Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.77 del 07/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6264/2020 proposto da:

O.M., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPINA MARCIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, PREFETTO DELLA PROVINCIA DI LODI, QUESTURA DI LODI;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 31/2020 del GIUDICE DI PACE di LODI, depositata il 13/02/2020 R.G.N. 994/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.

RILEVATO

Che:

O.M. cittadino *****, con ricorso depositato in data 22/7/2019 D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 8, proponeva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Lodi, avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Lodi il 16/5/2019 e notificato in pari data dal Questore di Lodi che aveva emesso altresì ordine di allontanamento dal territorio.

Il Giudice adito, con ordinanza resa pubblica il 13/2/2020, rigettava il ricorso.

Osservava, a fondamento del decisum, che secondo la giurisprudenza di legittimità, è legittimo il decreto di espulsione emesso dal prefetto confermato dal giudice di pace in pendenza del termine per proporre impugnazione avverso il provvedimento di rigetto del ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale, ove il ricorrente non abbia fornito la prova della effettiva proposizione della impugnazione e della esistenza di un provvedimento di sospensione; prova quest’ultima, che nella fattispecie non era stata allegata.

Con riferimento al pregiudizio derivante dal rimpatrio, si richiamava al contenuto del decreto emesso dal Tribunale di Milano. Quanto ai presupposti di cui al D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 19 – che impone al giudice di pace di esaminare e pronunciarsi sul concreto pericolo prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani o degradanti in caso di rimpatrio nel paese d’origine – si rimarcava che il ricorrente non aveva svolto deduzioni puntuali, limitandosi ad evidenziare unicamente “gravi motivazioni” e la possibilità di subire un grave danno nel caso di rientro forzato nel paese di origine.

La genericità dell’assunto non consentiva, dunque, di vagliare la sussistenza di profili di illegittimità del decreto di espulsione.

Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la parte soccombente, sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 2-3, dell’art. 19 comma 1, art. 33 convenzione status rifugiati del 18/7/1951 ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

ci si duole che il Giudice di Pace abbia omesso di valutare la sussistenza del concreto pericolo per il ricorrente, in caso di forzoso rientro in patria; tanto in violazione dei dettami di cui all’art. 19 D.Lgs., che impone al giudicante di esaminare e pronunciarsi sulla effettiva situazione di pericolo; nello specifico il Giudice di Pace aveva omesso ogni considerazione sul punto, limitandosi a una motivazione de relato, mediante rinvio al contenuto del decreto emesso dal Tribunale di Milano, così rendendo una motivazione meramente apparente;

2. il secondo motivo prospettà violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

si critica la statuizione con la quale il giudice di merito aveva affermato che il ricorrente avrebbe dovuto fornire prova della proposizione della impugnazione avverso il decreto del Tribunale di rigetto della domanda avente ad oggetto il diritto alla protezione internazionale e della sua eventuale sospensione;

si sostiene che il decreto di espulsione era stato notificato il 16/5/2019 entro il termine per proporre impugnazione ed eventuale istanza di sospensione;

3. il ricorso è inammissibile per le ragioni che si vanno ad esporre;

al di là di ogni pur rilevante profilo di genericità del secondo motivo che non contiene alcun richiamo al contenuto dei provvedimenti ivi menzionati in violazione del principio di specificità che governa il ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 6, non può sottacersi che la ratio decidendi sottesa alla pronuncia impugnata, relativa alla mancata specifica prospettazione da parte ricorrente, di ragioni ostative alla espulsione o al respingimento verso uno stato straniero, secondo i dettami di cui al D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 19, non è stata attinta da alcuna delle formulate censure;

trova, quindi applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, l’omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (vedi, per tutte: Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827);

alla stregua delle esposte considerazioni, assorbenti rispetto alla trattazione degli ulteriori profili di censura per il principio della ragione più liquida che è desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., ed è ispirata a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio (ex multis, vedi Cass. 9/1/2019 n. 363), il ricorso va pertanto, dichiarato inammissibile;

nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede;

trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta (cfr. del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 8, che ha sostituito del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13-bis), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato (vedi Cass. 16/1/2020 n. 5880).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021

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