Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.803 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7362-2019 proposto da:

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. AURISPA 10, presso lo studio dell’avvocato STEFANO CALIGIURI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentane pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PATRIZIA CIACCI, MANUELA MASSA;

– resistente –

avverso il provvedimento R.G. 32387/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 12/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA MARCHESE.

RILEVATO

CHE:

il Tribunale di Roma, decidendo in sede di accertamento tecnico preventivo, ex art. 445 bis c.p.c., attivato per il riconoscimento dei requisiti sanitari utili per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento e della condizione di handicap grave della L. n. 104 del 1992, ex art. 3, comma 3, dichiarava cessata la materia del contendere e compensava le spese di lite, in ragione del riconoscimento, in sede amministrativa, dei requisiti sanitari comunicati in data anteriore (*****) alla notifica del ricorso (22.11.2018);

avverso la statuizione in ordine alle spese, ha proposto ricorso per cassazione F.P., sulla base di unico motivo;

l’Inps ha depositato procura speciale;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

CONSIDERATO

CHE:

in via preliminare, deve essere osservato che nel giudizio di cassazione, caratterizzato dal preminente impulso di ufficio, non ha alcun rilievo il decesso di una delle parti, non trovando applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dell’art. 299 e ss. c.p.c., (Cass., sez. un., n. 14385 del 2007; Cass. n. 20845 del 2014; Cass. n. 22264 del 2011; Cass. n. 12967 del 2008). Pertanto, la comunicazione dell’intervenuto decesso della parte ricorrente, nelle more del presente giudizio, non dispensa dall’esame del ricorso;

con un unico motivo, parte ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione agli artt. 414 e ss. c.p.c.; ha dedotto che è l’INPS ad aver dato causa al giudizio per il suo inadempimento e che, pertanto, erroneamente il Tribunale avrebbe indicato, quale ragione di compensazione delle spese dell’ATP, l’intervenuto riconoscimento del requisito sanitario, trattandosi di accertamento successivo all’introduzione della lite (avvenuta con il deposito del ricorso);

il motivo è infondato;

il procedimento è disciplinato, ratione temporis, dall’art. 92 c.p.c., nel testo attualmente vigente (il giudizio risulta introdotto il 2.2.2016), a tenore del quale le spese possono essere compensate, parzialmente o per intero, “se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti”;

alle ipotesi tipizzate dalla norma, va aggiunta – per effetto della sentenza della Corte Cost. 19 aprile 2018 n. 77, additiva di accoglimento – quella in cui “sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”;

resta tuttora valido (v. Cass. n. 29130 del 2019 in motivazione) il principio – enunciato dalle Sezioni Unite nell’arresto del 22.2.2012 n. 2572 e ribadito dalla giurisprudenza successiva (per tutte: Cass. n. 22333 del 2017) in relazione al testo dell’art. 92, comma 2, c.p.c., vigente anteriormente al D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 13, – secondo cui la disposizione, nella parte in cui consente al giudice di disporre la compensazione delle spese di lite allorchè ricorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, è norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico -sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

tanto premesso, le ragioni poste a fondamento della decisione impugnata hanno, a giudizio del Collegio, caratteristiche di gravità ed eccezionalità analoghe a quelle delle ipotesi nominativamente indicate dal Legislatore, con valore paradigmatico e funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale;

non vi è dubbio che la lite sia insorta per la condotta inadempiente dell’Ente, avuto riguardo, in modo specifico, alla data di presentazione della domanda amministrativa ed al momento di riconoscimento, sempre in sede amministrativa, del requisito sanitario;

tuttavia, benchè l’INPS sia il responsabile della instaurazione del giudizio (avvenuto con il deposito del ricorso), non è privo di rilievo, ai fini della statuizione sulle spese, il fatto che, al momento della notifica dell’atto introduttivo, la parte istante avesse ottenuto il pieno soddisfacimento della pretesa azionata con la domanda giudiziale;

si tratta, a ben vedere, di una situazione suscettibile di valutazione, in parte analoga a quella che il giudice di merito effettua in presenza di una soccombenza reciproca, ove è chiamato ad apprezzare la misura in cui ciascuna parte è al contempo vittoriosa e soccombente;

è, infatti, coerente con il principio di causalità valorizzare anche la circostanza che il giudizio, divenuto in gran parte superfluo al momento dell’instaurazione del contraddittorio (per avere la parte ottenuto il risultato cui il giudizio medesimo tendeva ovvero l’accertamento sanitario) sia, invece, coltivato al solo fine del recupero delle spese legali;

in tal caso, il giudice, nel valutare, non la misura della soccombenza, totalmente a carico del convenuto, ma l’utilità, in concreto, della prosecuzione del giudizio, legittimamente può regolare le spese di lite tanto in base al principio della soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., quanto, a norma dell’art. 92 c.p.c., comma 2, esercitando il potere discrezionale di compensazione totale (con le spese di ciascuna parte che restano a carico di ognuna) o parziale (con la quota non compensata posta a carico della parte convenuta);

in conclusione, il provvedimento impugnato si sottrae ai rilievi mossi e, pertanto, il ricorso va respinto;

non si fa luogo a pronuncia sulle spese in relazione al presente giudizio, in difetto di sostanziale attività difensiva da parte dell’INPS;

sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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