Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.800 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3392-2019 proposto da:

M.V., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato CARMEN BORGESE;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentane pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA, CLEMENTINA PULLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 965/2018 del TRIBUNALE di PALMI, depositata il 03/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO

CHE:

con sentenza n. 965 del 2018, il Tribunale di Palmi, pronunciando ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, ha rigettato la domanda di M.V. di accertamento del requisito sanitario utile ai fini della pensione di inabilità (id est: accertamento dell’invalidità al 100%);

avverso la decisione, M.V. ha proposto ricorso in cassazione affidato ad un solo motivo cui ha resistito, con controricorso, l’Inps;

è stata depositata proposta, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, – il difetto di motivazione e l’erronea e/o la mancata valutazione di circostanze relative a fatti decisivi della controversia;

per la parte ricorrente, la sentenza impugnata si sarebbe limitata ad aderire alle risultanze della CTU senza prendere in considerazione i rilievi mossi all’elaborato peritale, così incorrendo nel vizio di insufficiente motivazione;

il ricorso è inammissibile;

in linea generale, il giudice del merito può aderire al parere del consulente tecnico d’ufficio, senza necessità di esporne in modo specifico le ragioni della manifestata condivisione; l’accettazione del parere delinea, pur sempre, il percorso logico della decisione e ne costituisce un’adeguata motivazione, non suscettibile, in quanto tale, di censure in sede di legittimità;

invero, il richiamo, anche per relationem, dell’elaborato, implica una compiuta, positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente (Cass. n. 15147 del 2018) sicchè è da escludere che, in tal caso, possa sussistere quella situazione di “anomalia motivazionale”, censurabile in sede di legittimità, che, invece, ricorre solo ove la motivazione della sentenza manchi del tutto, vuoi nel senso grafico vuoi nel senso logico ovvero allorchè la motivazione, pur formalmente esistente, sia talmente contraddittoria da non permettere di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass., sez. un. nn. 8053 e 8054 del 2014, i cui principi sono costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite: v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici);

resta, ovviamente, diversa l’ipotesi in cui alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte; in tale ipotesi, il giudice che intenda disattendere i rilievi di parte ha l’obbligo di indicare, nella motivazione della sentenza, le ragioni della sua scelta, non potendo, invece, limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi, a sua volta, non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (Cass. n. 23637 del 2016, conf. Cass. n. 25526 del 2018), esponendosi, diversamente, alla censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, tempo per tempo vigente;

nella sentenza impugnata emerge, invece, un critico recepimento delle conclusioni dell’ausiliario. Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il Giudice dà conto dei rilievi tecnici svolti dalla difesa del ricorrente e dal suo consulente, nella parte in cui evidenzia espressamente come il CTU avesse “già risposto adeguatamente alle osservazioni critiche poste all’elaborato peritale (…)”(v. sentenza impugnata, pag. 2, quartultimo e terzultimo rigo);

a fronte di tale impianto argomentativo, la parte ricorrente avrebbe dovuto, in primo luogo, procedere alla trascrizione della consulenza tecnica, quanto meno nei passaggi salienti a sorreggere le critiche, e quindi alla sua produzione (e/o localizzazione);

le indicate omissioni rendono, invece, il motivo inammissibile, perchè sviluppato in violazione degli oneri di deduzione e documentazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6, e art. 369 c.p.c., n. 4, che impongono alle parti, ove siano in gioco atti processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di un “error in procedendo” ai sensi della medesima norma, nn. 1, 2 e 4, di riprodurre in ricorso il contenuto dell’atto o della prova orale o documentale, oltre ad indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. un., n. 8877 del 2012; ex plurimis, Cass. n. 13713 del 2015); la conseguenza è che, in caso di violazione anche di uno soltanto di tali oneri, il ricorso è inammissibile (Cass. n. 19048 del 2016);

inoltre e sotto diverso profilo, il ricorrente avrebbe dovuto individuare il “fatto storico”, avente carattere decisivo, oggetto di discussione, il cui esame risulterebbe omesso dalla sentenza impugnata, secondo il paradigma dell’attuale art. 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, e non limitarsi a dedurre la mancata valutazione dei rilievi critici alla relazione peritale che, in modo evidente, non configura “un fatto” secondo lo schema dell’indicata norma processuale;

alla stregua di quanto precede, il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

nulla per le spese, sussistendo le condizioni per l’applicazione del disposto di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., come emerge anche dalla sentenza impugnata;

sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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