Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.793 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE l

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17933-2019 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO AIELLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO DISTASIO;

– ricorrente –

contro

FONTANA FINANZIARIA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERGAMO 3, presso lo studio dell’avvocato FABIO COSTA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 551/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ESPOSITO LUCIA.

RILEVATO

CHE:

con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da R.F., dipendente della VBG s.r.l., licenziato il 20/8/2012 per cessazione di attività e collocamento in mobilità, diretta a ottenere la condanna della ex datrice di lavoro e, per essa, di Fontana Finanziaria SpA, società controllante di VBG s.r.l., al pagamento dell’indennizzo ex art. 1381 c.c., quale conseguenza della mancata ricollocazione presso il gruppo Fontana prevista in sede di accordi sindacali;

la Corte territoriale rilevava che dalla lettura dell’accordo e dall’insieme delle deposizioni testimoniali si evinceva che l’obbligato era il Gruppo Fontana e non l’originaria datrice di lavoro;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Fiorenzo R. sulla base di due motivi;

resiste con controricorso la società;

entrambe le parti hanno prodotto memorie;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo il ricorrente deduce falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con particolare riferimento agli artt. 1362 e 1381 c.c., nella parte in cui la sentenza appellata non ha ritenuto applicabile alla fattispecie l’istituto di cui all’art. 1381 c.c., osservando che era stata proprio VBG s.r.l. ad assumere l’obbligazione contenuta nell’accordo, suggellata dalla sottoscrizione;

con il secondo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dai testi G. e D., dichiarazioni che la Corte d’appello aveva male interpretato, omettendo di considerarle nella loro interezza;

il primo motivo è inammissibile (Cass. n. 29093 del 13/11/2018) perchè viola il canone di autosufficienza del ricorso, avendo il ricorrente omesso di trascrivere o riportare nei tratti essenziali l’accordo sindacale sul quale fonda la sua pretesa e di localizzarlo nell’ambito degli atti processuali e, inoltre perchè, invocando un errore interpretativo con riferimento all’accordo sindacale, non indica il parametro interpretativo che assume violato, posto che l’interpretazione del contratto è riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ovvero per vizi di motivazione (Cass. n. 10232 del 04/05/2009);

il secondo motivo è del pari inammissibile poichè la presunta erronea valutazione delle testimonianze non integra violazione di fatto decisivo e la censura mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con liquidazione delle spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 1, comma 1 bis 3.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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