Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.767 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25083/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

P.N., con l’avv. Angela Blando, con domicilio, anche telematicamente, eletto presso il suo studio in Palermo, Via Nicolò

Turrisi n. 13, domiciliato in Roma, p.zza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia – Palermo n. 95/35/12, pronunciata il 10 luglio 2012 e depositata il 07 agosto 2012, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 novembre 2020 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

RILEVATO

1. La contribuente, lavoratrice socialmente utile, beneficiava di un contributo regionale erogato a termini della L.R. n. 3 del 1998, art. 2. Detto contributo veniva sottoposto a tassazione Irpef da parte dell’Ufficio con avviso di accertamento notificato in data 11.05.2006 relativamente al periodo d’imposta 2001.

2. La contribuente adiva così il giudice di prossimità evidenziando che il contributo ricevuto rientrava tra le somme percepite a titolo di borsa di studio di cui alla L. n. 476 del 1984, a cui era assimilabile ai sensi della L.R. n. 17 del 2004, art. 76. Esso doveva pertanto ritenersi esente sia da Ilor sia da Irpef.

2.1. Si costituiva l’Ufficio, affermando che il contributo in parola era stato correttamente assoggettato a tassazione stante la sussistenza dei presupposti di cui all’47 TUIR, tenuto anche conto della mancanza di una espressa previsione di legge che lo potesse esentare dagli obblighi contributivi.

3. La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso promosso dalla contribuente ritenendo che il contributo erogato a termini della L.R. n. 3 del 1998 non potesse essere assimilato a retribuzione quale reddito di lavoro dipendente in quanto riconosciuto all’esito di un programma di autoformazione in cui non era previsto alcun rapporto di dipendenza, conseguentemente non poteva essere soggetto nemmeno a tassazione.

4. L’Ufficio proponeva così appello alla sentenza resa dalla CTP rilevando, da un lato, che la decisione impugnata si poneva in contrasto con le disposizioni del TUIR e, dall’altro, che le esenzioni di cui alla L. n. 476 del 1984, art. 4, non potevano trovare applicazione in ambito fiscale, tenuto conto che il rinvio ivi previsto aveva il solo scopo di individuare le borse di studio da equiparare.

5. La Commissione tributaria respingeva l’appello confermando la decisione della sentenza di primo grado, ritenendo che i contributi di cui alla L.R. n. 3 del 1998, art. 2, andassero esenti dall’imposta sul reddito delle persone.

6. Insorge con ricorso per cassazione l’Avvocatura dello Stato la quale, dopo aver trascritto il contenuto della sentenza di primo grado – in luogo di quella d’appello -, svolge un unico motivo di ricorso, cui resiste la contribuente con tempestivo controricorso.

CONSIDERATO

1. Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale denunzia la violazione e falsa applicazione della L.R. n. 17 del 2004, art. 76, in combinato disposto con il D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), art. 47, comma 1, lett. c (ora art. 50), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

1.1. Evidenzia la circostanza per cui la L.R. n. 17 del 2004, art. 76, qualifica i contributi erogati ai sensi della L.R. n. 3 del 1998, art. 2, quali aiuti attributi nell’ambito della formazione all’autoimpiego rivolta ai disoccupati: conseguentemente essi sono assimilabili alle borse di studio di cui alla L. n. 476 del 1984, art. 4.

1.2. Quest’ultima, tuttavia, introduce delle ipotesi di esenzione dalla tassazione che sono riservate alle sole borse di studio ivi individuate. In buona sostanza, secondo la tesi prospettata dall’Ufficio, si tratta di ipotesi di esenzione tassativamente indicate con l’effetto che, al di fuori dei casi ivi previsti, detti contributi debbono essere assoggettati alla tassazione di cui all’art. 47 TUIR, lett. c). Detta ultima disposizione, infatti, assimila ai redditi da lavoro dipendente le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

2.1. Occorre premettere che le provvidenze in esame sono disciplinate dalla L.R. n. 3 del 1998, art. 2, secondo cui è prevista l’erogazione di un contributo a fondo perduto ai soggetti impiegati nei progetti di utilità collettiva della Regione Sicilia al fine di favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro tramite una adeguata formazione professionale. Trattasi, invero, di finanziamenti che la Regione Sicilia ha erogato ai lavoratori a seguito della presentazione, da parte di questi, di un progetto di formazione onde indennizzarli dell’attività formativa svolta, oltre che per il sostentamento e la copertura dei costi necessari all’esercizio dell’attività in questione.

2.2. Giacchè trattasi di somme corrisposte per il sostenimento dei costi relativi alla formazione dei soggetti interessati al fine di favorire un miglioramento delle qualità e delle capacità professionali e, quindi, il loro inserimento nel mondo del lavoro, questa Corte ha statuito che le somme in questione rientrano nella previsione dell’art. 47 del testo unico sulle imposte sui redditi, lett. c), sicchè esse debbono essere interamente assoggettate a tassazione sulla base delle aliquote progressive per scaglioni di reddito (cfr. Cass., V, sent. n. 2427 del 2017, Cass. n. 6480 del 2014; Cass. n. 19273 del 2004).

3. In conclusione il ricorso va accolto. La sentenza impugnata dev’essere dunque cassata e, non residuando ulteriore accertamento in fatto, il giudizio può essere definito con il rigetto del ricorso originario della contribuente.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese per i gradi di merito, condanna la parte contribuente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro duemilatrecento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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