Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.858 del 19/01/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21759-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI, SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO;

– ricorrente –

contro

L.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 839/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/12/2020 dal Presidente Relatore Dott. DORONZO ADRIANA.

RILEVATO

che:

Con sentenza pubblicata in data 6/6/2018, la Corte d’appello di Milano, rigettando l’appello dell’Inps, ha confermato la sentenza del Tribunale che, in accoglimento della domanda proposta da L.I., aveva condannato l’Inps al pagamento in favore della suddetta dei ratei della pensione anticipata di vecchiaia D.Lgs. n. 503 del 1992 ex art. 1, comma 8, con decorrenza dal 1/1/2014, sussistendo una riduzione della capacità di lavoro della ricorrente pari all’80%;

la Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie in esame il D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 1, che prevede lo slittamento di dodici mesi del diritto al trattamento di vecchiaia, in considerazione sia del dato letterale, sia della ratio della norma: al riguardo ha sostenuto che la pensione di vecchiaia anticipata deve ritenersi sottratta alle cosiddette “finestre di accesso” in ragione della notevole minorazione dell’efficienza lavorativa dei soggetti che vi aspirano e la diversa interpretazione propugnata dall’Inps comporterebbe lo stravolgimento della ratio sottesa alla disciplina dell’istituto, che è quella di tutelare i soggetti con una ridotta capacità lavorativa;

contro la sentenza ricorre l’INPS;

la parte intimata non svolge attività difensiva;

la proposta del relatore è stata comunicata alla parte unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo di ricorso l’Inps denuncia la violazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, convertito nella L. 30 luglio 2010, n. 122 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), posto che la norma, ad avviso del ricorrente, ha disposto in via generale lo slittamento di dodici mesi per il conseguimento del diritto al trattamento di vecchiaia non solo rispetto ai soggetti che maturano, a far tempo dal gennaio 2011, il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (60 anni se donne e 65 anni se uomini), ma anche nei confronti di tutti gli altri assicurati che maturano il diritto alle diverse età previste dalle norme di riferimento; il ricorso è fondato alla luce dei precedenti di questa Corte (Cass. 13/11/2018, n. 29191, seguita da Cass. 17/12/2018, n. 32591, e da ultimo da Cass. 3/2/2020, n. 2382), secondo cui “In tema di pensione di vecchiaia anticipata, di cui alla L. n. 503 del 1992, art. 1, comma 8, il regime delle cd. “finestre” previsto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12 (conv., con modif. in L. n. 122 del 2010) si applica anche agli invalidi in misura non inferiore all’ottanta per cento, come si desume dal chiaro tenore testuale della norma, che individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento per lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia, esteso non solo ai soggetti che, a decorrere dall’anno 2011, maturano il diritto a sessantacinque anni per gli uomini e a sessanta anni per le donne, ma anche a tutti i soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti””;

l’ampiezza del dato normativo induce ritenere che in essa vi rientrino anche i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%”, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 502 del 1993, art. 1, in relazione allo stesso settore privato;

il principio è stato ribadito da ultimo da Cass. 03/02/2020, n. 2382, alle cui argomentazioni si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.;

nei precedenti citati si è anche rilevato che, in materia, non vengono in rilievo cogenti principi di ordine costituzionale tali da consentire di sindacare scelte normative che sono chiaramente ispirate alla necessità del contenimento finanziario ed al riequilibrio del sistema previdenziale;

Il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione perchè rivaluti la controversia alla luce dei principi di diritto su espressi e provveda a regolamentare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472