LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3226-2018 proposto da:
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA *****, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LA SICILIA, UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE DI MESSINA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
– ricorrenti –
contro
B.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA, 784, presso lo studio dell’avvocato BARBARA PEZZETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSARIO PATANE’;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 692/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 20/07/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. DORONZO ADRIANA.
RILEVATO
che:
la Corte di Appello di Messina ha parzialmente accolto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca avverso la sentenza resa dal Tribunale di Messina e, per l’effetto, ha rideterminato, alla stregua della L. n. 183 del 2010, art. 32, l’importo riconosciuto a B.B. a titolo di risarcimento dei danni causati dalla reiterazione di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti su organico di diritto e per un periodo superiore a 36 mesi; ha invece confermato la sentenza del tribunale nella parte in cui ha riconosciuto il diritto al trattamento economico secondo il sistema di progressione professionale per fasce di anzianità previsto per gli assunti con contratto a tempo indeterminato;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di un unico motivo;
la B. ha resistito con controricorso;
la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata notificata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.
CONSIDERATO
che:
1. con il primo motivo di ricorso il MIUR denuncia la violazione dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEE del 18/3/1999, recepito con Direttiva 1999-70-CE, clausola n. 5; della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4; del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36; dell’art. 2697 c.c.; della L. 13 luglio 2015, n. 107, art. 1, commi 95-132, nonchè dell’art. 1175 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;
1.1. censura la sentenza nella parte in cui non ha tenuto conto della immissione in ruolo come personale ATA della lavoratrice, fin dall’anno scolastico 2013-2014 e, che, pertanto, la B. aveva ottenuto il risarcimento in forma specifica, così dovendosi escludere la sussistenza di ogni ulteriore danno risarcibile da parte dell’amministrazione scolastica; precisa che la intervenuta “stabilizzazione”, avvenuta virtù di meccanismi anteriore alla L. n. 107 del 2015, era stata dedotta all’udienza di discussione del 13/6/2017 dinanzi alla Corte d’appello di Messina e comprovata dal deposito della nota del Ufficio scolastico provinciale di Messina n. 6336 del 2017. A tal fine, dà atto che il documento, presente nel fascicolo di parte di secondo grado (all. 3), è stato depositato unitamente al ricorso per cassazione (sub doc. c).
2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giucli7io, che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, costituito nello specifico dall’avvenuta immissione in ruolo della B..
3. I motivi, che si affrontano congiuntamente per l’evidente connessione che li lega, sono manifestamente fondati.
4.- Le questioni poste con i motivi di ricorso e gli argomenti difensivi addotti dalla controricorrente sono stati oggetto di decisione di questa Corte con l’ordinanza pubblicata in data 4/9/2020, n. 18344, alla cui motivazione si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.
La decisione si pone nel solco già tracciato da questa Corte che, con sentenza pubblicata in data 12/2/2020, n. 3474, ha accolto il ricorso presentato dal Ministero richiamando i principi già enunciati nelle sentenze n. 22553/2016 e 22556/2016, nonchè nella sentenza n. 27563/2016. In particolare si richiamano i punti 18, 19 e 20 della sentenza n. 3474/2020, anche ai fini dell’art. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.
Nella sentenza citata la Corte ha anche esaminato i riflessi sul quadro normativo e giurisprudenziale della sentenza della Corte di Giustizia dell’8 maggio 2019, nella Causa C-494/17 – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR contro Fabio Rossato e Conservatorio di Musica F.A. Bonporti (di seguito solo Rossato), ritenendo che essi non conducono ad una diversa soluzione rispetto ai precedenti citati.
4.1. Si è messo in rilievo che la Corte di Giustizia ha sottolineato il diverso contesto normativo esistente all’epoca della sentenza Mascolo (Mascolo e a., C- 22/2013, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, nonchè delle sentenze Santoro, C-494/16, Sciotto C-331/2017, Fiammingo e a, C-362/13, C-363/13 e C-407/13), precisando (p. 30), che, nel quadro anteriore alla L. 13 luglio 2015, n. 107, la normativa nazionale non conteneva alcuna sanzione di carattere sufficientemente energico e dissuasivo idoneo a garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro; in particolare, ha evidenziato che in quel contesto “d’unica possibilità per i docenti di cui trattavasi in quella causa di ottenere la trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dipendeva dalla loro immissione in ruolo, ottenuta in ragione del loro avanzamento nella graduatoria permanente e, pertanto, da circostanze che dovevano essere ritenute aleatorie ed imprevedibili, essendo determinate dalla durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonchè dai posti che erano nel frattempo divenuti vacanti”; in altri termini, il termine di immissione in ruolo dei docenti “era tanto variabile quanto incerto”” (p. 31).
4.2. Per contro, nell’attuale assetto normativo: “il legislatore nazionale, al fine di garantire la transizione verso un nuovo sistema comportante misure destinate a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, ha adottato un piano straordinario di assunzioni che prevede la trasformazione, nel corso dell’anno scolastico 2015/2016, di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato con docenti “precari”, attraverso il progressivo e definitivo esaurimento delle graduatorie e degli elenchi dai quali l’amministrazione attingeva per l’assunzione di docenti a tempo determinato”; accanto a questo piano straordinario di assunzione ha previsto, “in parallelo, e fino al loro esaurimento, i procedimenti di immissione in ruolo in corso per i docenti che si trovavano già inseriti in cima alle graduatorie….La L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, prevede, a tal riguardo, che il piano straordinario di assunzioni è attuato per la copertura di tutti i posti (…) rimasti vacanti e disponibili all’esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi del (D.Lgs. n. 297 del 1994), art. 399, vale a dire le immissioni in ruolo sulla base dell’avanzamento nella graduatoria permanente”.
4.3.- La Corte di Giustizia, con riguardo all’assenza di risarcimento nel caso di trasformazione del rapporto di lavoro, ha ribadito (punto 38) che gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella scelta delle misure atte a realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e che (p. 39) “come emerge dalla clausola 5, punto 2, dell’accordo quadro, gli Stati membri hanno la facoltà, nell’ambito delle misure volte a prevenire il ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, di trasformare i rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, dato che la stabilità dell’impiego derivante da questi ultimi costituisce l’elemento portante della tutela dei lavoratori”.
4.4.- Inoltre, in linea di continuità con la sua giurisprudenza, ha ribadito (punto 41) che “La giurisprudenza non richiede, tuttavia, un cumulo di misure” e che (p. 42) “nè il principio del risarcimento integrale del danno subito nè il principio di proporzionalità impongono il versamento di danni punitivi”. Tanto sul rilievo (p. 43) che “tali principi impongono agli Stati membri di prevedere un’adeguata riparazione, che deve andare oltre il risarcimento puramente simbolico, senza tuttavia oltrepassare la compensazione integrale”.
4.5. Ha, quindi, concluso che (p. 45) “l’accordo quadro non impone agli Stati membri di prevedere, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, un diritto al risarcimento del danno che si aggiunga alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.
5.- A fronte del pronunciamento della Corte di Giustizia nella sentenza Rossato, possono tenersi fermi i principi già espressi da questa Corte (punto 84 della sentenza di questa Corte n. 22552 del 2016) secondo cui l’immissione in ruolo rappresenta una delle misure alternative, idonee a sanzionare e a cancellare l’illecito comunitario, individuate dalla Corte di Giustizia, che si è compendiato nella indebita reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti a tempo determinato.
5.1.- L’equivalenza e l’effettività dell’immissione in ruolo ottenuta secondo il sistema di avanzamento previsto dalle previgenti regole di reclutamento ovvero in forza del piano straordinario di assunzioni sono stati riconosciuti anche dalla sentenza della Corte di Giustizia nella sentenza Rossato (pp. nn. 34-37).
Nel caso in esame, non è contestato che la odierna controricorrente è stata immessa nei ruoli dell’amministrazione, sicchè ha ottenuto il bene della vita preteso con la domanda di risarcimento dei danni.
6.- In definitiva, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata nella parte in cui ha riconosciuto il risarcimento del danno liquidato in otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; va invece confermata per le parti che non sono state investite dalla impugnazione del MIUR.
La complessità delle questioni giuridiche, risolte sulla base della pronuncia della Corte di Giustizia intervenuta in corso di causa, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, ferma restando la pronuncia sulle spese come adottata dalla corte territoriale per entrambi i giudizi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di risarcimento dei danni proposta dalla B.; conferma nel resto l’impugnata sentenza, compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021