LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4321-2019 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentane pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, LIDIA CARCAVALLO;
– ricorrente –
contro
L.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARCO DORIA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 784/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 26/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.
RILEVATO
CHE:
con sentenza n. 784 del 2018, la Corte d’appello di Lecce, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato il diritto di L.L., quale titolare di trattamento pensionistico di reversibilità, alla rideterminazione della pensione del de cuius, liquidata in regime di convenzione internazionale, con l’inclusione, nella relativa base di calcolo, degli aumenti in quota fissa L. n. 160 del 1975 ex art. 10, comma 3;
avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un unico motivo di censura; ha resistito, con controricorso, L.L.;
è stata depositata proposta, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO
CHE:
con l’unico motivo di censura, l’INPS deduce la violazione e la falsa applicazione della L. n. 160 del 1975, art. 10, per avere la Corte territoriale riconosciuto gli aumenti in quota fissa ai sensi del medesimo art. 10, senza alcuna previa verifica della sussistenza dei presupposti costitutivi del diritto, in particolare omettendo completamente la verifica della misura del pro-rata italiano della pensione liquidata in regime di convenzione internazionale;
il motivo è fondato;
deve in questa sede assicurarsi continuità al principio secondo cui, qualora la pensione sia stata conseguita con la totalizzazione dei periodi lavorativi prestati presso diversi Stati membri della Comunità Europea, le quote aggiuntive previste dalla L. n. 160 cit., art. 10, comma 3, possono spettare solo se il pro-rata italiano sia superiore al trattamento minimo, senza che rilevi il diverso regime previsto per la perequazione automatica di cui alla medesima norma, comma 1, il cui riconoscimento alle pensioni inferiori al trattamento minimo è stato esteso dal D.L. n. 663 del 1979, successivo art. 14, conv. con L. n. 33 del 1980, (Cass. nn. 18744 del 2013, 7308 e 17284 del 2016, nonchè, da ult., Cass. nn. 10095 e 10096 del 2018; Cass. n. 23082 del 2018);
nella sentenza impugnata risulta completamente pretermesso l’accertamento della misura del pro rata italiano e, in definitiva, di un presupposto costitutivo del diritto riconosciuto;
l’omissione dei passaggi doverosi che la fattispecie giuridica complessa imponeva inficia, dunque, l’esatta qualificazione giuridica della vicenda storica portata all’attenzione della Corte di merito e configura il denunciato errore di diritto;
sulla base di quanto precede, la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, perchè proceda al nuovo esame della fattispecie e faccia corretta applicazione dei suesposti principi;
al giudice del rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021