Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.817 del 19/01/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1873/2020 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALPASSIRIA 23, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI ANASTASIO, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO MATTIANGELI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Firenze Sez. Perugia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 729/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 21/11/2019 R.G.N. 63/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 08/10/2020 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

RILEVATO

Che:

1. la Corte di Appello di Perugia, con sentenza pubblicata il 21 novembre 2019, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da M.R., dichiaratosi cittadino *****, avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. la Corte ha confermato – per quanto qui ancora interessa – l’assunto del primo giudice secondo cui, come già ritenuto dalla Commissione territoriale, il racconto dell’istante “non era credibile perchè generico, contraddittorio”, avuto riguardo ad una vicenda di lotte familiari; ha argomentato che “l’appellante non ha svolto alcuna effettiva censura alle ragioni per le quali il Tribunale, seguendo il deliberato della Commissione, ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente; la Corte ha aggiunto poi “che la zona di provenienza del richiedente sia una zona di particolare violenza, ove i contrasti si risolvano a forza di omicidi, risulta solo dalle parole dello stesso richiedente, senza alcuna fonte di prova, neppure indicata”;

3. quanto al riconoscimento della protezione umanitaria, la Corte ha ritenuto che il richiedente non aveva dedotto “alcuna situazione di particolare vulnerabilità, diversa da quella che deriverebbe dal suo racconto”, come già detto giudicato privo di attendibilità;

4. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con 3 motivi; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

CONSIDERATO

Che:

1. il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, per non avere la Corte di Appello “applicato i principi di cooperazione istruttoria in ordine alle dichiarazioni rese dal ricorrente ritenendolo non credibile”, è inammissibile;

in tema di valutazione della credibilità di quanto narrato dal richiedente protezione questa Corte, ancora di recente (cfr. Cass. n. 14674 del 2020), ha ribadito i seguenti principi:

la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere affidata alla mera opinione del giudice ma deve essere il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiere non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui all’art. 5, comma 3, lett. c), del D.Lgs. cit.), senza dare rilievo esclusivo e determinante a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati del racconto (Cass. n. 26921 del 2017; Cass. n. 19716 del 2018; Cass. n. 2956 del 2020); solo sulla base di un esame effettuato nel modo anzidetto, le dichiarazioni del richiedente possono essere considerate inattendibili e come tali non meritevoli di approfondimento istruttorio officioso; la dispensa dalla cooperazione istruttoria vale tuttavia soltanto per il racconto che concerne la vicenda personale del richiedente, che può rilevare ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o ai fini dell’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ma non per l’accertamento dei presupposti per la protezione sussidiaria di cui dell’art. 14 cit., lett. c), la quale non è subordinata alla condizione che l’istante fornisca la prova di essere interessato in modo specifico nella violenza indiscriminata ivi contemplata, a motivo di elementi che riguardino la sua situazione personale; essa neppure può valere ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria in quanto il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, delle diverse circostanze che rilevano ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria (vedi, per tutte: Cass. n. 10922 del 2019; Cass. n. 2960 del 2020; Cass. n. 2956 del 2020);

ove la valutazione della sussistenza o meno della credibilità soggettiva sia stata effettuata con il metodo indicato dalla specifica normativa attuativa di quella di origine UE e, quindi, in conformità alla legge ed il ricorrente per cassazione non abbia indicato “in qual modo si sarebbe discostato dai criteri dettati dal D.Lgs. n. 251 n. 2007, art. 3” (così Cass. n. 12086 del 2020), essa può dare luogo ad un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, come tale censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo novellato, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (v. ex multis Cass. n. 30105 del 2018; Cass. n. 3340 del 2019; Cass. n. 29279 del 2019; Cass. n. 8020 del 2020);

nel caso, la Corte d’Appello ha confermato la valutazione già compiuta in prime cure dell’esame delle dichiarazioni del richiedente, ritenendole non credibili e comunque inidonee ad integrare i presupposti per la protezione richiesta, sicchè la doglianza in esame, che non specifica i parametri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, che si assumono violati nello scrutinio dell’attendibilità del narrato, costituisce una mera contrapposizione alla valutazione che il giudice di merito ha compiuto, neppure censurata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato, così come rigorosamente interpretato dalle Sezioni unite di questa Corte (sent. nn. 8053 e 8054 del 2014), peraltro precluso anche per la ricorrenza di una cd. “doppia conforme” (art. 348 ter c.p.c., u.c., in base al quale il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; tra le altre v. Cass. n. 23021 del 2014);

2. il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007 e del D.Lgs. n. 25 del 2008 per non avere la Corte umbra riconosciuto la protezione sussidiaria; lamenta che non sarebbe stata attivata alcuna indagine officiosa circa la presenza di una violenza indiscriminata con minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona nella zona di provenienza dell’interessato;

il motivo è fondato;

va condiviso il principio secondo cui: “Lo straniero che chieda il riconoscimento dalla protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non ha l’onere di presentare, tra gli elementi e i documenti necessari a motivare la domanda (art. 3, comma 1, D.Lgs. cit.), quelli che si riferiscono alla sua storia personale, salvo quanto sia indispensabile per verificare il Paese o la regione di provenienza, perchè, a differenza delle altre forme di protezione, in quest’ipotesi non rileva alcuna personalizzazione del rischio, sicchè, una volta che il richiedente abbia offerto gli elementi utili alla decisione, relativi alla situazione nello Stato o nella regione di origine, il giudice deve accertare anche d’ufficio se effettivamente in quel territorio la violenza indiscriminata in presenza di conflitto armato sia di intensità tale da far rischiare a chiunque vi si trovi di subire una minaccia grave alla vita o alla persona, senza che alcuna valutazione di non credibilità, che non riguardi l’indicazione dello Stato o regione di provenienza, possa essere di ostacolo a tale accertamento” (Cass. n. 13940 del 2020; conf. Cass. n. 16122 del 2020);

la Corte territoriale, invece, si è limitata a negare la protezione sussidiaria, anche ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sul solo assunto della non credibilità delle parole del richiedente e senza attivare la necessaria cooperazione istruttoria;

3. pertanto il secondo motivo deve essere accolto, con assorbimento del terzo mezzo con cui si censura la negazione della protezione umanitaria, in quanto tale domanda dev’essere trattata solo ove vengano rigettate nel merito le domande rivolte verso gli strumenti tipici di protezione internazionale (Cass. n. 11261 del 2019; Cass. n. 20281 del 2020); la cassazione della sentenza impugnata comporta il rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, liquidando anche le spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

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