Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.8271 del 24/03/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22589-2017 proposto da:

F.M.S., F.G., G.R., quali eredi di F.S., F.R., F.A., FE.GI., quali eredi di Fe.Mi., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE MAZZINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE COLETTA, rappresentati e difesi dall’avvocato MATTIA APREA;

– ricorrenti –

contro

P.F., P.P.L., P.R., eredi di Pi.Pi., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 2, presso lo studio dell’avvocato ANDREA FIORE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE LI GRECI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1178/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO CHE:

1. I ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza “non definitiva” 20 giugno 2017, n. 1178, con la quale la Corte d’appello di Palermo ha rigettato l’appello principale fatto valere da F.M.S., F.G. e G.R. e accolto l’appello incidentale di P.F., B.C. e P.P.L., dichiarando gli appellanti tenuti al pagamento dell’indennità per occupazione sine titulo degli immobili di proprietà degli appellati, indennità per la cui determinazione la causa è stata “rimessa in istruttoria”.

Hanno resistito con controricorso P.F., P.R. e P.P.L..

2. La causa è stata assegnata al procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c., Con ordinanza interlocutoria n. 8339/2019 è stata disposta l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del giudizio d’appello.

Espletato l’adempimento, il ricorso è stato riassegnato alla trattazione in camera di consiglio.

I ricorrenti hanno depositato due memorie.

CONSIDERATO

CHE:

1. Il Collegio rileva che dagli atti del giudizio d’appello risulta l’avvenuta proposizione, all’udienza del 14 luglio 2017, della riserva di gravame avverso la “sentenza non definitiva” impugnata, sentenza che, rigettato l’appello principale e accolto quello incidentale, ha condannato i ricorrenti ex art. 278 c.p.c..

Il ricorso è pertanto inammissibile ai sensi dell’art. 361 c.p.c., comma 2, nè al riguardo vale l’osservazione formulata dai ricorrenti in memoria circa l’avvenuta notificazione della sentenza impugnata da parte degli attuali controricorrenti. Come ha chiarito questa Corte, “qualora la parte processuale abbia formulato riserva di impugnazione differita della sentenza non definitiva, il termine per la proposizione del gravame dipende da quello utile per l’impugnazione della sentenza definitiva e il termine c.d. breve decorre dalla notificazione della sentenza definitiva” (Cass. n. 11857/2020). Pertanto, “il principio per cui il termine per la proposizione di una impugnazione decorre dalla notificazione della sentenza, senza che abbia rilievo il fine processuale per cui la notificazione è stata eseguita, va coordinato col regime delle sentenze non definitive, nel senso che se una sentenza siffatta sia stata oggetto di valida riserva di impugnazione differita, non è la sua notificazione a far decorrere il termine acceleratorio di impugnazione stabilito dall’art. 325 c.p.c., bensì quella della sentenza che definisce il giudizio o comunque di altra successiva, salvo l’onere per l’interessato di proporre la suddetta impugnazione, in via principale, congiuntamente a quella proposta in relazione all’altra sentenza, ancorchè non definitiva, oppure in via incidentale, qualora tale altra sentenza venga impugnata dall’altra parte” (Cass. n. 13762/2007).

2. Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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