LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3544/2019 R.G. proposto da:
N.D., NO.Da., N.G. e C.L., rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. CARLONI Simona, presso il cui studio legale, sito in Roma, alla via Monte Santo, n. 2, sono elettivamente domiciliati;
– ricorrenti –
contro
COMUNE di PONTEDERA, in persona del Dirigente del IV Settore “Servizi di Staff”, Dott.ssa V.M., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. prof. P. CHITI Mario, presso il cui studio legale, sito in Firenze, alla via Lorenzo il Magnifico, n. 83, è elettivamente domiciliato;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1185/09/2018 della Commissione Tributaria Regionale della TOSCANA, depositata il 15/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCIOTTI Lucio.
RILEVATO
Che:
1. La presente controversia verte sull’impugnazione di alcuni atti di ingiunzione emessi dal Comune di Pontedera nei confronti di N.D., NO.Da. e N.G. nonchè di C.L. sulla base di avvisi di accertamento ICI relativi agli anni di imposta 2007 e 2008, precedentemente notificati ai contribuenti e non impugnati.
2. Con l’originario ricorso i contribuenti avevano lamentato la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, sostenendo che il sopravvenuto annullamento del vincolo espropriativo apposto sul terreno di loro proprietà, per effetto della sentenza del TAR Toscana n. 2065/2011 del 7-27 dicembre 2011, “aveva portato a creare un assetto urbanistico e giuridico dell’area tale da rendere infondata la precedente attribuzione di valore venale dell’area ed impossibile attribuire alla stessa un nuovo valore” (ricorso, pag. 7);
3. La sentenza della CTP di Latina, che dichiarava inammissibile il ricorso dei contribuenti perchè proposto nei confronti di atti impositivi divenuti definitivi, non avendo i ricorrenti dedotto al vizio proprio delle ingiunzioni di pagamento, veniva confermata dalla CTR toscana.
4. Avverso tale statuizione i ricorrenti propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica l’intimato con controricorso e memoria.
5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
CONSIDERATO
Che:
1. Con il primo motivo di ricorso, con cui viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, commi 1 e 3, e art. 21, comma 1, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver confermato la sentenza di primo grado, dichiarativa dell’inammissibilità dell’originario ricorso, omettendo di rilevare, da un lato, che l’impugnazione non era rivolta ai prodromici avvisi di accertamento ma alle ingiunzioni di pagamento successivamente emesse e notificate, e, dall’altro, che la dedotta violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, “in relazione alla determinazione della base imponibile (ossia il valore del terreno) sulla quale calcolare l’imposta, era conseguenza di un evento sopravvenuto agli avvisi di accertamento e, dunque, non poteva essere solle.vata nei confronti di questi ultimi” (ricorso, pag. 14).
2. Il motivo è manifestamente infondato e va rigettato.
3. Invero, dalla definitività degli avvisi di accertamento conseguenti alla loro regolare notificazione ed omessa impugnazione discende che ai contribuenti era preclusa l’impugnazione delle ingiunzioni di pagamento per far valere vizi, come quello relativo alla fondatezza della pretesa impositiva, degli atti prodromici (nella specie, avvisi di accertamento), autonomamente impugnabili D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 1, secondo il principio della non impugnabilità, se non per vizi propri (nella specie non dedotti), di un atto successivo ad altro divenuto definitivb perchè rimasto incontestato.
3.1. Al riguardo questa Corte ha affermato che “l’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base al D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 3, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito. Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente non sià venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione predetta” (Cass. n. 23046 del 2016, in mptivazione; in senso analogo, ancorchè con riguardo a cartella di pagamento facente seguito ad avviso di accertamento divenuto definitivo, Cass. n. 15207 del 2000, n. 17937 del 2004, n. 16641 del 2011, n. 8704 del 2013, n. 4818 del 2015).
3.2. Tale principio è direttamente applicabile al caso di specie in cui è pacifica l’intervenuta definitività degli avvisi di accertamento, regolarmente notificati e non impugnati, non potendo, tale impugnazione, essere recuperata sulla base dell’intervenuta sentenza del giudice amministrativo che aveva annullato il vincolo espropriativo apposto sull’area oggetto di imposizione, in quanto quella che è successiva ai predetti atti impositivi è soltanto la decisione del TAR toscana (adottata con sentenza del 2011) ma non la questione del vincolo espropriativo apposto al terreno, che era sorta in epoca anteriore, con le deliberazioni assunte dall’ente comunale nel 2006 (delibere n. 40 e 41 del 16/05/2006), e che i contribuenti avrebbero dovuto far valere impugnando gli avvisi di accertamento che, per come dagli stessi espressamente affermato (ricorso, pag. 6), erano stati emessi in pendenza di quel giudizio.
4. Da quanto detto consegue che IF) CTR ha correttamente confermato la sentenza di primo grado, dichiarativa dell’inammissibilità dell’originario ricorso dei contribuenti, perchè diretto a contestare una pretesa impositiva incardinata in atti divenuti definitivi per difetto di impugnazione e senza deduzione di motivi di censura specifici avverso le successive ingiunzioni di pagamento.
5. All’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue l’assorbimento del secondo (con cui viene dedotta la nullità della sentenza d’appello per difetto assoluto di motivazione in ordine ai profili di merito della controversia) e del terzo (con cui viene dedotta la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, con riferimento alla questione della determinazione della base imponibile dell’imposta comunale sugli immobili per le aree edificabili).
6. Consegue, altresì, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
PQM
rigetta il primo motivi di ricorso, assorbiti gli altri, e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021