenti nella costrizione ad un matrimonio non desiderato e nella assenza di tutela, in relazione a tale fatto, da parte delle autorità statuali del proprio paese di origine (cfr. Cass. 30105/2018; Cass. 9230/2020; Cass. 8819/2020).

2.5. Il ricorso deve essere accolto e la sentenza, pertanto, va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro che, in diversa composizione, riesaminerà la controversia alla luce dei seguenti principi di diritto:

“la decisione di annullamento con rinvio vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia di annullamento, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio di intangibilità”.

“Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale, non potendo per contro addebitarsi la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte”.

3. La Corte di rinvio provvederà altresì alla decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte;

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro per il riesame della controversia e per la decisione in ordine alle spese dei giudizi di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

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