LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27511/2018 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
A.V. (C.F. *****), A.M. (C.F.
MDAMRZ66C076034U), T.V.A. (C.F. *****), TO.CL. (C.F. *****), rappresentati e difesi dall’Avv. del Fante Fausto e dall’Avv. MUSTO FLAVIO, elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in Roma, Via Tembien, 15;
– controricorrenti –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, n. 568/2018, depositata in data 19 febbraio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’8 ottobre 2020 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.
RILEVATO
Che:
I contribuenti A.V., A.M., T.V.A., TO.CL. hanno impugnato alcuni avvisi di accertamento relativi al periodo di imposta dell’anno 2006, con cui era stato recuperato a tassazione IRPEF la plusvalenza realizzata a seguito della cessione di un fabbricato, quale cessione di area edificabile;
che la CTP di Parma ha rigettato il ricorso e la CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza in data 19 febbraio 2018 ha accolto l’appello dei contribuenti, ritenendo trattarsi di cessione di fabbricato, in parte acquistato per successione e in parte edificato da oltre un quinquennio, atto che non genera plusvalenza tassabile a termini del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 67, comma 1, lett. b);
che l’Ufficio ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e che i contribuenti intimati hanno resistito con controricorso;
che la proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
Che:
che il ricorrente, sulla base del recente arresto di questa Corte (Cass., Sez. V, 21 febbraio 2019, n. 5088), ha dichiarato di rinunciare al ricorso, chiedendo compensarsi le spese di lite;
che la rinuncia è stata notificata ai controricorrenti;
che la rinuncia agli atti del giudizio di legittimità, a norma dell’art. 390 c.p.c., u.c., deve essere notificata alle parti costituite o comunicata agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto e che in difetto di tali requisiti l’atto di rinuncia non è idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, poichè è indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso, ne determina comunque l’inammissibilità (Cass., Sez. U., 18 dicembre 2010, n. 3876);
che il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente;
che sussistono i presupposti per la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, attesa l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità (difformi Cass., Sez. VI, 9 gennaio 2018, n. 313; Cass. Sez. V, 21 novembre 2014, n. 24799; Cass., Sez. V, 19 agosto 2015, n. 16983).
P.Q.M.
La Corte, dichiara l’inammissibilità del ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021