LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9364-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
KOS CARE SRL (ISTITUTO DI RIABILITAZIONE S. STEFANO SRL), in persona dell’Amministratore Delegato pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BANCO DEL S. SPIRITO, 48, presso lo studio dell’avvocato D’OTTAVI AUGUSTO, rappresentata e difesa dall’avvocato CACCIAMANI ENRICO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 172/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE delle MARCHE, depositata il 26/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE MARIA ENZA.
RITENUTO
Che:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR delle Marche, n. 172/1/2018, dep. il 26 marzo 2018, che in controversia su impugnazione di diniego di rimborso di Irpeg anno 2003, ha respinto l’appello dell’Ufficio.
L’Istituto di riabilitazione S. Stefano srl, oggi Kos Care srl, aveva proposto istanza di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38, di una parte dell’Irpeg versata per l’anno 2003 a causa della mancata deduzione della componente IRAP relativa al costo del lavoro, costo fiscalmente deducibile, stante l’incostituzionalità del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 1 comma 2, ed erroneamente non dedotto. La CTP accoglieva il ricorso, tenuto conto delle modifiche normative successivamente intervenute (L. n. 214 del 2011, art. 2, secondo cui, dal 2012 e con effetto retroattivo puchè nei terini di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, era consentita la deduzione deil’Irap). La CTR ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo valida la originaria domanda di rimborso, ancorchè in forma cartacea, senza necessità di nuova domanda in forma telematica.
Contro l’indicata sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate con unico motivo.
Resiste con controricorso Kos Care srl, già Istituto di riabilitazione S. Stefano srl. e deposita successiva memoria.
CONSIDERATO
Che:
con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 2 comma 1-quater, conv. in L. n. 214 del 2011, del D.L. n. 185 del 2008, art. 6, comma 2, conv. L. n. 2 del 2009 e art. 12 preleggi, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la CTR statuito la spettanza del rimborso nonostante la mancata presentazione dell’istanza telematica e indipendentemente dal superamento del termine di decadenza.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Questa Corte ha già esaminato la questione e affermato il seguente principio di diritto, qui confermato, secondo cui in tema di imposte sui redditi, la disciplina introdotta dal D.L. n. 201 del 2011, art. 2, comma 1-quater, conv., con modif., in L. n. 214 del 2011, che consente di chiedere il rimborso delle maggiori imposte versate in conseguenza dell’intervenuta deducibilità analitica dell’IRAP relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente, trova applicazione soltanto con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla data di entrata in vigore del D.L. cit., era ancora pendente il termine di quarantotto mesi per richiedere il rimborso previsto a pena di decadenza dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, essendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di tale previsione, nella parte in cui non consente l’estensione delle richiamate disposizioni ai periodi d’imposta precedenti, perchè, in materia di agevolazioni, il legislatore ha un potere ampiamente discrezionale, censurabile solo in caso di palese arbitrarietà o irrazionalità, nella specie insussistenti, tenuto conto dell’ancoraggio della norma al menzionato termine decadenziale e della recessività dell’esigenza di tutelare un eventuale affidamento incolpevole rispetto a quella di dare certezza alle situazioni giuridiche (Cass. n. 29043 del 11/11/2019; n. 15341 del 06/06/2019).
Questa Corte ha altresì statuito (Sez. 6 – 5, n. 29043 del 11/11/2019) che in tema di rimborso di maggiore IRES/IRPEG versata per effetto della mancata deduzione dell’IRAP, poichè la disciplina retroattiva introdotta dal D.L. n. 201 del 2011, art. 2, comma 1, (cd. “Salva Italia”), conv. in L. n. 214 del 2011, trova applicazione limitata ai periodi di imposta precedenti a quelli in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, fosse ancora pendente il termine decadenziale di quarantotto mesi di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, resta ferma la disciplina del D.L. n. 185 del 2008, art. 6, conv., con modif., in L. n. 2 del 2009, in relazione ai periodi di imposta per i quali sia stata comunque presentata, entro il succitato termine, istanza per il rimborso, il cui ammontare è dovuto per una somma fino ad un massimo del dieci per cento dell’IRAP dell’anno di competenza, riferita forfettariamente a interessi e spese per il personale.
E’ stato pertanto previsto il rimborso delle maggiori imposte versate per effetto della mancata deduzione IRAP nei quattro periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, purchè alla data del 28 dicembre 2011 (entrata in vigore del decreto c.d. Salva Italia) fosse ancora pendente il termine di 48 mesi (quattro anni) previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 (in pratica, dal 28 dicembre 2007).
Le istanze di rimborso per cui è causa, siccome relative all’IRPEG/IRES versata negli anni dal 2003 e 2004, non rientrano nella previsione di limitata “retroattività” dello ius superveniens.
Nella fattispecie infatti i versamenti IRAP effettuati dalle società negli anni in contestazione (2003 e 2004) erano anteriori al termine di decadenza di quarantotto mesi previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, dato che l’istanza di rimborso era stata presentata in data 20 giugno 2008.
E’ invece corretta la statuizione della CTR, anch’essa contestata col presente motivo, secondo cui non rileva ai fini della spettanza del rimborso la mancata presentazione dell’istanza telematica (ma solo per i contribuenti che alla data di entrata in vigore del decreto n. 185 del 2008 avevano già presentato tempestiva istanza ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38).
Sul punto questa Corte (Cass. n. 15341 del 2019, n. 11087 del 2019), sulla base del quadro normativo di riferimento, in particolare il D.L. n. 185 del 2008, art. 6, comma 4, ha statuito che il diritto al rimborso nasce a seguito dell’applicazione retroattiva di una norma sopravvenuta alla presentazione della dichiarazione per cui non è necessaria, in assenza di espressa previsione normativa, la presentazione, da parte del contribuente, ai fini dell’accoglimento della domanda di rimborso, della istanza telematica prevista dal citato art. 6, senza avere previamente verificato se la istanza presentata (in data 20 giugno 2008) fosse tempestiva. Ciò in quanto l’istanza telematica è necessaria al solo fine di comunicare all’Amministrazione finanziaria l’entità del rimborso di cui si chiede la restituzione ed al fine di consentire alla stessa Amministrazione di quantificare l’importo eventualmente dovuto in restituzione.
Le citate sentenze (Cass. n. 15341 e n. 11087 del 2019) hanno affermato altresì il seguente principio di diritto: “premesso che la disciplina introdotta dal D.L. n. 210 del 2011, art. 2 trova applicazione limitata ai rimborsi relativi ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto fosse ancora pendente il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, resta ferma la disciplina dettata dal D.L. n. 185 del 2008, art. 6, in relazione ai periodi di imposta per i quali sia stata comunque presentata, entro il termine di cui al precitato art. 38, istanza per il rimborso, il cui ammontare è dovuto per una somma fino ad un massimo del 10 per cento dell’IRAP dell’anno di competenza, riferita forfettariamente a interessi e spese per il personale”.
Il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza conseguentemente cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, col rigetto del ricorso originario del contribuente. Vanno compensate integralmente le spese del processo, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa integralmente le spese del processo.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021