Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.747 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10257/16 R.G. proposto da:

D.N.P.F., D.N.M., D.N.K.T., D.N.A., D.G., B.F., quale genitore esercente la patria potestà sulla minore D.N.G., C.F., quale genitore esercente la patria potestà sulla minore DE.NO.MA., R.G., in proprio e quale genitore esercente la patria potestà sui minori d.n.m. e D.N.Z., tutti rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. Massimo Marini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ximenes, n. 10;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, 12 è elettivamente domiciliata;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale del Lazio n. 5577/1/15 depositata in data 26 ottobre 2015;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 ottobre 2020 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, avviso di accertamento nei confronti di D.N.L., quale legale rappresentante e liquidatore della società Flaminia ‘90 s.r.l., sul presupposto che questi avesse provveduto al soddisfacimento di crediti di ordine inferiore a quelli tributari ed avesse distratto attività della società per fini diversi dal soddisfacimento dei crediti tributari.

L’atto di recupero faceva seguito ad altro avviso di accertamento notificato alla società con il quale era stato rideterminato il reddito imponibile per l’anno 2006, con conseguente recupero di maggiori imposte.

2. Proposto ricorso dal D.N., il quale lamentava la carenza di motivazione dell’atto impositivo e l’inapplicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, la Commissione tributaria provinciale lo rigettava con sentenza che veniva impugnata dal contribuente, il qual ribadiva che tale procedura di riscossione poteva essere legittimamente azionata solo quando si fosse consolidata l’obbligazione tributaria in capo alla società, e, dunque, solo all’esito della definitività dell’accertamento notificato a quest’ultima ed all’inutile esperimento di tutti i tentativi di riscossione coattiva del credito, condizione che non era stata rispettata nel caso di specie, atteso che l’Amministrazione gli aveva notificato l’atto di recupero in pendenza dei termini per la proposizione del ricorso da parte della società; contestava, altresì, la sentenza di primo grado laddove aveva ritenuto che l’iscrizione a ruolo straordinario D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15-bis, potesse costituire presupposto per la legittima applicazione del citato art. 36.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava il gravame, confermando la sentenza di primo grado.

Osservava, in particolare, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, l’Amministrazione finanziaria poteva far valere la responsabilità del liquidatore, a condizione che i tributi a carico della società fossero stati iscritti a ruolo e fosse stata acquisita certezza legale che i medesimi non erano stati soddisfatti con le attività di liquidazione, incombendo sul liquidatore l’onere di dimostrare l’insussistenza dei presupposti del debito, ovvero la sua incertezza o ancora la mancanza di attività nel patrimonio sociale. Escludeva, pertanto, che, ai fini del recupero, nei confronti del liquidatore, di imposte dovute dalla società, fosse necessario che l’accertamento nei confronti di questa fosse divenuto definitivo e, in mancanza di prove contrarie da parte del liquidatore, riteneva sufficiente che le imposte accertate a carico della società fossero state iscritte a ruolo, anche se a titolo provvisorio D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 15-bis, stante il fondato pericolo per la riscossione, dovuto alla stato di liquidazione volontaria in cui si trovava la società.

Dichiarava, infine, inammissibile la doglianza concernente la presunta illegittimità dell’iscrizione a ruolo a titolo straordinario, effettuata a carico della società, rilevando che si trattava di questione nuova sollevata per la prima volta in appello, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

4. I contribuenti ricorrono per la cassazione della suddetta decisione, con sei motivi. L’Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione, con riferimento agli artt. 163 e 164 c.p.c., della L. n. 241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7.

Nell’evidenziare che la Commissione regionale ha esaminato soltanto la responsabilità sussidiaria del liquidatore e non anche altro diverso profilo di responsabilità, si dolgono del fatto che il D.N. non sia stato posto, fin dal giudizio di primo grado, nelle condizioni di svolgere adeguatamente la sua difesa, in ragione della carenza di motivazione dell’atto impositivo che non esplicitava in quale veste egli fosse stato chiamato a rispondere dei debiti tributari della società.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Con la censura in esame i ricorrenti lamentano che il diritto di difesa del D.N. sia stato gravemente pregiudicato a causa della carenza di motivazione da cui era affetto l’atto di accertamento emesso nei suoi confronti e, nel sottolineare di avere riproposto tale specifica doglianza anche in grado di appello, sostengono che la violazione al diritto di difesa non può ritenersi superata per il fatto che la C.T.R. abbia esaminato e deciso sul presupposto che fosse stata configurata una responsabilità sussidiaria del D.N. come liquidatore.

1.3. La Commissione regionale ha confermato integralmente l’avviso di accertamento e, in tal modo, implicitamente, non ha riconosciuto l’assoluta carenza di motivazione del medesimo atto di cui si dolgono gli odierni ricorrenti. Di conseguenza, questi ultimi, intendendo lamentarsi in questa sede dell’erronea valutazione svolta dal giudice di merito, avevano l’onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrre l’avviso di accertamento – che è atto amministrativo e non processuale (Cass., sez. 5, 3/12/2001, n. 15234; Cass., sez. 5, 6/11/2019, n. 28570) – o comunque di indicarne il contenuto, trascrivendolo nel ricorso, al fine di consentire a questa Corte di valutare l’eventuale fondatezza della doglianza.

I ricorrenti non hanno riportato la motivazione dell’atto di accertamento e, pertanto, il mezzo in esame è inammissibile per difetto di autosufficienza (Cass., sez. 5, 13/02/2015, n. 2928; Cass., sez. 5, 13/11/2018, n. 29093).

2. Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36.

Rilevano che i giudici regionali, nel configurare la responsabilità del liquidatore ex art. 36 cit., avrebbero omesso di considerare alcuni fatti risultanti dall’atto di recupero che escludevano tale responsabilità, e precisamente che: a) prima della messa in liquidazione della società la stessa aveva già venduto il bene immobile di sua proprietà; b) prima della messa in liquidazione la società si era spogliata delle somme rinvenienti dalla predetta vendita; c) il liquidatore, di conseguenza, aveva dovuto adeguare la liquidazione ai mezzi finanziari pervenutigli a seguito della messa in liquidazione.

Dallo stesso atto di recupero emergeva pure che era stato l’amministratore, e non il liquidatore, a disporre delle somme provenienti dalla cessione del fabbricato nell’anno 2006, per cui era evidente che la Commissione regionale aveva trascurato di esaminare tali circostanze di fatto che impedivano la configurabilità di una responsabilità sussidiaria del liquidatore.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la decisione impugnata per violazione del D.P.R. n. 602 de 1973, art. 36, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 37-bis, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, e contestano alla Commissione regionale di avere dato alle norme invocate una interpretazione diversa da quella affermata dalla giurisprudenza.

In particolare, evidenziano che i giudici di merito hanno trascurato di considerare che i debiti tributari di cui l’Amministrazione pretendeva il pagamento riguardavano attività compiuta nell’anno 2006, mentre tali debiti erano stati iscritti a ruolo nel 2012, e che l’Ufficio avrebbe potuto attivare la procedura in esame soltanto all’esito della sopravvenuta definitività dell’avviso di accertamento emesso a carico della società e sempre che fosse stata dimostrata la presenza di attività al momento dell’insorgenza del debito tributario ed il soddisfacimento di crediti di ordine inferiore a quelli tributari; avrebbero altresì omesso di tenere conto che l’Ufficio finanziario aveva proceduto direttamente nei confronti del D.N. pur se l’obbligazione tributaria della Flaminia ‘90 s.r.l. era ricollegabile ad una fattispecie elusiva di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 37-bis.

4. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono infondati.

4.1. Con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano verificati a carico della società, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 – applicabile alle sole imposte sui redditi D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 19 – riconosce all’Amministrazione finanziaria azione di responsabilità nei confronti del liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento.

L’azione può essere esercitata a condizione che i ruoli in cui sono stati iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia stata acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima (Cass., Sez. U, 6/05/1985, n. 2820; Cass., sez. 1, 7/06/1989, n. 2768; Cass., sez. 1, 14/09/1995, n. 9688; Cass., sez. 5, 17/06/2002, n. 8685; Cass., sez. 5, 23/04/2008, n. 10508; Cass., sez. 5, 13/07/2012, n. 11968; Cass. sez. 5, 11/05/2012, n. 7327).

L’Amministrazione, in costanza dei giudizi proposti dalla società in liquidazione avverso l’avviso di accertamento, deve dunque provare di avere iscritto i relativi crediti quantomeno in ruoli provvisori, di cui può pretendere il pagamento in via sussidiaria nei confronti del liquidatore, alle condizioni previste dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, e successive modificazioni (Cass., sez. 5, 23/04/2008, n. 10508).

Questa Corte ha chiarito che tale responsabilità, che può essere invocata dall’Amministrazione solo al verificarsi delle suddette condizioni, nell’ordinario termine decennale di prescrizione, è riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 c.c. (Cass., sez. 5, 15/10/2001, n. 12546), non essendo ravvisabile a carico del liquidatore alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari, ma piuttosto responsabilità per obbligazione propria ex lege (Cass., sez. 5, 13/07/2012, n. 11968).

Ovviamente è rimesso al giudice di merito accertare la ricorrenza delle condizioni richieste dal citato art. 36, ossia verificare la iscrizione dei crediti in ruoli quantomeno provvisori, dovendosi escludere la responsabilità del liquidatore soltanto in assenza di attivo e non quando egli abbia soddisfatto crediti di ordine inferiore a quelli tributari, esaurendo l’attivo stesso.

4.2. Nel caso in esame, i giudici di appello, con accertamento di fatto non scrutinabile in questa sede, hanno rilevato che le imposte accertate a carico della società sono state iscritte a ruolo, seppure a titolo provvisorio, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis, e che il liquidatore non ha offerto prova di avere provveduto al loro pagamento con le attività di liquidazione; hanno al contempo evidenziato l’assenza di prove di segno contrario da parte del liquidatore, riscontrando in tal modo la sussistenza di tutte le condizioni a cui il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, subordina l’esperibilità dell’azione sussidiaria nei confronti del liquidatore.

Dalla sentenza impugnata, ed in particolare dalla parte descrittiva dello svolgimento del processo, non emerge che il D.N. nel corso del giudizio di merito abbia offerto prove diverse ed ulteriori a dimostrazione dell’assenza di attivo sociale, nè i ricorrenti in questa sede, in omaggio al principio di autosufficienza, hanno allegato il contenuto dell’atto impositivo al fine di consentire a questa Corte di verificare se dallo stesso emergessero circostanze di fatto che impedivano di riconoscere una responsabilità sussidiaria del liquidatore, di cui la Commissione regionale avrebbe pretermesso l’esame.

Ne discende che la sentenza impugnata va esente dalle censure ad essa rivolte, non essendo ravvisabili nè i vizi di violazione di legge denunciati, nè il dedotto vizio di motivazione.

5. Con il quarto motivo – rubricato “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, e violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata laddove ha ritenuto inammissibile l’eccezione di pretesa illegittimità dell’iscrizione a ruolo straordinario.

Deducono, al riguardo, che della questione si è discusso nel giudizio di merito, perchè implicitamente contenuta nel primo motivo del ricorso di primo grado nel quale il ricorrente originario aveva parlato di assenza di un ruolo formato e notificato al debitore principale.

6. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 15 e 15-bis, e dell’art. 2484 c.c., e art. 12 preleggi, per avere i giudici di appello ritenuto legittima l’iscrizione a ruolo a titolo straordinario, in ragione del fondato pericolo per la riscossione derivante allo stato di liquidazione in cui versava la società.

Assumono che la corretta interpretazione dell’art. 2484 c.c., non consente di ricavare dalla sola messa in liquidazione volontaria della società il fondato pericolo richiamato dalla Commissione regionale.

7. Con il sesto motivo denunciano omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis, e art. 2484 c.c., ribadendo che la Commissione regionale avrebbe omesso di considerare il punto decisivo relativo alla mancata indicazione del fondato pericolo (o della prova di esso) al fine della iscrizione a ruolo straordinario dei tributi.

8. Il quarto, il quinto ed il sesto motivo, strettamente, connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono inammissibili.

Dall’esame del ricorso di primo grado – prodotto dalle parti ricorrenti unitamente al ricorso per cassazione – si evince che il D.N. ha originariamente impugnato l’avviso di accertamento deducendo l’inapplicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36, e la carenza di motivazione dell’atto impositivo.

E’ pur vero che a pag. 3 del ricorso di primo grado si legge “Ad oggi, pertanto, l’Ufficio impositore si è reso artefice di una situazione davvero paradossale, caratterizzata dall’applicazione alla persona fisica della disciplina prevista dall’art. 36, nonostante la mancata definitività dell’accertamento nei confronti della società ed addirittura l’assenza di un ruolo formato e notificato al debitore principale”; va, tuttavia, rilevato che con tale argomentazione il ricorrente si è limitato a dedurre genericamente l’inesistenza di un ruolo notificato al debitore principale, ma non ha eccepito la diversa questione dell’illegittimità della iscrizione a ruolo straordinario per difetto del requisito del “fondato pericolo per la riscossione” previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15-bis.

Trattandosi di doglianza nuova, sollevata per la prima volta in appello, correttamente la Commissione regionale l’ha ritenuta inammissibile, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

L’inammissibilità della doglianza preclude l’esame nel merito delle questioni prospettate con i mezzi in esame.

9. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite, in difetto di attività difensiva dell’Agenzia delle entrate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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