LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9054-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
M.L., C.P., M.L., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 39, presso lo studio dell’avvocato SABIA VINCENZO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 6232/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 19/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE MARIA ENZA.
RITENUTO
Che:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, indicata in epigrafe, che in controversia su impugnazione da parte di C.P., M.L. e M.L., di avviso di accertamento per estimi catastali di immobile sito in Roma, microzona *****, ha dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio, in quanto spedito tramite servizio di posta privata, ricevuto in data 24 marzo 2017, in relazione a sentenza della CTP di Roma n. 21361/2016 dep. il 27 settembre 2016. La CTR ha accertato che l’appello è stato notificato tramite posta privata *****.
La contribuente M.L. si è costituita (tardivamente) in appello il 25.6.2018.
Tutti i contribuenti si costituiscono con controricorso nel presente giudizio di legittimità.
CONSIDERATO
Che:
1. Col primo motivo si deduce, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 261 del 1999 vigente ratione temporis, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, della L. n. 124 del 2017, L. n. 890 del 1982 e dell’art. 149 c.p.c., ex. art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.
2. Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 156 e 291 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 comma 2, ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 4, stante la costituzione dell’appellato.
3. Verificato il fascicolo di merito, il ricorso va respinto.
3.1.La questione della inesistenza/nullità della notifica degli atti giudiziari a mezzo di agenzia di recapito privata è stata rimessa alle Sez. Un., che con sentenza n. 299/2020 hanno emanato il seguente principio di diritto, al quale questo Collegio intende aderire, non essendovi ragioni per discostarsene: “In tema di notificazione di atti processuali, posto che nel quadro giuridico novellato dalla direttiva n. 2008/6/CE del Parlamento e del Consiglio del 20 febbraio 2008 è prevista la possibilità per tutti gli operatori postali di notificare atti giudiziari, a meno che lo Stato non evidenzi e dimostri la giustificazione oggettiva ostativa, è nulla e non inesistente la notificazione di atto giudiziario eseguita dall’operatore di posta privata senza relativo titolo abilitativo nel periodo intercorrente fra l’entrata in vigore della suddetta direttiva e il regime introdotto dalla L. n. 124 del 2017”.
3.2. In applicazione di tale principio, deriva la nullità dell’attività notificatoria dell’atto di appello – effettuata tramite agenzia di posta privata – laddove l’astratta compatibilità della medesima col complessivo sistema normativo esclude che si possa parlare di inesistenza (come in precedenza ritenuto anche dalla giurisprudenza di questa Corte).
4. Tale controllo va però preceduto dalla preventiva verifica della tempestività dell’impugnazione, che va accertata in riferimento non già alla data di spedizione – posta la mancanza di poteri certificativi in capo all’agenzia privata, ex Sez. un. 299/2020 – ma alla data di ricezione, rinvenibile dalla cartolina di ricevimento della raccomandata con la quale è stato spedito dall’Ufficio l’atto di appello.
Le Sez. Un. hanno infatti statuito che va verificata la tempestività della notifica effettuata attraverso una agenzia di recapito privata, stante la assenza di certezza legale della data di consegna del plico all’operatore di posta privata, in mancanza di titolo abilitativo, ossia di licenza individuale attributiva delle prerogative inerenti ai pubblici poteri, e la necessaria valorizzazione, ai fini del termine di decadenza per la proposizione del gravame, della data di ricezione dell’atto da parte dell’appellato (Sez. Un. 299/2020, cit.).
S’impone dunque preliminarmente, a prescindere dalla circostanza che l’appellato si sia costituito o meno in appello (secondo costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità infatti, l’inammissibilità dell’impugnazione derivante dall’inosservanza dei termini stabiliti a pena di decadenza è correlata alla tutela d’interessi indisponibili e, come tale, è rilevabile d’ufficio e non sanabile per effetto della costituzione dell’appellato: Cass. SU n. 6983 del 2005; Cass. n. 11666 del 2015; Cass. n. 23907 del 2009; Cass. n. 4206 del 2020), una verifica relativa alla tempestività o meno dell’appello (che va proposto, quando non sia notificata la sentenza di primo grado, entro sei mesi dal deposito della stessa: cfr. art. 327 c.p.c. e Cass. n. 30850 del 2019 e Cass. n. 33168 del 2018) che prenda naturalmente in considerazione come termine a quo il giorno del deposito della sentenza della Commissione tributaria provinciale (Cass. SU n. 18569 del 2016; Cass. 4206 del 2020), ma che consideri quale termine ad quem non già – in ossequio al dettato delle sezioni unite n. 299 del 2020 – il momento della spedizione da parte dell’appellante (ossia quello della consegna del plico da notificare all’operatore della posta privata) bensì il momento in cui si abbia la certezza legale che l’appello sia stato ricevuto dall’appellato.
Questo accertamento, ha consentito di verificare la non tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il diverso profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51.
Tale riscontro, consentito a questa Corte, riqualificando il motivo come error in procedendo, verificabile anche d’ufficio (cfr. ex plurimis, da ultimo Cass. SU n. 19769 del 2019 e Cass. n. 1654 del 2020, secondo cui la mancata prospettazione, nel giudizio di secondo grado, della questione della tempestività o meno dell’appello incidentale, non determina una preclusione processuale nella deduzione della stessa con il ricorso per cassazione, potendo essere eccepita o rilevata d’ufficio per la prima volta anche in sede di legittimità), ha consentito nel caso di specie di accertare il mancato raggiungimento della prova della tempestività dell’appello, con conseguente declaratoria di inammissibilità sotto il profilo della tardività, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, spettando l’onere della prova della tempestività della notifica a chi propone l’azione secondo gli ordinari e generali criteri di distribuzione dell’onere probatorio (Cass. SU n. 22438 del 2018; Cass. n. 27722 del 2019).
Infatti, a seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, si è potuta constatare la presenza in atti di: una sorta di elenco delle raccomandate inviate a una pluralità d persone, fra cui M.L., in data 24 marzo 2017 come da timbro, privo di firma e mancante di ricevuta di ricezione, integrata da un foglio indicate una data di recapito all’indirizzo di Via Valadier 39, Roma, senza alcun nome e firma.
Manca dunque in atti una idonea attestazione relativa al soggetto cui l’appello sia stato notificato e alla data di notifica, preso atto della mancanza di poteri certificativi in capo all’Agenzia di posta privata (SU 299/2020) e conseguentemente difetta la prova della tempestività dell’appello stesso.
Il ricorso va pertanto rigettato. Compensa le spese, in ragione dell’applicazione di principi giurisprudenziali successivi rispetto alla proposizione del ricorso introduttivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021
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