Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.757 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILOCAMO Fulvio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 111/2017 R.G. proposto da:

Agenzia Territoriale per la Casa del Piemonte Nord, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Tacito 10, presso l’avv. Enrico Dante, che, unitamente all’avv. Lorenzo Bertaggia, la rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Galliate, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Cosseria 5, presso l’avv. prof. Guido Francesco Romanelli, che, unitamente all’avv. Maurizio Fogagnolo, lo rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Regionale del Piemonte (Torino), Sez. 36, n. 973/36/16 del 5 aprile 2016, depositata il 19 luglio 2016, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2020 dal Consigliere Raffaele Botta;

Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte e che la parte ricorrente ha depositato memoria.

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione del diniego di rimborso dell’IMU 2012 chiesta dalla parte ricorrente al Comune di Galliate reclamando l’applicazione dell’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), alla luce del D.L. n. 1 del 2012, art. 91-bis e del D.M. n. 200 del 2012;

2. Il giudice tributario adito rigettava la domanda con decisione confermata in appello e avverso la quale l’ATC Piemonte Nord propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. Resiste il Comune di Galliate con controricorso.

3. La questione oggetto della controversia in esame – e cioè se spetti alle Agenzie territoriali per la casa l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), – è stata risolta in senso negativo (e con riferimento peraltro alla stessa parte ricorrente nella presente causa) da una consolidata giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza n. 18549 del 2003.

4. La richiamata sentenza ha stabilito il seguente principio: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione dall’imposta che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. i), prevede per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c), (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali), purchè destinati esclusivamente – fra l’altro – allo “svolgimento di attività assistenziali”, esige la duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito. Ne consegue che il beneficio non spetta alle Agenzie territoriali per la casa (istituite, nella fattispecie, con L.R. Piemonte 26 aprile 1993, n. 11, e subentrate agli I.A.c.p.), atteso, da un lato, che nell’attuazione dell’istituzionale destinazione alla locazione degli alloggi di edilizia sovvenzionata non è ravvisabile un utilizzo diretto degli immobili stessi da parte delle dette A.T.C., e, dall’altro, che il godimento degli immobili da parte dei cittadini meno abbienti o bisognosi è assoggettato al pagamento di pigioni – sia pure inferiori a quelle di mercato – remunerative del capitale investito (cfr. art. 21 del R.D. 28 aprile 1938, n. 1165), con conseguente esclusione anche della seconda condizione sopra indicata”.

5. Siffatto orientamento ha trovato recentemente conferma con la sentenza n. 34601 del 2019 (ed altra identica sentenza n. 34602 dl 2019) pronunciata nei confronti della medesima parte ricorrente nel presente giudizio e che è fatta oggetto di critica nell’istanza depositata il 9 ottobre 2020 intesa ad ottenere il rinvio della causa alle Sezioni Unite per sollecitare un mutamento dell’orientamento giurisprudenziale richiamato.

6. Si tratta di una critica non fondata, dato che la sentenza n. 34601 del 2019 (così come la n. 34602 del 2019), diversamente da quanto ritiene la parte ricorrente, ha tenuto conto nel decidere delle novità normative seguite all’orientamento giurisprudenziale formatosi riguardo al previgente regime per arrivare a non diverse conclusioni.

7. Ciò porta ad escludere che vi siano le condizioni che giustifichino la remissione della questione alle Sezioni Unite, stante anche che ancor più di recente le decisioni fin qui richiamate hanno trovato conferma in una serie di sentenze (le nn. 8958, 8959, 8960, 8961, 8962, 8963, 8964, 8965, 8966, 8967 del 2020, pronunciate nei confronti della stessa parte ricorrente del presente giudizio) che si sono adeguate all’orientamento giurisprudenziale richiamato.

8. Tale orientamento è condiviso anche dal collegio. Ne deriva l’infondatezza del ricorso in esame e il conseguente rigetto.

9. La parte ricorrente deve essere condannata alle spese della presente fase del giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 oltre spese forfettarie e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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