LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. D’ANGELO Cosimo – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26748/2018 R.G. proposto da:
L.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Mattia Grassani, (PEC mattiagrassani.ordineavvocatibopec.it), con domicilio eletto in Roma, via Muzio Clementi, n. 51, presso lo studio dell’Avv. Valerio Santagata;
– ricorrente –
contro
S.B., rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore di Salvatore, (PEC salvatore.disalvatore-milano.pecavvocati.it), con domicilio eletto in Roma, via Silvio Pellico, n. 16, presso lo studio dell’Avv. Alessandra Persia Pennesi;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1031 della Corte d’appello di Brescia depositata il 15 giugno 2018;
Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Dott. Cosimo D’Arrigo.
RITENUTO
L.S., agente sportivo autorizzato, citava in giudizio S.B. innanzi al Tribunale di Brescia, esponendo di aver stipulato, in data 7 febbraio 2012, un contratto di agenzia di durata biennale con il S.; e che, in data 21 gennaio 2013, quest’ultimo aveva comunicato al L. la revoca del mandato e, nello stesso mese, prima dello spirare del termine di preavviso di trenta giorni dalla data della revoca, aveva concluso un nuovo contratto di prestazione sportiva con la società sportiva A.C. Milan s.p.a. Pertanto, il L. rivendicava il diritto alla provvigione spettante in forza di detto contratto, nella misura del 5% del corrispettivo annuo lordo maturato dal S..
Il S., dichiarato contumace, si costituiva all’udienza di precisazione delle conclusioni.
Il Tribunale di Brescia accoglieva la domanda del L. e condannava il convenuto al pagamento della somma di Euro 24.875,00 oltre interessi, corrispondente al 5% del corrispettivo annuo lordo maturato in forza del contratto con l’A.C. Milan sino al febbraio 2014, e cioè limitatamente al periodo di durata originariamente pattuita del contratto di agenzia tra il S. e il L..
Quest’ultimo appellava la decisione. Il S. si costituiva e proponeva appello incidentale.
La Corte d’appello di Brescia rigettava l’impugnazione principale, accoglieva quella incidentale e riduceva la condanna del S. ad Euro 11.250,00 oltre interessi; condannava il L. alla restituzione della maggior somma già percepita; compensava le spese di lite per i 2/5, ponendo la restante parte a carico dell’appellante principale.
Avverso detta sentenza L.S. ha proposto ricorso per cassazione per due motivi illustrati da successive memorie.
S.B. ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
1.1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 345 c.p.c.
Il L. sostiene che il S. avrebbe inammissibilmente introdotto per la prima volta in grado d’appello una domanda nuova, modificando le proprie conclusioni: il riferimento al contratto stipulato con l’A.C. Milan s.p.a. costituirebbe una nuova causa petendi che vale a mutare la domanda originariamente proposta.
La Corte d’appello avrebbe quindi errato, violando l’art. 345 c.p.c., nel non dichiarare inammissibili le nuove domande ed eccezioni in senso stretto proposte dalla controparte.
1.2 A riprova della fondatezza delle proprie doglianze, il ricorrente riproduce le conclusioni rassegnate in primo grado dalla difesa del S., ponendole a raffronto con quelle illustrate nella comparsa di costituzione risposta in appello, con impugnazione incidentale (pag. 15-16 del ricorso). Nel primo caso, il S. aveva chiesto, in via subordinata, di “riquantificare il quantum del credito in relazione alla diversa somma e diversa residua durata del precedente contratto tra il Sig. B. e il Brescia Calcio s.p.a.”. Nel secondo grado, invece, la richiesta subordinata era stata di “riquantificare il compenso limitatamente alla corrispettivo lordo percepito dal S. nei 6 mesi di durata del contratto concluso con l’A.C. Milan”.
Per quanto è dato comprendere, dunque, il punto nodale sul quale si incentra il motivo in esame sarebbe rappresentato dal diverso criterio di calcolo prospettato dal convenuto, in via subordinata rispetto al rigetto integrale della domanda attorea, per la liquidazione del compenso dovuto al proprio ex agente sportivo. In primo grado egli propose che il compenso del L. fosse parametrato a quanto egli avrebbe percepito se il contratto con il Brescia Calcio s.p.a. (che, secondo quanto riferito, costituì l’ultimo ingaggio ottenuto in costanza di rapporto con il L.) fosse proseguito fino alla naturale scadenza. In secondo grado, invece, argomentò che il compenso del L., anche se rapportato all’ingaggio con l’A.C. Milan, non potesse prescindere dalla circostanza che tale rapporto durò solo sei mesi.
1.3 Tanto chiarito, il motivo è infondato.
Le differenti conclusioni, rassegnate in primo grado ed in appello incidentale dal B. circa la base di calcolo costituiscono la prospettazione di semplici ipotesi interpretative del criterio di liquidazione desumibile dalla clausola del contratto di agenzia. I fatti, identificati nel contratto stipulato con l’A.C. MILAN e nella effettiva durata di sei mesi della prestazione sportiva (per la sola stagione 2013), erano stati ritualmente introdotti già in primo grado. Pertanto, le differenti ipotesi di calcolo in relazione alla diversa base di computo altro non sono che mere variazioni ed articolazioni argomentative volte ad illustrare il criterio che si ritiene più confacente al caso, e non integrano allegazione di nuovi fatti inammissibili.
Di conseguenza, la Corte d’appello bene poteva utilizzare un diverso criterio rispetto a quello impiegato dal Tribunale, essendosi comunque mantenuta entro l’ambito della fattispecie concreta definita dalle allegazioni in fatto delle parti.
2.1 Con il secondo motivo è denunziata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1372 e 1362 c.c.; nonchè la violazione e falsa applicazione delle norme contenute nel regolamento della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC).
Le norme indicate sarebbero state violate dalla Corte d’appello allorquando ha negato rilevanza alla clausola del contratto di agenzia stipulato tra il S. e il L. che fissava il compenso di quest’ultimo nella misura del 5% sul corrispettivo annuo lordo spettante all’atleta in base al contratto di prestazione sportiva.
Il motivo è fondato, nei termini di seguito illustrati, e deve essere accolto.
2.2 La Corte d’Appello ha accertato che il contratto stipulato tra il L. e il S. prevedeva che il compenso del procuratore fosse pari al 5% del corrispettivo annuo lordo del calciatore risultante dal contratto di prestazione sportiva. Ha, altresì, ritenuto che il contratto di agenzia fosse effettivamente operante tra le parti, accogliendo in questa parte la prospettazione del L..
Nella determinazione del quantum, però, ha ritenuto di dover applicare quanto previsto dall’art. 17, comma 2 Regolamento agenti della FIGC vigente nel 2011: “L’importo del compenso dovuto all’Agente che ha ricevuto un mandato da un calciatore è calcolato sulla base del reddito lordo annuo del calciatore, secondo quanto risulta dal contratto depositato e ratificato”.
Per tale ragione ha ridotto l’importo che era stato liquidato dal giudice di primo grado, in quanto quest’ultimo aveva preso in considerazione il “corrispettivo lordo annuo” (criterio indicato nel contratto), e non il “reddito lordo annuo”, risultando quest’ultimo nettamente inferiore poichè il S. aveva interrotto il rapporto con l’A.C. Milan nel giugno 2013, ben prima della sua scadenza naturale, la stagione sportiva 2016/2017.
Infine, ha concluso: “la ratio decidendi deve ritenersi ispirata ad esigenze di equità onde evitare un’ingiusta locupletazione dell’agente a danno del calciatore per ragioni a quest’ultimo non imputabili e rispetto alle quali egli abbia già naturalmente risentito svantaggio patrimoniale”.
2.3 Il L. sostiene, invece, doversi applicare il citato art. 17, comma 4 del Regolamento agenti FIGC, essendo stato pattuito nel contratto pagamento non di una somma forfettaria, bensì di una quota annuale. Poichè il contratto stipulato dal calciatore con l’A.C. Milan aveva durata fino alla stagione sportiva 2016/2017, il L. ritiene, quindi, di aver diritto a percepire il compenso pattuito calcolandolo sulla base dei corrispettivo del calciatore fino a tale momento, per una somma complessiva di Euro 120.250,00.
2.4 Anzitutto si deve chiarire che il Regolamento agenti FIGC insieme con le altre “carte federali” delle federazioni sportive nazionali, aventi natura di associazioni con personalità giuridica di diritto privato – rappresenta un atto di autonomia organizzativa contrattuale (Sez. L, Sentenza n. 17067 del 03/08/2007, Rv. 599637 – 01; Sez. U, Sentenza n. 2725 del 12/05/1979, Rv. 399039 – 01). Pertanto, non assumendo il rango di “norma di diritto” non è possibile denunciarne la violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Dunque, il motivo, nella parte in cui propone una simile censura, è inammissibile.
Viceversa, è possibile censurare in sede di legittimità la violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale in cui sia incorsa la sentenza di merito nell’interpretare tali regolamenti.
2.5 Tanto premesso, il primo nodo da sciogliere è se al L. spetti un corrispettivo sul contratto stipulato dal S. con l’A.C. Milan senza l’intermediazione dell’agente.
Sul punto, la regola negoziale vigente fra gli associati FIGC è quella di cui all’art. 21, comma 6 menzionato Regolamento, a mente del quale: “il calciatore che concluda un contratto con una società senza l’assistenza di un Agente regolarmente nominato è tenuto comunque, qualora non abbia esercitato il diritto di revoca con le modalità di cui al precedente art. 18, a corrispondere all’Agente il compenso contrattualmente stabilito all’atto dell’incarico, ovvero quello previsto dall’art. 17, comma 6”.
La disposizione, pur prestando il fianco a qualche osservazione critica sul piano della chiarezza espositiva, si riferisce senz’altro al caso in esame. L’agente cui spetta il “compenso contrattualmente stabilito”, infatti, è certamente quello che ha ricevuto un incarico dal calciatore, non è stato revocato, ma non ha svolto la propria attività della conclusione del contratto di prestazione sportiva. Tanto si ricava sia dalla circostanza che la previsione di un compenso “contrattualmente stabilito” presuppone, ovviamente, l’esistenza di un incarico contrattuale conferito dal calciatore all’agente; sia il fatto che quest’ultimo perde il diritto al compenso solo dal momento in cui il calciatore esercita ritualmente il diritto (potestativo) di revoca del mandato (recesso dal contratto di agenzia sportiva) ai sensi dell’art. 18 del Regolamento.
Nel caso di specie, sebbene il S. avesse revocato il mandato al L. prima della stipulazione del nuovo contratto di prestazione sportiva con l’A.C. Milan, siffatta revoca non era a quella data efficace. Infatti, l’art. 18, comma 2, del Regolamento, prevede che “il calciatore o la società può revocare l’incarico all’Agente con un preavviso di trenta giorni da comunicarsi con lettera raccomandata a.r. Contestualmente il calciatore o la società deve depositare o inviare con lettera raccomandata a.r., presso la segreteria della Commissione Agenti, copia della comunicazione di revoca inviata all’Agente, unitamente all’attestazione postale di spedizione”. Dagli accertamenti compiuti dai giudici di merito risulta acquisita la circostanza che al momento in cui il S. siglò l’accordo con l’A.C. Milan non erano ancora decorsi i trenta giorni di preavviso previsti dal Regolamento. Pertanto, l’incarico di agente sportivo doveva ritenersi ancora efficace tra le parti.
2.6 Una volta chiarito che il L. aveva quindi diritto al proprio compenso anche in relazione all’ingaggio dell’A.C. Milan, occorre valutare quale fosse il criterio di liquidazione del compenso.
Qui si coglie un primo errore commesso dalla Corte d’appello, la quale ha ritenuto di sostituire al corrispettivo contrattualmente pattuito quello dovuto, a suo parere, in base al Regolamento.
Invero, a sensi dell’art. 17, comma 6, del Regolamento, “il compenso dell’Agente in caso di incarico affidato da un calciatore è liberamente convenuto fra le parti”. La medesima previsione regolamentare indica una misura del compenso (il 3%), ma solo nel caso in cui “esso non sia determinato” nel contratto. Dunque, poichè le parti avevano concordato che il corrispettivo dell’agente fosse determinato in misura del 5%, è a tale pattuizione che occorre attenersi nel determinare il compenso dovuto al L. sull’ingaggio dell’A.C. Milan. Tale percentuale, come chiarito dall’art. 17, commi 3 e 6, del Regolamento agenti FIGC, che rinviano al comma 2 del medesimo articolo, “è calcolato sulla base del reddito lordo annuo del calciatore, secondo quanto risulta dal contratto depositato e ratificato, compresi eventuali compensi straordinari una-tantum dovuti alla firma del contratto”.
La Corte d’appello ha ritenuto di poter ravvisare una differenza fra il “reddito lordo annuo” di cui all’art. 17, comma 2, del Regolamento e il “corrispettivo lordo annuo” indicato nel contratto; differenza che risiederebbe nella circostanza che il primo indicherebbe le somme effettivamente percepite, il secondo quelle contrattualmente previste. Sebbene tali importi ordinariamente corrispondono, nel caso di specie così non sarebbe in quanto il S. giocò solamente pochi mesi nel *****. Quindi, secondo la Corte d’appello, il corrispettivo del L. andava parametrato alle sole somme effettivamente percepite dal calciatore, anzichè all’intera durata dell’ingaggio originariamente stabilita.
2.7 Si introduce così un ulteriore questione rilevante nel caso di specie: una volta chiarito che al L. spetta il compenso per il contratto stipulato dal S. con l’A.C. Milan così come se lo avesse mediato egli stesso, si pone il dubbio della misura del compenso che spetta all’agente nel caso in cui il calciatore interrompa anticipatamente il rapporto di prestazione sportiva con la squadra.
La soluzione non è rappresentata dalla differenza fra “reddito” e “corrispettivo” annuo lordo, su cui si sofferma la Corte d’appello. Invero, i due termini vanno intesi, in questo caso, come sinonimi che indicano il totale dell’ingaggio del calciatore.
Piuttosto, il caso è soggetto a due specifiche disposizioni regolamentari.
La prima è quella contenuta nell’art. 17, comma 4, u.p. del Regolamento, ove si prevede che “nel caso di nuovo contratto di prestazione sportiva del calciatore, che venga a sovrapporsi anche solo per alcune annualità a precedente contratto di prestazione sportiva, il successivo agente che abbia negoziato tale nuovo contratto, per il periodo di sovrapposizione, avrà diritto alle sole eventuali differenze positive che risultassero in base a tale nuovo contratto”.
Sebbene la disposizione faccia riferimento al “nuovo” agente, essa è applicabile – per evidente identità di ratio – anche al caso in cui il secondo contratto sia stipulato per il tramite del medesimo agente che aveva assistito il calciatore anche nella stipulazione del contratto precedente. La logica è chiara: l’agente ha già riscosso i compensi per il precedente ingaggio; il successivo contratto è solo “migliorativo” rispetto a quello precedente; pertanto, l’agente che ha assistito il calciatore nella stipulazione del nuovo contratto ha diritto ai compensi solo per il surplus, ovvero per il delta fra il precedente ingaggio e quello nuovo. Tanto vale sia nel caso il primo contratto sia stato propiziato dal medesimo agente, il quale quindi sommerà ai compensi già dovutigli in forza della prima attività di mediazione quelli aggiuntivi che gli spettano in ragione della seconda; quanto nel caso che si tratti di un agente nuovo (come espressamente previsto dalla disposizione regolamentare in commento).
Ciò è abbastanza chiaro se, come previsto alternativamente dall’art. 17, comma 3 del Regolamento, il compenso dell’agente è stato convenuto nel “pagamento di una somma forfettaria da effettuarsi alla data di decorrenza del contratto di prestazione sportiva che l’Agente ha negoziato”: il calciatore ha già interamente pagato l’agente sportivo fino alla concorrenza dell’ingaggio procuratogli con il primo contratto e, quindi, sul secondo corrisponderà all’agente un corrispettivo parametrato alla sola differenza. Ma il Regolamento non prevede nessuna differenza nel caso in cui il compenso dell’agente sia invece stabilito in “una quota annuale, determinata in misura percentuale” rispetto al reddito lordo del giocatore (ancora art. 17, comma 3, Reg. FIGC). In tal caso, il corollario che ne deriva è che all’agente che ha negoziato il primo contratto di prestazione sportiva che venga a sovrapporsi anche solo in parte al successivo è dovuto il compenso a percentuale annua per tutta la durata originaria del contratto medesimo. Altrimenti non si spiegherebbe perchè all’agente che ha negoziato il secondo contratto sportivo non spetti il compenso sull’intero reddito annuo, ma solo sull’eventuale maggiorazione (ovviamente, limitatamente alle annualità in cui i due contratti si sovrappongono).
Pertanto, il compenso (percentuale annua del 5%) dovuto dal S. al L. per il contratto sportivo stipulato con l’A.C. Milan va rapportato, per le sole annualità in cui tale contratto si sovrappone a quello con il Brescia Calcio, alla differenza di reddito lordo previsto dai due contratti.
2.8 Viene a questo punto in evidenza l’ultima questione. Ossia che l’A.C. Milan ha receduto dal contratto di prestazione sportiva con il S. già alla fine della prima stagione calcistica (2012/2013). Quindi, il rapporto ha avuto una durata di pochi mesi, rispetto alla quella inizialmente convenuta (fino alla stagione sportiva 2016/2017).
L’incidenza di tale evenienza sui diritti dell’agente è regolata dall’art. 17, comma 8, del Regolamento, secondo cui “in caso di risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità della prestazione del calciatore, che non sia dovuta a dolo o a colpa grave, dello stesso, all’Agente è dovuto soltanto il compenso per il periodo di vigenza del contratto”.
La disposizione va coordinata con la norma dettata dall’art. 1748 c.c., comma 5, per la quale “se il preponente e il terzo si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte ineseguita, ad una provvigione ridotta nella misura determinata dagli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità”.
Il ricorso al giudizio equitativo – ai quale la Corte d’appello ha ritenuto di poter accedere – è dunque subordinato all’assenza di usi e, a maggior ragione, alla mancanza di una previsione specifica nel Regolamento FIGC.
Dunque, fermo restando il diritto dell’agente a trattenere la provvigione per la parte di contratto di prestazione sportiva eseguita (anche in conformità a quanto previsto dall’art. 1748 c.c., comma 6), per la parte ineseguita del rapporto (a causa del recesso anticipato della squadra) egli non ha diritto al compenso, a meno che non dimostri che il recesso del terzo (la squadra di calcio) sia dipeso da dolo o colpa grave del calciatore (ad esempio, squalifica per doping).
3. Conclusivamente, in parziale accoglimento del secondo motivo di ricorso, vanno affermati i seguenti principi di diritto:
“l’art. 18, comma 2 e art. 21, comma 6, del Regolamento Agenti FIGC, costituente atto di autonomia organizzativa contrattuale, vanno interpretati nel senso che all’agente sportivo è dovuto integralmente il compenso convenuto con il calciatore al momento del conferimento dell’incarico, anche nel caso in cui quest’ultimo stipuli un contratto di prestazione sportiva senza l’assistenza dell’agente o con l’assistenza di un agente diverso da quello incaricato, a meno che il calciatore non abbia revocato l’incarico, con lettera raccomandata a.r. (o con comunicazione ad essa equiparata), almeno trenta giorni prima della stipulazione del contratto, ed abbia deposita o inviato copia della comunicazione di revoca alla segreteria della Commissione Agenti”.
“Ai sensi dell’art. 17, comma 4, u.p. del Regolamento Agenti FIGC, nel caso di nuovo contratto di prestazione sportiva del calciatore, che venga a sovrapporsi anche solo per alcune annualità ad un precedente contratto di prestazione sportiva, il calciatore è tenuto alla corresponsione integrale della provvigione spettante all’agente per il contratto precedente e, se questa è determinata in misura percentuale annua, fino alla sua naturale scadenza; mentre all’agente che ha negoziato il nuovo contratto, limitatamente alle annualità sovrapposte, la provvigione è dovuta solo sulla differenza fra il reddito lordo annuo previsto dal primo contratto e quello previsto nel contratto nuovo”.
“L’agente sportivo di un calciatore il cui contratto sportivo termini prima della sua naturale scadenza per recesso anticipato della squadra di calcio, non ha diritto alla provvigione per la parte di contratto non eseguito, ai sensi dell’art. 1748 c.c., comma 5 e dell’art. 17, comma 8, del Regolamento Agenti FIGC”.
La sentenza impugnata va, quindi, cassata affinchè il giudice del rinvio ridetermini, attendendosi ai superiori principi, le somme spettanti al L. a titolo di provvigione per il contratto di prestazione sportiva stipulato dal S. con l’A.C. Milan, fermo restando l’effetto del giudicato interno derivante dalla circostanza che la decisione è stata impugnata solo dal L. e quindi opera, a suo favore, il limite della reformatio in peius.
PQM
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese dei giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021