LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6329/2020 proposto da:
C.E., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPINA MARCIANO;
– ricorrente –
contro
PREFETTURA DELLA PROVINCIA DI MILANO IN PERSONA DEL PREFETTO PRO CARICA, QUESTURA DI LODI;
– intimati –
avverso l’ordinanza n. 30/2020 del GIUDICE DI PACE di LODI, depositata il 13/02/2020 R.G.N. 1976/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/09/2020 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO.
RILEVATO
Che:
– C.E. cittadino del *****, con ricorso depositato in data 7/10/2019 D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 8, proponeva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Lodi, avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Lodi il 13/9/2019 e notificato in pari data dal Questore di Lodi che aveva emesso altresì ordine di allontanamento dal territorio;
il Giudice adito, con ordinanza resa pubblica il 13/2/2020, rigettava il ricorso;
osservava, a fondamento del decisum, che secondo la giurisprudenza di legittimità, è legittimo il decreto di espulsione emesso dal prefetto, confermato dal giudice di pace in pendenza del termine per proporre impugnazione avverso il provvedimento di rigetto del ricorso per il riconoscimento della protezione internazionale, ove il ricorrente non abbia fornito la prova della effettiva proposizione della impugnazione e della esistenza di un provvedimento di sospensione; prova quest’ultima, che nella fattispecie non era stata allegata; rimarcava poi, in conformità a quanto affermato dal Prefetto, che l’interessato si era trattenuto senza motivo in territorio italiano;
con riferimento al pregiudizio derivante dal rimpatrio, si richiamava al contenuto del decreto emesso dal Tribunale di Milano; quanto ai presupposti di cui al D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 19 – che impone al giudice di pace di esaminare e pronunciarsi sul concreto pericolo prospettato dall’opponente, di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani o degradanti in caso di rimpatrio nel paese d’origine – osservava che il ricorrente non aveva svolto deduzioni puntuali, essendosi limitato ad evidenziare unicamente il pericolo derivante dalla “attuale situazione politico-sociale del Gambia” e che comunque si trovava “in condizioni di estrema vulnerabilità”;
la genericità dell’assunto non consentiva, pertanto, di vagliare la sussistenza di profili di illegittimità del decreto di espulsione;
avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione la parte soccombente, sulla base di due motivi;
il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 commi 2-3, dell’art. 19 comma 1, art. 33 convenzione status rifugiati del 18/7/1951 ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè motivazione apparente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
ci si duole che il Giudice di Pace abbia omesso di valutare in concreto, la sussistenza dell’effettivo pericolo per il ricorrente, in caso di forzoso rientro in patria; tanto in violazione dei dettami di cui all’art. 19 D.Lgs., che impone al giudicante di esaminare e pronunciarsi sulla effettiva situazione di pericolo; nello specifico il Giudice di Pace aveva omesso ogni considerazione sul punto, limitandosi ad una motivazione de relato, adottata mediante rinvio al contenuto del decreto emesso dal Tribunale di Milano, così rendendo una motivazione meramente apparente;
2. il secondo motivo prospetta violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
si critica la statuizione con la quale il giudice di merito aveva affermato che il ricorrente avrebbe dovuto fornire prova della proposizione della impugnazione avverso il decreto del Tribunale di rigetto della domanda avente ad oggetto il diritto alla protezione internazionale e della sua eventuale sospensione;
si sostiene che il decreto di espulsione era stato notificato il 16/5/2019 entro il termine per proporre impugnazione ed eventuale istanza di sospensione;
3. il ricorso, nelle duplici censure che possono congiuntamente esaminarsi siccome connesse, è inammissibile per plurime concorrenti ragioni;
la tecnica redazionale adottata non è conforme al principio di specificità che governa il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, in base ai principi affermati da questa Corte ai quali si intende dare continuità, il ricorrente deve specificare in ricorso il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso; nel rispetto del principio di specificità sancito a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, di cui quello di autosufficienza è corollario (vedi ex aliis, Cass. 13/11/2018 n. 29093, Cass. 4/10/2018 n. 24340);
il ricorrente si è invece limitato a stigmatizzare il provvedimento impugnato omettendo di riportare il contenuto dei documenti richiamati nella censura (vedi pag. 8 del presente ricorso);
4. la censura si palesa comunque, inammissibile, anche sotto altro profilo, non inficiando la statuizione attinente l’insussistenza di motivi ostativi al rimpatrio, nè quella con la quale veniva rimarcata la circostanza che egli si era trattenuto senza motivo in Italia;
rinviene al riguardo applicazione l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, l’omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (vedi, per tutte: Cass. 5 ottobre 1973, n. 2499; Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602; Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931; Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass. 27 maggio 2014, n. 11827);
5. il ricorso va pertanto, dichiarato inammissibile;
nulla va disposto per le spese del presente giudizio di cassazione, in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede;
trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta (cfr. del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 8, che ha sostituito del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13-bis), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato (vedi Cass. 16/1/2020 n. 5880).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2021