LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 782/2020 proposto da:
K.V., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONA ALESSIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 1093/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 26/06/2019 R.G.N. 1649/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.
RILEVATO
Che:
1. la Corte di Appello di Torino, con sentenza pubblicata il 26 giugno 2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da K.V., cittadino *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;
2. la Corte ha confermato – per quanto qui ancora interessa l’assunto del primo giudice secondo cui i fatti narrati erano “generici e poco credibili”, ritenendo altresì che “l’appellante non ha minimamente superato le considerazioni in ordine alle contraddizioni del suo racconto, rilevate nella decisione di primo grado”;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
CONSIDERATO
Che:
1. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza per omessa pronuncia su motivi di appello concernenti le contraddizioni del racconto del richiedente protezione;
come più volte ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra molte: Cass. n. 20311 del 2011; Cass. n. 3756 del 2013; Cass. n. 25761 del 2014); in particolare, si è precisato (per tutte: Cass. n. 5444 del 2006), la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costituitivi della “domanda” di appello), là dove, nel caso dell’omessa motivazione, l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi su uno dei fatti principali della controversia;
nella specie, come ricordato nello storico della lite, la Corte piemontese ha esplicitamente condiviso il giudizio di non credibilità del narrato espresso dal primo giudice e la circostanza che ciò non risponda alle attese dell’appellante non concreta certo l’omessa pronuncia di cui alla disposizione che regola i rapporti tra il chiesto ed il pronunciato, rendendo così inammissibile la censura per come formulata;
2. con il secondo motivo si denuncia: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione all’art. 111 Cost., comma 6 e all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 – falsa applicazione di norme di diritto – assenza di motivazione”, in ordine alla “mancanza di credibilità” del racconto del K.;
la censura è inammissibile perchè, secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (sentt. nn. 8053 e 8054 del 2014), il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità è ridotto al “minimo costituzionale”, per cui “l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
nella specie la Corte territoriale ha motivato confermando il giudizio di primo grado, riportando alle pagg. 2 e 3 della pronuncia impugnata le specifiche motivazioni che avevano indotto il Tribunale a ritenere non verosimile il racconto del ricorrente, per cui non è ravvisabile la dedotta nullità della sentenza;
ancora di recente le Sezioni unite hanno ribadito l’inammissibilità di censure che “sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione”, così travalicando “dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., perchè pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti” (cfr. Cass. SS.UU. n. 33476 del 2019 e n. 33373 del 2019);
3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla va liquidato per le spese in quanto il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021