LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9818/2013 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Azienda per i servizi sanitari n. 1 “Triestina”, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Trieste, via Giovanni Sai, n. 1-3;
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, n. 26/01/12 depositata il 22 febbraio 2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 novembre 2020 dal Consigliere Dott. Nicastro Giuseppe.
RILEVATO
che:
l’Agenzia delle entrate notificò all’Azienda per i servizi sanitari n. 1 “Triestina” due avvisi di accertamento, relativi ai periodi d’imposta, rispettivamente, 2000 e 2001, con i quali negò il diritto della stessa Azienda all’agevolazione della riduzione alla metà dell’IRPEG prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6, comma 1, lett. a), in favore, tra l’altro, degli “enti ospedalieri” – beneficio del quale la contribuente aveva usufruito, in relazione ai propri redditi fondiari (di terreni e di fabbricati) e diversi, nelle dichiarazioni modello Unico 2001 e Unico 2002 – recuperando a tassazione la maggiore IRPEG conseguentemente dovuta e applicando le correlative sanzioni;
gli avvisi di accertamento furono separatamente impugnati davanti alla Commissione tributaria provinciale di Trieste che, riuniti i ricorsi della contribuente, li accolse;
avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò con la motivazione che: a) poichè la ratio dell’agevolazione prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a) “non sta nella denominazione dei beneficiari” ma nell'”utilità delle attività da loro svolte, nel campo della assistenza sociale, della assistenza sanitaria, dell’istruzione, della sperimentazione e ricerca” e poichè “la riforma che ha investito gli originari Enti ospedalieri (la L. n. 833 del 1978) e successivamente le U.S.L., ora strutturate in forma di Azienda Sanitaria Locale, ne ha modificato significativamente la struttura giuridico-amministrativa (ma) non ne ha modificato i compiti e gli scopi sostanziali nell’ambito sanitario e della salute”, la suddetta agevolazione deve ritenersi applicabile alle aziende sanitarie locali (ASL); b) tale conclusione non è smentita dal fatto che le stesse ASL godono dell’esenzione dall’IRPEG prevista dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88 (ora art. 74), comma 2, lett. b), atteso che “nulla ci conferma che le due norme siano tra loro alternative”; c) “resta assorbita la disamina delle istanze subordinate riproposte dalla Azienda Sanitaria appellata”;
avverso tale sentenza della CTR – depositata in segreteria il 22 febbraio 2012 – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato l’8/16 aprile 2013, a un unico motivo;
l’Azienda per i servizi sanitari n. 1 “Triestina” non ha svolto attività difensiva;
il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, della L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 14, dell’art. 14 preleggi e della L.R. Friuli-Venezia Giulia 30 agosto 1994, n. 12, artt. 2, 8 e 9, per avere la CTR affermato che – con riguardo ai redditi che non rientrano nell’esenzione dall’IRPEG prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88 (ora art. 74), comma 2, lett. b) – alle aziende sanitarie locali è applicabile l’agevolazione prevista, in favore degli “enti ospedalieri”, dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a); il motivo è fondato;
è orientamento ormai consolidato di questa Corte – che il Collegio condivide e al quale intende, perciò, dare continuità – quello secondo cui “(/)’agevolazione della riduzione alla metà dell’IRPEG sancita, per gli “enti ospedalieri”, dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, lett. a), espressamente inserita tra quelle di carattere soggettivo, è inapplicabile, pure in via di interpretazione estensiva, alle aziende sanitarie locali costituitesi per effetto del D.Lgs. n. 502 del 1992, non potendo esse, alla stregua del quadro normativo succedutosi nel tempo, equipararsi ai primi, perchè assegnatarie, oltre che dell’assistenza ospedaliera, di attività e funzioni nuove e diverse da quelle già di questi ultimi, i quali, peraltro, hanno mantenuto una loro autonomia, o perchè costituiti in “aziende ospedaliere” oppure quali “presidi ospedalieri” nell’ambito delle predette a.s.1.” (Cass., 04/09/2013, n. 20249, 29/01/2016, n. 1687; nello stesso senso, Cass. 09/01/2014, n. 208, relativa proprio a un’azienda per i servizi sanitari della Regione Friuli-Venezia Giulia);
più nel dettaglio, si deve rammentare che: a) gli enti ospedalieri furono costituiti dalla L. 12 febbraio 1968, n. 132, il cui art. 2 prevedeva che “(s)ono enti ospedalieri gli enti pubblici che istituzionalmente provvedono al ricovero ed alla cura degli infermi” (Primo comma) e che tali enti “(p)ossono, inoltre, istituire, anche fuori della sede dell’ospedale, ambulatori, dispensari, consultori, centri per la cura e la prevenzione di malattie sociali e del lavoro, centri per il recupero funzionale, e compiere ricerche e indagini scientifiche e medico-sociali in ordine al conseguimento degli scopi istituzionali” (comma 4); b) la L. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, introdusse le unità sanitarie locali, definite dall’art. 10 come “il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni, singoli o associati, e delle comunità montane i quali in un ambito territoriale determinato assolvono ai compiti del servizio sanitario nazionale” (comma 2) e alle quali della stessa L. n. 833 del 1978, art. 14 attribuì, oltre all’assistenza ospedaliera, una vasta serie di altri compiti (comma 3); c) infine, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ha stabilito che: comma 1) “(i)n funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali, le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale” (art. 3, comma 1-bis); comma 2) “(p)er specifiche esigenze assistenziali, di ricerca scientifica, nonchè di didattica del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei criteri e delle modalità di cui ai commi 1-bis e seguenti, possono essere costituiti o confermati in aziende, disciplinate dall’art. 3, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico” (art. 4, comma 1); comma 3) “(g)li ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presidi dell’unità sanitaria locale” (art. 4, comma 9);
da tale evoluzione del quadro normativo discende che si deve negare l’equiparazione tra “enti ospedalieri” e “aziende sanitarie locali” – nel senso che queste ultime, per finalità e compiti, costituirebbero, in sostanza, la continuazione, con diverso nome, dei primi – atteso che, come si è visto, da un lato, alle ASL sono state assegnate, oltre all’assistenza ospedaliera, attività e funzioni nuove e diverse e, dall’altro lato, i “vecchi” enti ospedalieri mantengono una loro autonomia, o in quanto costituiti in “aziende ospedaliere” o quali “presidi” delle ASL;
del resto, il D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, nell’elencare i soggetti nei confronti dei quali – a condizione che abbiano personalità giuridica (comma 2 dello stesso art. 6) – l’IRPEG è ridotta alla metà, ha mantenuto (alla lett. a), la dizione originaria “enti ospedalieri” anche dopo la sostituzione del predetto art. 6 operata dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 66, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, in epoca successiva, quindi, al riordino della disciplina della materia sanitaria effettuata, nel 1992, con il D.Lgs. n. 502 del 1992;
pertanto, e in conclusione, l’agevolazione in questione – tanto più in quanto inserita tra quelle “di carattere soggettivo” (di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, Titolo I) – non è applicabile alle aziende sanitarie locali, neppure in via di interpretazione estensiva;
alle ASL è invece applicabile la previsione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88 (ora art. 74), comma 2, lett. b), secondo la quale, ai fini dell’IRPEG (e, ora, dell’IRES), non costituiscono esercizio di attività commerciali “l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali” (attualmente, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 74, “comprese le aziende sanitarie locali”);
il ricorso deve pertanto essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, in diversa composizione, per l’esame delle questioni che la sentenza impugnata ha dichiarato assorbite, e che dovrà anche provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021