LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29640-2019 proposto da:
S.O., domiciliato ex lege in Roma, presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e difeso dall’avvocato CLEMENTINA DI ROSA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE SALERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistenti –
avverso la sentenza n. 2028/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 12/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.
RILEVATO
che:
1. S.O., cittadino del *****, chiese alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:
(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;
(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;
(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile catione tempotis).
2. A fondamento della sua istanza dedusse di essere fuggito dal ***** per sfuggire alle violente aggressioni subite dal padre, Imam del loro villaggio, per aver avuto rapporti intimi con la sua ragazza, rimasta poi incinta. Il padre del ricorrente accusava il figlio di non rispettare la fede secondo la quale poteva essere ucciso.
3. La Commissione Territoriale rigettò l’istanza. Avverso tale provvedimento propose opposizione ex art. 702 bis c.p.c. dinanzi al Tribunale di Napoli, che ha rigettato il reclamo.
Il Tribunale ha ritenuto:
a) il richiedente asilo non credibile;
b) infondata la domanda di protezione internazionale perchè il richiedente asilo non aveva dedotto a sostegno di essa alcun fatto di persecuzione;
c) infondata la domanda di protezione sussidiaria perchè nella regione di provenienza del richiedente asilo non era in atto un conflitto armato;
d) infondata la domanda di protezione umanitaria poichè l’istante non aveva nè allegato, nè provato, alcuna circostanza di fatto, diversa da quelle poste a fondamento delle domande di protezione “maggiore” (e ritenute inveritiere), di per sè dimostrativa d’una situazione di vulnerabilità.
3.1. La Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 2028 del 12 aprile 2019 ha confermato la decisione del Tribunale.
4. Avverso tale pronuncia, S.O. ricorre per cassazione con 4 motivi. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.
CONSIDERATO
che:
5.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia che giudice del merito avrebbe violato la normativa in materia di protezione internazionale perchè non ha tenuto conto della vicenda persecutoria personale dettagliatamente narrata in sede di audizione e dell’attuale peggioramento del quadro socio-politico del paese d’origine.
5.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il giudice non avrebbe valutato, per il riconoscimento della protezione umanitaria, la condizione di vulnerabilità.
5.3. Con il terzo e quarto motivo si duole che il giudice del merito non avrebbe valutato la attuale ed effettiva situazione socio politica del paese di origine e di quelli ove il richiedente è transitato.
I motivi congiuntamente esaminati sono tutti fondati.
Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria o fficiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente.
Nei giudizi aventi ad oggetto domande di protezione internazionale e di accertamento del diritto al permesso per motivi umanitari, la verifica delle condizioni socio politiche del paese di origine non può fondarsi su informazioni risalenti ma deve essere svolta, anche mediante integrazione istruttoria ufficiosa, all’attualità (cass. 28990/2018).
Nel caso di specie tali principi non sono stati rispettati. Infatti il giudice del merito si è limitato ad affermare, sulla base delle informazioni tratte dal sito *****, che non sussiste alcun pericolo nel paese di origine del richiedente la protezione internazionale e che l’unico pericolo per viaggiare in ***** sarebbe costituito dalla presenza di bande criminali dedite a reati predatori, pericolo altamente sussistente anche nel territorio napoletano (cfr. sentenza impugnata pagg. 5 e 6). Inoltre in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello “status” di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione.” (cfr. Cass. 8571/2020; Cass. 13079/2019).
A tal fine il giudice di merito deve osservare il seguente percorso argomentativo:
a) non può trascurare la necessità di collegare la norma che la prevede ai diritti fondamentali che l’alimentano.
b) le relative basi normative sono “a compasso largo”: l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 della Cedu, promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria “a clausola generale di sistema”, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione.
c) deve essere, pertanto, ribadito l’orientamento di questa Corte (inaugurato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, e seguito, tra le altre, da Cass. 19 aprile 2019, n. 11110 e da Cass. n. 12082/19, cit., nonchè dalla prevalente giurisprudenza di merito) che assegna rilievo centrale alla valutazione comparativa, ex art. 8 CEDU, tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale.” La sentenza impugnata è fuori dai limiti posti dalla predetta giurisprudenza in quanto si è limitata a non riconoscere la protezione umanitaria poichè il ricorrente non versa in condizioni di vulnerabilità tali da consentire siffatta forma di protezione.
6. Pertanto la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata come in motivazione e rinvia, anche per le spese di questo giudizio alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021