LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10735/2017 proposto da:
COMUNE DI ACCADIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. Sergio Alvaro Trovato e Luciana Cannas ed elettivamente domiciliato presso lo Studio di quest’ultima in Roma, Via Sesto Calvino n. 33;
– ricorrente –
Contro
LUCKY WIND S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe Maria Cipolla ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n. 134;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2413/27/16 della Commissione tributaria Regionale di Bari, Sez. di Foggia, depositata il 13/10/2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2020 dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.
RITENUTO
Che:
1. Con avvisi di accertamento relativi ad aerogeneratori facenti parte del parco eolico in possesso della Lucky Wind S.p.a. il Comune di Accadia contestava l’omesso versamento dell’ICI per il periodo dal 2002 al 2007 determinando l’imposta dovuta mediante metodo comparativo relativo ai valori contabili di aerogeneratori simili per il biennio 2002-2003 e sul valore contabile dichiarato dalla contribuente per il periodo 2004-2007, applicando le relative sanzioni ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 14.
2. La contribuente impugnava i suddetti avvisi assumendo che l’imposta andava calcolata secondo il criterio reddituale avendo proceduto all’accatastamento degli opifici l’11.09.2009.
2. La CTR, con sentenza n. 176/27/10, annullava gli avvisi relativi agli anni 2002 e 2003 e, relativamente a quelli afferenti agli anni dal 2004 al 2007, individuava l’imponibile in riferimento alle rendite catastali attribuite dall’Agenzia del Territorio, determinando la sanzione dovuta, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12, comma 5, sull’imponibile del 2004 aumentato del 30%.
3. La Corte di cassazione, investita del ricorso proposto dall’ente territoriale, con sentenza n. 8656/2015 accoglieva la censura relativa alle annualità dal 2004 al 2007, affermando l’erronea applicazione retroattiva della rendita attribuita nell’anno 2010 e stabilendo che la base imponibile doveva essere desunta dal valore contabile dell’impianto (valore libro), rinviando ad altra sezione della CTR per la nuova determinazione dell’imposta dovuta e per le spese di giudizio.
4. La CTR, con sentenza n. 2413/27/16, depositata il 13/10/2016, procedeva alla nuova determinazione della base imponibile ICI.
5. Avverso tale sentenza il Comune di Accadia propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
6. La Lucky Wind S.p.a. ha depositato controricorso.
7. In prossimità della camera di consiglio la società contribuente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo il Comune di Accadia deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, comma 4, dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 324 e 329 c.p.c.. A parere del ricorrente la CTR, in sede di rinvio, aveva disapplicato il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione operando, ai fini del calcolo della base imponibile dell’imposta, detrazioni sul valore contabile del parco eolico non indicate dal giudice di legittimità e, peraltro, oggetto di giudicato interno.
Sul punto la ricorrente rileva che la CTR partendo dal valore contabile dell’impianto, per come risultante dal bilancio della società, aveva ad esso detratto i costi per la sostituzione di apparecchiature già installate risultate difettose e quelli per la realizzazione di una sottostazione (quest’ultimi, peraltro, già esclusi dalla CTR con la sentenza n. 176/27/10 e, dunque, coperti da giudicato interno). Orbene, tenuto conto che la Cassazione aveva disposto il rinvio alla CTR del giudizio in ragione della violazione di legge in cui era incorso il giudice di merito in ordine alla individuazione del criterio sul quale individuare la base imponibile, il giudice del rinvio non poteva sottoporre a nuova valutazione i fatti per come accertati nella sentenza cassata nella quale, per come sopra indicato, si era esclusa la detraibilità dal valore contabile dell’impianto i costi sostenuti per la realizzazione della sottostazione.
2. Con il secondo motivo la contribuente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del principio di soccombenza ex artt. 91 e 92 c.p.c., comma 2, stante anche l’omessa motivazione sulla disposta compensazione delle spese di giudizio di cassazione nonostante la sostanziale vittoria in tale giudizio del Comune e sulla condanna alle spese a carico di quest’ultimo, nella misura di due terzi, nella sentenza di rinvio, seppure l’appello della contribuente era stato rigettato.
3. Il primo motivo non è fondato.
La ricorrente lamenta che la CTR, ai fini del calcolo dell’ICI dovuta dalla contribuente ha, in violazione del principio di diritto fissato da questa Corte e del giudicato interno conseguente alla decisione di merito che aveva comportato il ricorso in cassazione, determinato la base imponibile ICI detraendo dal valore contabile dell’impianto eolico, per come risultante dalle iscrizioni contabili, l’importo di Euro 871.882,50 quali costi sostenuti dalla contribuente per la realizzazione di una sottostazione ultimata nel 2001.
3.1 Questa Corte con sentenza n. 8656 del 2015, ha accolto il ricorso proposto dall’odierna ricorrente e, per l’effetto, disposto il rinvio ad altra CTR ai fini della determinazione dell’imposta ICI dovuta dalla contribuente per gli anni dal 2004 al 2007 secondo il criterio del “valore libro”. In particolare, il Collegio rilevava “che la CTR, pur dando atto che dal valore contabile dell’impianto doveva andare detratto l’importo di Euro 451.253,30 (per sostituzione di apparecchiatura già installate e risultate difettose) ha, comunque, ritenuto che la base imponibile dovesse essere desunta dalle rendite catastali “dichiarate e rettificate dall’Agenzia del Territorio, pari ad Euro 13.911,219. Così operando, la sentenza non ha tenuto conto della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SU n. 3160 del 2011)”, secondo cui fino all’anno in cui non viene formulata richiesta di attribuzione di una rendita il valore degli immobili classificabili nel gruppo D esso è collegato alle iscrizioni contabili ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 5, comma 3.
In sostanza, il Collegio ha affermato l’erroneità dell’applicazione retroattiva (in ragione dell’accatastamento effettuato dalla contribuente l’11.8.2009) del criterio fondato sul valore catastale degli immobili iscrivibili nel gruppo D operato dalla CTR con la sentenza n. 176/27/10, dovendosi, al contrario, al suindicato periodo di imposta 2004-2007 applicare il diverso criterio del valore del bene risultante dalle iscrizioni contabili.
Il principio di diritto che si evince da tale motivazione è, dunque, limitato alla rilevata erroneità del criterio, valore catastale, utilizzato dalla CTR ai fini della determinazione del tributo e sul quale si fondava la relativa decisione e nell’individuazione di quello diverso “valore libro”, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 5, comma 3, essendo rimesso al giudice del rinvio, alla luce di tale indicazione, la concreta determinazione della base imponibile sulla cui base calcolare il tributo.
Non si rinviene, dunque, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, alcun limite posto al giudice del rinvio circa la determinazione del valore contabile dell’impianto della contribuente, nè poteva essere diversamente, assumendo all’uopo rilievo il fatto che la sentenza n. 176/27/10 della CTR sottoposta allo scrutinio di questa Corte si fondava sulla suindicata applicabilità del criterio catastale; circostanza questa che, poi, esclude anche ogni possibile violazione di giudicato interno.
Ed invero, l’affermazione contenuta nella sentenza della CTR nel 2010, con la quale escludeva dal valore contabile dell’impianto l’importo di Euro 451.253,30, interpretata dalla ricorrente come implicitamente volta a non riconoscere agli stessi fini Euro 871.882,50 per i costi sostenuti per la costruzione di una sottostazione, deve intendersi come un obiter dictum che, in quanto tale, non è idoneo ad assumere a valore di giudicato.
4. Il secondo motivo non è fondato Va premesso che nel processo tributario si applica il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, che, nella versione modificata dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, al comma 2 prevede che “le spese di giudizio possono essere compensate in tutto o in parte dalla commissione tributaria soltanto in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”.
L’obbligo di motivazione afferente alla compensazione totale o parziale delle spese di lite ricorre solo nelle ipotesi diverse dalla soccombenza reciproca in cui il riparto delle spese processuali consegue ex lege.
L’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità e quella nella misura di 1/3 e 2/3 delle spese del grado di giudizio così come disposta dalla CTR, risulta applicazione del criterio della parziale o totale soccombenza come sopra indicato e, quindi, della posizione processuale delle parti e dell’esito dei relativi giudizi. In particolare, quanto al giudizio di rinvio, assume rilievo la circostanza che la Corte di cassazione aveva accolto solo alcuni dei motivi di ricorso proposti dalla odierna ricorrente, dichiarando i restanti inammissibili, mentre con riferimento al giudizio svoltosi dinnanzi alla CTR, si deve osservare che esso si è concluso con il sostanziale accoglimento di tutte le domande proposte dalla contribuente in sede di riassunzione del giudizio, accoglimento che, comunque, aveva quale presupposto quello parziale della Corte di cassazione sul ricorso del Comune.
5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte Rigetta il ricorso.
– Condanna la ricorrente al pagamento a favore della resistente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 oltre spese ed accessori come per legge.
– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021