Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.722 del 18/01/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33085/2019 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE SANTO 16, presso lo studio dell’avvocato CARMINE LOMBARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE MASSELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1739/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

FATTI DI CAUSA

1.- Il ricorrente, G.A., è cittadino del *****.

Racconta di essere fuggito dal suo Paese per evitare una ingiusta detenzione per furto: egli faceva l’autotrasportatore, ed al confine con il Mali è stato rapinato da ribelli del carico che trasportava; pur avendogli inizialmente dato credito, il suo datore di lavoro lo ha successivamente denunciato per furto, facendolo finire in prigione per tre mesi, da dove poi il ricorrente è uscito grazie al pagamento di una cauzione.

Egli sostiene che se rientrasse in Gambia, non avendo i soldi per restituire il valore del cui furto è accusato, sarebbe esposto ad una detenzione ingiusta ed anche lesiva dei suoi diritti fondamentali.

Ha dunque chiesto il riconoscimento del diritto allo status di rifugiato, la protezione sussidiaria, quella umanitaria.

2.- Le sue richieste sono state disattese sia dalla Commissione territoriale, che dal tribunale che infine dalla Corte di appello, con motivazione pressochè coincidenti, legate alla natura personale dei motivi addotti.

G.A. ricorre in Cassazione con un motivo di censura. V’è costituzione del Ministero dell’Interno.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata.

La corte di appello intanto avanza dubbi sulla veridicità del racconto, che ritiene privo di riscontri; ma, a parte questo rilievo ritiene che, se anche la narrazione fosse verosimile, non vi sarebbero i presupposti per la protezione sussidiaria, in quanto la situazione in Gambia è mutata rispetto al momento della fuga, con una inversione politica significativa, dopo che il dittatore è stato deposto ed è stato eletto un nuovo Presidente il quale ha preannunciato ed in parte realizzato propositi di repressione delle violazioni dei diritti umani, dando avvio ad una fase di maggiori garanzie per i cittadini.

In ragione del mutato clima politico del Gambia, la corte di appello ritiene altresì infondata la richiesta di protezione umanitaria, anche in ragione del difetto di una rilevante integrazione del ricorrente in Italia, avendo questi allegato soltanto un contratto di lavoro a tempo determinato.

2.- Il ricorrente contesta queste rationes decidendi con un motivo di ricorso, con il quale assume violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Egli sostiene che la corte ha errato nel valutare la situazione politica del Gambia, che non è in realtà migliorata di fatto rispetto al periodo dittatoriale, salvo annunci mai messi in atto; che comunque il rischio del ricorrente è di essere imprigionato ingiustamente e cosi di dover affrontare un sistema carcerario che viola diritti umani ed adotta misure degradanti. Ritiene in particolare il ricorrente che la valutazione della situazione socio- politica del Paese di origine vada fatta con minore individualizzazione rispetto a quando si valutano i presupposti per lo status di rifugiato.

Il motivo è infondato.

3.- Il giudizio della corte di merito è basato su alcune fonti (Amnesty International in particolare) da cui si ricava una inversione di tendenza nella tutela dei diritti umani, dopo la deposizione del dittatore e dopo l’elezione del nuovo Presidente.

Si discute qui intanto dei presupposti per la concessione del diritto alla protezione sussidiaria, ed in particolare l’indagine ristretta a due ipotesi previste dal D.Lgs. n. 252 del 2007, art. 14: quelle indicate alle lettere b) e c) della predetta norma.

La prima delle due consente di offrire protezione allo straniero nel caso in cui il suo rimpatrio lo esponga a forme di tortura o di trattamenti disumani; su questo punto il ricorrente però non allega alcunchè, salvo a dire che la condizione delle carceri gambesi non è in linea con gli standard internazionali (p. 6). Ed anzi, riconosce lo smantellamento, ad opera del nuovo Presidente, dell’agenzia di intelligence che si era in passato resa responsabile di torture e violazioni di diritti umani.

Quanto invece al secondo requisito, esso va inteso, anche alla luce delle note decisioni della Corte di Giustizia dell’unione Europea, nel senso che nel paese di origine deve essere in atto un conflitto armato generalizzato, tale da esporre i civili a pericoli personali per via della loro stessa presenza sul territorio; in sostanza la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 18306 /2019).

La corte con accertamento di merito, basato sulle richiamate fonti di conoscenza, ha escluso l’esistenza di una tale situazione. Ed il ricorrente non ha per contro allegato alcunchè quanto alla esistenza di una generale situazione di conflitto armato.

Va ricordato che ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26728/2019).

Il ricorso va pertanto rigettato.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte da atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472