Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.810 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BLASUTTO Daniela – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5881/2015 proposto da:

VILLA MARGHERITA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO DIERNA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHIARA RIGOSI;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., C.F. *****, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA CENTRO S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 878/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/08/2014 R.G.N. 1031/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 17/09/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

RILEVATO

Che:

1. La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla s.r.l. Villa Margherita avverso la cartella di pagamento dell’Inps n. *****, emessa a seguito di verbale ispettivo del 18 dicembre 2006, avente ad oggetto l’importo di Euro 635.173,34 per contributi e sanzioni civili relativi a 36 collaboratori occupati nel periodo dal novembre 2001 a luglio 2006 presso la casa di riposo “*****”, sita in *****.

2. Il giudice di secondo grado, con riguardo ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ha ritenuto assolto l’onere probatorio, gravante sull’Inps, con la produzione dei verbali ispettivi dai quali si evince la natura subordinata dei rapporti intercorsi con la società opponente. Ha accertato infatti che le dichiarazioni rese da numerosi collaboratori nel corso dell’ispezione, omogenee nel contenuto e documentalmente riscontrate, attendibili ed univoche, rivelassero la natura subordinata dei rapporti intrattenuti dalla società.

Quanto ai contratti a progetto la Corte ha evidenziato che i progetti, suddivisi in quattro/cinque tipologie, inerivano alle diverse fasi del servizio offerto dalla società che gestiva la casa di riposo, si limitavano a descrivere le attività demandate a ciascun collaboratore ed erano standardizzati ed indirizzati alla generalità dei lavoratori. Conseguentemente, ha confermato la conversione del rapporto in subordinato sin dalla sua costituzione quale sanzione della mancanza di un valido progetto.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la s.r.l. Villa Margherita affidato a due motivi ai quali ha opposto difese con controricorso l’Inps.

CONSIDERATO

Che:

4. Il primo motivo di ricorso, con il quale è denunciata l’omessa e contraddittoria motivazione della sentenza su punti fondamentali della controversia, è inammissibile.

4.1. La censura non si confronta infatti con il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. , che limita il vizio di motivazione all’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti restando preclusa ogni valutazione di contradditorietà della motivazione e non essendo comunque consentito il riesame dei fatti secondo una ricostruzione diversa e più favorevole laddove i fatti stessi, come nel caso in esame risultino già esaminati (cfr. per tutte Cass. Sez. U. 07/04/2014 n. 8053).

4.2. Con riguardo alla mancata ammissione delle prove testimoniali, poi, la censura è generica, e perciò ancora una volta inammissibile, poichè non riproduce il contenuto dei capitoli precludendo così alla Corte ogni verifica circa la loro ammissibilità e decisività. Va qui ribadito che è privo di autosufficienza il ricorso fondato su un motivo con il quale viene denunziato vizio di motivazione in ordine all’assunta prova testimoniale, omettendo di indicare nel ricorso i capitoli di prova non ammessi ed asseritamente concludenti e decisivi al fine di pervenire a soluzioni diverse da quelle raggiunte nell’impugnata sentenza (cfr. Cass. 19/03/2007 n. 6440, 30/07/2010 n. 17915, 31/07/2012n. 13677). Pertanto, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di esso, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Cass. 10/08/2017 n. 19985 ed anche Cass. 11/10/2019 n. 25676).

5. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

5.1. La Corte territoriale non è incorsa nella denunciata violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, laddove, dopo aver accertato che i contratti non erano accompagnati da un valido progetto, ha ritenuto che gli stessi si fossero automaticamente trasformati in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

5.2. Va rammentato che i contratti di lavoro a progetto sono disciplinati dal D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 61 e prevedono una forma particolare di lavoro autonomo, caratterizzato da un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, riconducibile ad uno o più progetti specifici, funzionalmente collegati al raggiungimento di un risultato finale determinati dal committente, ma gestiti dal collaboratore senza soggezione al potere direttivo altrui e quindi senza vincolo di subordinazione (cfr. Cass. 25/06/2013 n. 15922 e 29/05/2013n. 13394).

5.3. Il regime sanzionatorio articolato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, pur imponendo in ogni caso l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato, contempla due distinte e strutturalmente differenti ipotesi. Al comma 1, sanziona il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, realizzando un caso di cd. conversione del rapporto “ope legis”, restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei rapporti in esito all’istruttoria. Al comma 2, disciplina l’ipotesi in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra le parti (cfr. Cass. 21/06/2016 n. 12820).

5.4. In sostanza del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1 (“ratione temporis” applicabile, nella versione antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. f)), si interpreta nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato, come nella specie è stato accertato, senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma si procede ad un’automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (Cass. 17/08/2016 n. 17127).

5.5. L’assenza del progetto, elemento costitutivo del contratto, ricorre non solo quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto ma anche, come nel caso in esame, allorchè il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia (Cass. 29/03/2017 n. 8142).

5.6. Nel caso in esame la Corte di merito con accertamento di fatto in questa sede incensurabile ha verificato che quelli che erano indicati come progetti altro non erano che i compiti tipici funzionali allo svolgimento dell’attività della società e necessari al raggiungimento dello scopo sociale. Ha verificato infatti che le tipologie aggregate di progetti (nutrizione mirata, assistenza o igiene, assistenza ai piani, assistenza integrativa e gestione dei posti in convenzione) erano generiche, inerenti a fasi del servizio prestato, e si limitavano a descrivere l’attività demandata, standardizzata e rivolta ad una generalità di lavoratori. In sostanza l’attività descritta per le sue caratteristiche e per la platea di riferimento (sostanzialmente indifferenziata) non era “funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale”.

5.7. Quanto alle conseguenze dell’accertata invalidità del progetto correttamente la sentenza ha applicato il regime sanzionatorio previsto dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, per il caso di assenza di specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ed ha ritenuto che i rapporti fossero a tempo indeterminato fin dall’origine con tutte le conseguenze anche di ordine contributivo.

6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, và dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 8.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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